A regola d'arte 20/03/2015

L'artigianalità non viene usata nel mondo del cibo. Un errore gravissimo

L'artigianalità non viene usata nel mondo del cibo. Un errore gravissimo

Che ne pensano gli chef dell'olio artigianale? E dello stesso concetto di artigianalità nel mondo del food? Qualche spunto interessante, buone idee e qualche consiglio. Prezioso quello di Roberto Melloni, amministratore delegato di Selecta


A chi condivide la passione per l’olio di qualità, la differenziazione “olio artigianale” ed “olio industriale” pare efficace. Ma non tanto nella determinazione della qualità, che deve essere comunque verificata, quanto nella volontà di rompere quel muro di consuetudini che per tutti, o quasi, rende l’olio uguale. Una differenziazione in grado di sviluppare attenzione, di fare chiarezza, in un comparto complesso, dove l’olio è olio e basta, seppur diviso in extravergine, oliva, vergine, lampante. Ma nel nostro Paese il concetto di prodotto ‘artigianale’ è a disposizione di tutti, secondo solo al ‘tipico, simbolo di qualità presunta, ma che affolla ed omologa tutto

L’idea di portare avanti il concetto di artigianalità è sia dei frantoiani che degli olivicoltori, che sperano di veder riconosciuta la ‘manualità’ caratteristica dell’artigiano anche nell’estrazione dell’olio dalle olive. Il caos è tale che abbiamo voluto provare a capire se il senso di artigianalità fatto proprio dai produttori, è condiviso anche dai grandi chef della cucina italiana, principali responsabili del ‘trasferimento’ di questo concetto al consumatore finale, loro cliente.

L’occasione è stata il Concesso dei Jeunes Restaurateur d’Europe, svoltosi pochi giorni al Golf Resort&spa di Porto Ercole. In quell’occasione, mentre si viveva il passaggio della presidenza dell’associazione da Andrea Sarri, chef di ‘Sarri’, ristorante di Borgo Prino alle porte di Imperia, a Marco Stabile, del ristorante ‘Ora d’Aria’ di Firenze, abbiamo sollecitato sul tema dell’artigianalità alcuni degli chef presenti, protagonisti giovani e solidi di una cultura gastronomica forte ed innovativa, sintetizzata davvero molto bene dallo slogan che accomuna i Jeunes Restaurateurs in Italia e in 11 Paesi d’Europa: “Talento e Passione”.

Chi l’artigiano?
Molti amano definire il cuoco come artista, – spiega Marco Parizzi, chef del ristorante ‘Parizzi’ di Parma - io lo definisco più volentieri artigiano, perché mi rifaccio a quello che erano le botteghe di una volta, nelle quali una persona coordinava altri per produrre qualcosa. Noi cuochi siamo dei trasformatori di materia prima e la facciamo rivivere in un piatto suscitando emozione. Detto questo, Artigianalità è tutto, è l’essenza del nostro lavoro. Io amo il mio lavoro perché è il fulcro dell’artigianato, io trasformo una materia prima eccellente cercando di innalzarne la qualità”.

Ha senso dividere mondo artigianale e mondo industriale?
Per l’olio, come per tutti gli altri prodotti alimentari, il fatto che sia artigianale può voler dire tutto e niente, – spiega Parizzi - c’è sempre bisogno di una valutazione, di un controllo. L’ho fatto io con le mie olive non conta, dev’essere buono. Bisognerebbe andare più nel profondo. L’olio ha dietro una legislazione abbastanza confusa e questo è devastante per chi vuole scegliere”.

Cristiano Tomei, del ristorante “L’Imbuto” di Lucca:
Io per lo stato italiano sono un commerciante, ma in realtà sono proprietario e chef del mio ristorante, quindi sono un artigiano. Produco artigianato, non arte. L’olio se ci fosse un marchio che indica ‘olio artigiano’ sarebbe fortissimo perché l’artigianalità denota un percorso produttivo completamente diverso da quello industriale, quindi un’attenzione enorme al prodotto. L’Italia è la culla dell’artigianato nel mondo della pasta, dei salumi, del formaggio, dell’olio, artigianalità è però una parola che non viene mai usata nel mondo del cibo. Un gravissimo errore”.

Poco usata la parola o poco usato il prodotto?
Bisogna essere sinceri, - spiega Cristiano - se uno vuol fare un lavoro di qualità, che sia un’osteria o un ristorante stellato, non si possono avere compromessi. La materia prima è fondamentale come una forza lavoro. Non posso fare un raviolo ripieno d’olio con un olio cattivo, prenderei in giro la gente”.

Già dalle parole di Parizzi e Tomei appare chiaro come un alto valore qualitativo della materia prima agevoli il loro lavoro. A dar man forte, ecco Paolo Trippini, del ristorante ‘Trippini’ di Civitella del Lago, in Umbria.

L’artigianalità io la trovo quando il prodotto è fatto da una persona, che si mette con le mani, con la testa e con il cuore sul suo lavoro. Per me già l’individuo offre un valore aggiunto, ma logicamente il prodotto dev’essere buono e per questo dobbiamo saper riconoscere la qualità di ciò che acquistiamo. Nei nostri ristoranti è davvero fondamentale fare uso di materie prime di grande qualità e l’artigiano in questo ci aiuta moltissimo”.

Anche per l’olio?
Vivo e lavoro in Umbria, non possiamo non mettere al centro del nostro ristorante l’eccellenza dell’olio. Purtroppo, - spiega Paolo Trippini - c’è una grande ignoranza, pochi sanno distinguere tra un olio industriale ed uno artigianale. Nel mio ristorante a Civitella ci adoperiamo quotidianamente per riuscire a far capire ai nostri clienti che cosa è l’olio vero”.

Il valore del piccolo frantoio, del piccolo produttore, è al centro della visione che Ilario Vinciguerra ha nel suo ristorante di Gallarate.

L’artigianato di qualità è tutto per noi, è uno stile di vita – spiega Vinciguerra – il nostro ristorante non è altro che un piccolo negozio. Non facciamo numeri, abbiamo un cliente che arriva e vuol provare delle emozioni che si trasmettono con l’uso della tecnica e della conoscenza ma anche grazie ad un prodotto di altissima qualità. Dobbiamo guardare sempre agli artigiani ed essere artigiani per promuovere i nostri territori”.

Ed il mondo dell’olio lo vede distinto tra artigiani ed industriali?
Il mondo dell’olio secondo me è già diviso, - ci spiega - basta essere attenti, io se vedo un contadino per strada che vende la frutta, mi fermo, assaggio e se mi piace la compro, se vedo un piccolo frantoio mi fermo, assaggio l’olio e se mi piace lo compro. Non vado al supermercato perché so che la legge non ci tutela e l’etichettatura è complicata per chi compera. Ma è fondamentale che io sappia riconoscere la qualità reale”.

Anche se costa di più?
Se uno misura il costo con il piacere del risultato finale, in casa come al ristorante, vale la pena spendere un po’ di più”.

Luigi Pomata divide la sua attività tra Cagliari e l’isola di Sant’Antioco.
Il concetto di artigianalità in fondo vuol dire mangiare cose semplice, mangiare bene, nel nostro caso avere rapporto diretto con il produttore. Io ho dei fornitori che servivano già mio nonno. Bisogna stare attenti però, perché a volte artigiano non è qualità, anzi è roba pessima e se uno non sceglie con criterio succedono guai. Le grandi industrie sanno questo e cercano di venderti il concetto di ‘artigianalità’, a noi non resta che saper leggere l’etichetta e dedicare tempo alla scelta di ciò che mangiamo. L’Italia è un grande mercato all’aperto”.

Per un sardo poi, l’olio cos’è?
Sardegna è terra di olio e non abbiamo l’industria dell’olio. Abbiamo piccoli produttori che fanno il loro lavoro con passione valorizzando le nostre cultivar straordinarie, la Bosana,la Majorchina. Sinceramente mi fanno un po’ ridere quelli che vogliono un olio ‘delicato’… Ma cosa vuol dire? Ma lo sanno quante cultivar di oliva esistono e cosa vuol dire estrarre olio al momento giusto?

All’Argentario era presente anche Roberto Melloni, amministratore delegato di Selecta, azienda che offre “…una selezione di prodotti alimentari, dall'Italia e dal mondo. Una distribuzione, sempre a 24 ore dall'ordine, diretta a oltre 4mila protagonisti della migliore ristorazione nazionale e internazionale”.

Artigianalità per noi vuol dire il controllo della filiera completa, andare in azienda, in fattoria, parlare con i produttori e fare nostra la loro filosofia, il loro progetto. Su determinati progetti rispettiamo le piccole o addirittura piccolissime produzioni e questo che ci conosce lo sa. Cerchiamo sempre una filiera ben definita, dove la qualità del prodotto non sia solo un bel packaging o una bella etichetta, ma attraverso una sostanza qualitativa percepibile. Metteteci sempre la faccia”.

- Vale tutto questo anche per l’olio.
Assolutamente sì - spiega Melloni - vale senza dubbio anche per l’olio. Ma sinceramente il mondo dell’olio è talmente particolare e complesso che non ci siamo focalizzati su questo prodotto”.

Alla resa dei conti la conclusione è abbastanza facile: a parlare con gli chef appare chiaro che anche in loro il concetto di ‘prodotto artigiano’ è forte e facile allo stesso tempo se ricondotto a carne, pane, formaggi, salumi…
Ma l’olio stenta a passare.
E' un problema di tempo e di comunicazione, non del concetto di artigianilità che invece è chiaro, molto chiaro, a tutti gli chef.
Occorre solo rompere una barriera culturale che vuole che l'olio è olio, per passare invece all'idea che c'è olio e olio.

di Maurizio Pescari

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