Associazioni di idee 28/08/2023

La canapa non stupefacente è una produzione di qualità Made in Italy

La canapa non stupefacente è una produzione di qualità Made in Italy

Il fiore di canapa non stupefacente: un prodotto che, anche grazie all’export, può generare sviluppo industriale per ambiente, tessile e agro-alimentare


Canapa Sativa Italia (C.S.I.), l’associazione che unisce tutti gli operatori del settore della canapa legale italiana: dal mondo agricolo alla trasformazione fino alla distribuzione su tutto il territorio nazionale. Sui social network già dal 2014 grazie all’unione di numerosi operatori di tutti i comparti della filiera, ha trovato concretezza quattro anni dopo - il 15 luglio 2018 - diventando una realtà capillarmente rappresentativa del settore e punto di riferimento per operatori e istituzioni. Dai coltivatori ai commercianti, dai trasformatori al comparto analitico fino ai tecnici legali e ai professionisti delle attività collegate, oggi l'Associazione Canapa Sativa Italia conta un numero sempre crescente di realtà che si impegnano nella cooperazione e nello sviluppo del settore.

Partecipante attiva al tavolo tecnico al MASAF, Canapa Sativa Italia concorda sin dalla sua fondazione sulla necessità di una regolamentazione dell'uso umano del fiore di canapa per garantirne qualità e salubrità.

Novità cruciali in questo comparto economico sono avvenute grazie all’impegno di Canapa Sativa Italia e di altre associazioni di settore.

Mattia Cusani (Segretario Generale Associazione Canapa Sativa Italia): ‘Dopo due anni di grandi impegni e una massiccia raccolta fondi, abbiamo raggiunto importanti risultati al TAR Lazio per cercare di allinearci ad altre economie come quella francese e svizzera. Sono risultati raggiunti dal basso, grazie al solo impegno di Canapa Sativa Italia e altre associazioni e aziende del settore. 

La canapa non stupefacente è una produzione di qualità Made in Italy

Da pochi giorni è arrivata definitiva inopponibilità alla decisione del T.A.R. Lazio dove abbiamo, insieme ad altre associazioni di settore, sottoposto la questione con un ricorso introduttivo avverso il Decreto Ministeriale sulle piante officinali del 21 gennaio 2022 per contrasto alla normativa internazionale, comunitaria e nazionale di riferimento nella misura in cui riteneva rientrare nell’ambito della L. 242/16 solo i semi e i loro derivati e non anche le restanti parti della pianta tra cui fiori e foglie, riportando così la coltivazione di tali parti della pianta nell’ambito disciplinato dal Testo unico sugli stupefacenti. Il ricorso impugnava altresì la qualificazione del principio attivo CBD (cannabidiolo) quale sostanza attiva a uso medicinale e come tale sottoposta ad un regime autorizzativo stringente e rigido per la sua coltivazione e produzione. 

Secondo la già storica sentenza del TAR 2023, in Italia la vendita di tutte le parti della pianta non stupefacente - anche dei fiori apicali - non è vietata perché non rappresenta un rischio per la salute e già in Europa lo stabiliva la sentenza della Corte Europea di Giustizia del 2020. 

Il fiore di canapa industriale anche se è simile alla cannabis non è una droga: in realtà può rappresentare un valido aiuto al fine di evitare di far uso di altre sostanze che la scienza definisce stupefacenti o che creano dipendenza come nicotina e alcol.

Le imprese italiane che producono e commercializzano canapa industriale sin dall’approvazione della legge 242/16 contribuiscono da sei anni al bilancio dello stato pagando le tasse come qualsiasi altra attività - al contrario di chi lavora nel sommerso, qualsiasi sia il suo settore di appartenenza. 

Visti i vuoti normativi ed i molti - spesso sproporzionati ed afflittivi - controlli[1], siamo uno dei settori che presenta maggiore tracciabilità: proprio perché ci ritroviamo a dover dimostrare più spesso di altri imprenditori la liceità dei prodotti e delle nostre attività.

La scienza e anche molte sentenze di tribunali in vari paesi, tra cui Francia e Svizzera, hanno dimostrato che la canapa con prevalente contenuto di CBD e basso tenore di THC non ha rischi per la salute pubblica, che non è dannosa e non dà dipendenza a differenza dell’ormai risaputa dannosità del tabacco.

L’Italia è stata tra i primi in Europa a entrare nel mercato del fiore di canapa non stupefacente, in questi anni si sono sviluppate molte competenze: la qualità del prodotto è andata migliorando e sono nate eccellenze locali, specifiche per tipo di clima e terreno. Siamo arrivati al punto di esportare all’estero con flussi stabili ed eccedenti le importazioni. Fino a inizio Novecento e all’avvento delle fibre sintetiche e dei divieti di produzione della canapa, l’Italia era tra i maggiori produttori ed esportatori di canapa nel mondo.’ conclude Cusani.

Nell’unico caso in cui la canapa non stupefacente possa in qualche modo presentare un danno per il consumatore – con la combustione insieme appunto al tabacco – nel nostro paese è già prevista l’accisa sui generi di monopolio utilizzati per questo tipo di uso quali il tabacco, e dal 2020 anche cartine e filtri di carta. 

Se si assoggettasse il fiore di canapa alle discipline di monopolio del tabacco, a causa delle alte accise si renderebbe inaccessibile un prodotto non solo innocuo, ma che si è anche dimostrato utile nella riduzione del danno da tabacco, alcol, droghe e psicofarmaci. Poiché il fiore di canapa non stupefacente non costituisce una minaccia per la società e per la salute pubblica, non vi è necessità di un controllo distributivo simile a quello del tabacco. 

Canapa Sativa Italia ha recentemente risposto a dichiarazioni fuorvianti in questo senso del presidente della FIT (Federazione Italiana Tabaccai).

Il modello fiscale e distributivo già adottato per il tabacco, se applicato alla canapa industriale, avvierebbe migliaia di aziende già attive sul mercato ad un'inevitabile chiusura con tutte le conseguenze che oggi il paese non si può assolutamente permettere. Considerando quanto sia importante ed attuale il tema occupazionale, nel caso si adotti un modello con distribuzione controllata non ci sarebbe nessun incremento di posti di lavoro, anzi se ne perderebbero molti, perché si andrebbe solo a inserire una tipologia aggiuntiva di prodotto nei punti vendita dei tabaccai già esistenti; per quanto riguarda la produzione i liquidi delle sigarette elettroniche o il tabacco sono per lo più prodotti all’estero mentre la canapa è prodotta in Italia.

La regolare distribuzione tramite negozi specializzati e la produzione prevalente in Italia, entrambe chiaramente normate, genererebbero invece centinaia di migliaia di posti di lavoro oltre a stabilizzare quelli già creati in questi anni nonostante una normativa carente. Se si ragiona in termini di prodotto agricolo di qualità da filiera Italiana, il fiore di canapa ha le potenzialità per diventare un volano economico e occupazionale per il nostro paese che vale la pena contribuire a rafforzare e tutelare.

Con una regolamentazione adeguata e un mercato interno forte, anche i volumi di esportazione sarebbero ancora più rilevanti. Prendendo esempio dal mondo del vino o della birra artigianale si dovrebbe valorizzare l’origine protetta e incentivare la ricerca e lo sviluppo, rilanciando il Made in Italy. Così la canapa può essere motore per una produzione da esportazione di qualità senza essere però gravata dalle accise destinate agli alcolici essendo sostanza inoffensiva equiparabile alla birra analcolica. Una normativa inadeguata ci sta portando mano mano a restare indietro rispetto agli altri Paesi. E sarebbe un peccato visto il piccolo vantaggio temporale e le competenze sviluppate in questi ultimi anni.

Il gettito fiscale di un ‘modello fumo’ sarebbe più basso della somma dei benefici appena elencati in termini di posti di lavoro, volumi di export e qualità dei prodotti che permetterebbero una differenziazione di prezzo e quindi una maggiore produttività.

Altra cosa quando si parla di Cannabis stupefacente, quella che presenta più THC di CBD. 

In Italia la cannabis con alto tenore di THC rappresenta un mercato nero pari a circa 3/4 di tutta la domanda interna di Cannabis, una dimensione molto più rilevante rispetto al fiore di canapa non stupefacente. La vicina Germania l’ha capito e per togliere questo mercato alla criminalità organizzata, la sta regolamentando come ha già fatto la Spagna dove l’uso personale è depenalizzato dagli anni ‘70.

Visti tutti questi sviluppi nel mondo fino ai paesi più vicini, anche in Italia bisognerebbe iniziare a studiare come normare la cannabis stupefacente per toglierla alla criminalità organizzata, immaginando magari un’accisa simile all’alcol, anziché lavorare oggi per mettere sotto distribuzione controllata un prodotto innocuo come la canapa industriale. Secondo The European Cannabis Report (2019) entro il 2028, la cannabis legale potrebbe generare 24,7 miliardi di euro solo nel settore della canapa industriale, quindi non stupefacente (CBD e altre tipologie con contenuto di THC inferiore allo 0,6% per i produttori). Se come in Olanda, Stati Uniti, Spagna e a breve Germania si aggiungesse anche il campo della cannabis con alto tenore di THC tra cui la terapeutica (in Italia normata dal 2013) e quella per uso adulto si tratterebbe in tutto di 40,5 miliardi di euro, il 68% del fatturato complessivo attuale dell’agricoltura italiana.

Tornando alla canapa non stupefacente, il suo fiore è solo un primo prodotto che, anche grazie alle esportazioni, può dare il sostegno necessario al successivo sviluppo della canapa industriale in campi strategici per l’economia italiana.

Grazie alla sua versatilità, questa pianta può infatti esprimere un’incredibile gamma di territorialità e di diverse applicazioni. Può essere utilizzata in campo agro-alimentare con testati benefici nutraceutici, in campo ambientale per la purificazione dei terreni, nel settore tessile dove si assiste ovunque ad un ritorno alle fibre naturali dalle incredibili doti tecniche e che non presentano problemi di smaltimento.

Mattia Cusani lancia un appello: ‘Siamo assolutamente favorevoli a colmare i vuoti e migliorare la normativa sulla canapa per garantire finalmente la salubrità dei fiori a uso umano e siamo a completa disposizione per instaurare un dialogo costruttivo e duraturo. Siamo impegnati nello sviluppo di soluzioni concrete e stiamo inoltre terminando, in collaborazione con tutti i soggetti e le maggiori associazioni agricole, il piano di settore canapicolo sviluppato al tavolo di filiera istituito presso il MASAF. Invitiamo tutti coloro che sono interessati all’argomento a un dialogo costruttivo con le associazioni come la nostra e con gli imprenditori, commercianti, agricoltori, trasformatori, distributori del settore oltre che i laboratori di analisi, gli agronomi, gli studi legali, i medici legali e gli altri professionisti dell’indotto. Un dialogo è indispensabile per trovare la soluzione migliore con l’apertura necessaria che dovrebbe contraddistinguere noi italiani, per capire che la canapa non rappresenta una minaccia ma un’opportunità di crescita per il nostro paese.’

di C. S.