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Il bianco e il rosso. Luci e ombre della cooperazione vitivinicola in Sicilia

Si andava avanti come “drogati” dai contributi comunitari, ora è diverso. L'esperienza di Dino Taschetta presso la Cantine Colomba Bianca: abbiamo dimostrato che si può far molto senza spendere grandi risorse

04 ottobre 2008 | Dino Taschetta

Prosegue il nostro percorso nel mondo della cooperazione vitivinicola italiana, sull'onda del lavoro d'insieme che ci ha gentilmente procurato il giornalista Roger Sesto, che ancora una volta ringraziamo.

I testi che proponiamo ai letori di Teatro Naturale si riferiscono alla due giorni che si è tenuta a Pitigliano nei giorni 22 e 23 agosto.
Il tema: il ruolo, le opportunità e le prospettive che, ancora oggi, sono in grado di offrire le cooperative vitivinicole.

La due giorni è stata organizzata dallo scrittore Andrea Zanfi e dalla Cantina Cooperativa di Pitigliano, in occasione dei festeggiamenti per il 50° anniversario di attività della cantina del grossetano.

Qui di seguito riportiamo il testo dell'intervento di Dino Taschetta, dal titolo “L'esperienza, le luci e le ombre della cooperazione vitivinciola in Sicilia”.
A voi tutti buona lettura. (TN)




L’INTERVENTO DI DINO TASCHETTA

La “Cantine Colomba Bianca” è una cooperativa con oltre duemila soci, opera in provincia di Trapani con sedi nei comuni di Mazara del Vallo, Salemi e Campobello; è nata negli anni ‘70, e da poco abbiamo festeggiato i 30 anni di lavoro con uno spettacolo di Giovanni Giusto “in vino recitas”; una storia d’amore nata tra i vigneti e la gente del vino.

I nostri viticoltori sono stati i protagonisti dello spettacolo in scenari bellissimi come il castello arabo normanno di Salemi e il complesso monumentale San Pietro di Marsala.
Abbiamo dimostrato che anche nella bistrattata cooperazione siciliana si possono fare delle belle cose senza bisogno di spendere grandi risorse.
I nostri soci conferiscono le uve raccolte in circa seimila ettari di terreni ubicati in tutta la provincia, dal mare fino alle colline di Vita e Salemi dove si raggiungono i 600 metri sul livello del mare.

In questa vendemmia prevediamo di lavorare oltre 600.000 quintali di uve, di cui l’80% bianche.
Undici anni fa, quando sono stato eletto Presidente, lavoravamo 200.000 quintali di uva, tutti indirizzati verso la distillazione e i mosti muti: l’unico frigorifero lo avevamo in cucina.
Si andava avanti come “drogati” dai contributi comunitari, era più facile per una cooperativa del nostro territorio adagiarsi sui facili aiuti piuttosto che fare investimenti in uomini e cose per andare sul mercato.

In una delle mie prime assemblee chiesi un aumento di capitale sociale di oltre un miliardo di lire, dicendo anche che se non fosse stato deliberato avrei rassegnato le dimissioni; lo approvarono e da lì è iniziato il nostro lavoro indirizzato sempre più a produzioni di qualità.

Abbiamo investito sul nostro personale, i nostri enologi hanno potuto confrontarsi col resto del mondo, sia facendo esperienze all’estero, sia lavorando nelle nostre cantine con tecnici di altri paesi.
Notevoli investimenti sono stati fatti nelle nostre aziende, dal frigo della cucina di undici anni fa siamo arrivati a un potenziale di circa 6.000.000 di frigorie che ci permettono di vinificare al meglio sia le uve internazionali che le autoctone.

Passaggio epocale è stato quello dell’utilizzo del freddo durante le fermentazioni, tecnica che ha permesso di assaporare il sapore della frutta nei vini e capire meglio cosa si poteva tirar fuori dalle diverse zone e dai diversi vitigni.

Abbiamo lavorato molto sui vigneti, avvalendoci di esperti agronomi, collaborato con l’università, con l’assessorato all’agricoltura, abbiamo predisposto un manuale per una migliore gestione dei vigneti messo a disposizione di tutti i soci.

Tutto questo lavoro ci ha permesso di essere sempre più indirizzati al mercato, ampliando in modo esponenziale il numero dei clienti sia in Italia che all’estero.
Purtroppo, nonostante tutto, non siamo riusciti a risolvere i problemi di “sopravvivenza” dei nostri soci; infatti andare bene in termini relativi, magari liquidando le uve meglio di altri, non ci rende particolarmente soddisfatti; oggi fare il viticoltore in Sicilia non risulta comunque remunerativo.

La Sicilia ha un vigneto potenziale di 140.000 ettari di cui impiantato circa 120.000 con un produzione media di uva che si aggira intorno ai 9.000.000 quintali, più dell’80% viene conferita nelle cooperative, gran parte delle quali non navigano in buone acque, non sono a mio parere nelle condizioni di affrontare il prossimo futuro, anche alla luce della nuova OCM che impone scelte tutte indirizzate verso il mercato. Sono convinto che nei prossimi cinque anni rischia di chiudere più del 30% delle cantine e si assisterà a una rapida diminuzione di superficie vitata, con o senza l’aiuto all’abbandono previsto dalla nuova OCM.

Chiaramente non tutta la cooperazione siciliana può essere difendibile, spesso è gestita male e da gente che non si è accorta che il mondo è cambiato e nessuno al mondo, se vuol fare impresa, può fare a meno di rimanere al passo con i tempi.

Spesso motivi campanilistici hanno impedito fusioni indispensabili per fare economie di scala, quasi mai si è riusciti a studiare insieme strategie, strade comuni da perseguire per essere più forti sul mercato; infatti ci troviamo in un regime di concorrenza perfetta con il risultato di offrire prodotti sempre migliori a prezzi inferiori.

Bisogna avere il coraggio di cambiare, di uscire da quella sorta di confort in cui spesso ci rifugiamo; sono le scelte che mettono in discussione anche le nostre certezze che, se ben ponderate, possono darci i cambiamenti che speriamo.
Se vogliamo crescere, imparare, non possiamo farlo rimanendo immobili, dobbiamo necessariamente uscire, esplorare nuove possibilità, accedere a nuove informazioni sviluppando nuovi schemi di pensiero.

Il cambiamento è automatico, il miglioramento non lo è, certo è difficile, ma tutte le cose sono difficili prima di diventare facili.
Niente determina il nostro destino più delle decisioni che noi stessi prendiamo.
Chi siamo oggi non è altro che la somma totale delle decisioni che consciamente o inconsciamente abbiamo preso in passato e per lo stesso motivo tra dieci anni saremo lo specchio delle decisioni che prenderemo da adesso in poi.

Dobbiamo tentare di ragionare ponendoci ad un livello superiore, provando a cercar di vedere da altri punti di vista, da altre angolature. In questo modo potremmo vedere altre possibilità per meglio trovare la strada che ci porterà a migliori fortune.
Di sicuro fra dieci anni saremo da qualche parte, il problema è: dove?
Se non decidiamo cosa vogliamo per la nostra vita, finiremo nel piano che qualcun altro ha creato per noi e che potrebbe anche non piacerci affatto.

Qualsiasi cosa la mente di un uomo non riesce a credere, non potrà mai raggiungerla!
Che tu creda di farcela o non farcela avrai comunque ragione (Henry Ford)

Purtroppo le nostre cooperative sono caratterizzate da un problema di fondo che a lungo andare non le fa funzionare bene; troppo spesso impostiamo il rapporto sociale in termini eccessivamente egoistici, pensiamo al nostro tornaconto immediato, tralasciamo totalmente di pensare a noi stessi come attori di progetti a lungo termine, che ci vedano insieme per raggiungere traguardi altrimenti preclusi singolarmente a ognuno di noi.

“Le persone si riuniscono e danno vita all’istituzione che chiamiamo azienda così da poter realizzare collettivamente qualcosa che non avrebbero potuto realizzare da sole: apportano un contributo alla società, espressione che appare banale, ma è fondamentale” (David Packard).

Occorre interiorizzare questo concetto per creare una catena di valori che porti ad un lavoro ben fatto in tutta la filiera produttiva, in modo da creare beni per i quali vi siano dei compratori disposti a pagare.
Ai clienti non importa quanto duro lavoro, quanto impegno o quanta creatività siano necessari per produrre un buon vino: i clienti acquistano la soddisfazione di particolari bisogni, una maggiore soddisfazione per loro porta alla conquista di quote di mercato.

È chiaro che nessun modello di business può essere fissato sulla pagina per sempre, non basta ripetere ciò che ha avuto successo una volta, perché tutto intorno a noi cambia, si evolve continuamente.
Oggi occorre fare meglio di ieri e domani meglio di oggi.
Sempre più indispensabile risulta avere una strategia, presto o tardi - di solito presto - ogni impresa si imbatte nella concorrenza, nel tempo si avranno sempre alternative fra cui scegliere.
In questo mondo fare bene il lavoro di creare valore è solo il primo passo per ottenere ottimi risultati.

Le difficoltà, i problemi sono i pesi che la vita ci mette a disposizione per forgiare i nostri muscoli morali ed emozionali, se abbiamo la forza e il coraggio di affrontarli e superarli ne usciamo più forti e robusti di prima.
Tutti nella vita attraversiamo momenti difficili. La differenza tra gli individui sta in ciò che questi decidono di fare di quei momenti. Possono decidere di usarli come stimolo per cambiare, come avventura verso l’ignoto, come opportunità di crescita, o possono decidere di immobilizzarsi e autocommiserarsi. Sono i momenti di difficoltà, nei quali siamo costretti a una decisione, che possono dare una svolta alla nostra vita, ma solo se siamo in grado di sfruttarli anziché subirli.

È chiaro che ognuno dovrà fare la sua parte, in un gioco di squadra che veda fortemente impegnate le istituzioni nella realizzazione di strumenti di programmazione di lungo termine, interventi che incentivino la capitalizzazione, le fusioni e il rafforzamento del rapporto sociale.
Dando strumenti per aiutare le cooperative virtuose nella loro crescita si dà la possibilità a tanti piccoli agricoltori di far parte di un grosso progetto altrimenti irrealizzabile.

Nonostante le grandi difficoltà credo che la Sicilia abbia un potenziale enorme da sfruttare, occorre essere bravi e attenti a cercare e a cogliere le opportunità che si presenteranno; è nostro dovere provarci, per noi e per tutti gli agricoltori che ogni giorno lavorano per regalarci un momento di felicità.



TESTI CORRELATI

Le ruggenti cantine sociali del vino, l'esempio di Pitigliano
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Il fascino delle cantine sotterranee di Pitigliano
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Fabio Piccoli: La cooperazione vitivinicola in Italia, strategie per vincere sul mercato
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