Turismo
SEGNALI DI CRISI PER IL TURISMO. ANCHE QUELLO RURALE NE E' COINVOLTO. COSA FARE PER RISOLLEVARSI?
Sono da imputare a errori organizzativi e strutturali i momenti di crisi di un’attività agrituristica? Non è solo la congiuntura internazionale a infiacchire il settore. Mancano in molti casi le spinte propositive e le buone idee. Cambiare rotta non è facile, ma occorre finirla con gli inganni Gli agriturismi vanno restituiti all'agricoltura
11 settembre 2004 | Francesca Racalmuto
Lâestate sta volgendo al termine e tutti coloro che sono più o meno direttamente implicati nel turismo sperano di poter rimediare qualcosa in settembre, dopo la grande e sottile crisi che ha percorso finora il 2004.
Sarà un anno da ricordare. Intanto per la sensibile riduzione del periodo di vacanze. Il taglio nella durata è netto. Dalle due settimane si è passati ad una sola: lâimperativo comune è risparmiare. E dâaltra parte non si può certo biasimare tale scelta, con i tempi che corrono. Tante incertezze, ma soprattutto tanto disordine. E non ci si riferisce solo alle emergenze dettate dalle temibili insidie del terrorismo. No, il disordine è pure nella testa di chi con lâavvento dellâeuro ha voluto speculare in maniera ignominiosa. I costi di una vacanza spiccano in alto senza alcuna giustificazione, solo per una irrazionale voglia di autodistruzione. Sì, perché se vi è un nichilismo imperante sul piano della politica internazionale, tale nefasto atteggiamento ha pervaso anche la dimensione della quotidianità . Le speculazioni, la corsa allâimbroglio, sono il segno di unâepoca che si sta connaturando per la sua natura più bieca e vile.
Avete prestato attenzione allâincremento ingiustificato di molti prezzi? Bene, allora non ci si può lamentare della crisi del turismo, quando poi buona parte delle strutture di accoglienza si sono trasformate in vere e proprie strutture di abbrancamento e spogliazione dei propri clienti. Sono espressioni forti, è vero, ma la realtà non è affatto distante da un simile giudizio. Poi, certo, è la solita guerra sui numeri: lâIstat ha rilevato lo scorso agosto un aumento dei prezzi su base annuale del 18,4%, rincari prontamente negati â è ovvio â dagli interessati; ma considerando il comportamento dei turisti, forse lâIstat non è poi andata troppo lontana dal vero. E dâaltra parte, il fatto che le mete estive degli italiani si siano indirizzate allâestero â in Spagna, Croazia e Grecia, per esempio â verso strutture ricettive di gran lunga più vantaggiose, è un dato inconfutabile. Purtroppo agli andamenti generali delle mete turistiche segnano un calo di presenze che si è registrato pure nel settore del turismo rurale. E questo è un aspetto da non sottovalutare.
Ma partiamo da realtà come la Puglia, e più in generale dal Sud, dove di solito la convenienza è stata sempre un punto a favore di tali luoghi. Questâestate in agosto si legge un titolo assai eloquente sulle pagine del âCorriere del Mezzogiornoâ: Turismo, pessimo il rapporto qualità -prezzo. Il che la dice lunga. Qualcosa non quadra, e infatti sempre sullo stesso quotidiano, costola del âCorriere della Seraâ in Puglia, si riferisce di una storia quanto mai emblematica. Ecco il titolo: Una manager in vacanza: âPer una cena quasi 500 euroâ. Lâarticolo, con tanto di scontrino esibito, riporta lâindignazione della turista: posti splendidi, clima fantastico ma il resto âè uno schifoâ. Sempre nella stessa pagina il commento di un presidente di unâassociazione dei consumatori: âI servizi devono essere certificati. Ogni struttura dovrebbe essere garantitaâ¦â. Insomma, è evidente che il quadro non è stato proprio idilliaco questâanno. Poi, in verità le citazioni riportate sono state scelte a caso tra i tanti articoli di denuncia apparsi su varie testate, ma ciò che conta è dimostrare che qualcosa rispetto a un recente passato è mutato. Forse è il caso di porre rimedio. Il turismo âmordi e fuggiâ, quale si va delineando ultimamente, non porta ricchezza, non fidelizza.
E ora passiamo al turismo rurale. Anche questo non ha avuto i riscontri attesi. Le notizie sono però contrastanti. Da una parte si registrano toni largamente ottimistici, dallâaltra si esprime grande imbarazzo per il calo di clientela. La contraddizione si può spiegare. Anche se la crisi generalizzata ha coinvolto gli agriturismi, questi in fondo si sono un poâ salvati perché sono stati percepiti dagli utenti come una valvola di sfogo rispetto ad altre strutture in cui le esagerazioni dei gestori erano piuttosto evidenti e perfino allarmanti. Pertanto, soprattutto in alcune aree del Paese, come per esempio nel Sud, la crisi non è stata avvertita, ma occorre stare attenti, non è detto che non si avvertirà in futuro. Intanto câè da dire che le previsioni ottimistiche effettuate prima dellâestate (+ 11,2%) probabilmente a conti fatti non saranno effettive. Si stima una flessione, anche per via dei rincari che pure hanno riguardato gli agriturismi. Il quadro insomma non è confortante. Secondo le valutazioni del direttore di Agriturist Giorgio Lo Surdo, organismo espressione di Confagricoltura, la flessione non può essere negata, anzi quella più evidente la si registra soprattutto in Toscana, Marche e Umbria, laddove peraltro vi è la massima concentrazione di strutture. Nonostante ciò, va pur detto che lâofferta ricettiva continua comunque a crescere. Ad oggi sono 139 mila i posti letto e dalle 12.600 aziende censite lo scorso anno, nel 2004 si è giunti ad almeno 13.500. Ma tale dato non deve rassicurare. Il fatto che la stagione estiva 2004 non sia stata tra le migliori deve far riflettere. Con prezzi in aumento di oltre il 13%, la flessione media nei flussi di turisti ospitati è del 3,5%. Sono dati che devono far riflettere. La situazione è chiara e inequivocabile: si tratta di un segnale di crisi che avrà conseguenze nel medio e lungo periodo, qualora non si correrà ai ripari.
Le possibilità di crescita nellâambito del turismo rurale sono tante, intendiamoci, ma occorre rivedere le formule tradizionali con le quali ci si presenta al pubblico. Qualcosa nel meccanismo si è inceppata, questo è sicuro. Sono necessarie strategie nuove, una progettualità che finora è mancata a livello generale. Probabilmente câè da denunciare anche una politica gestionale, a livello istituzionale, un poâ carente e senza dubbio espressione di molte incertezze. Ci sono anomalie a livello legislativo che non hanno favorito lo spirito con cui gli agriturismi sono stati inizialmente concepiti. Cosa dire di quelle strutture tanto simili agli alberghi e tanto lontane dal profilo di una vera azienda agricola con annessa capacità ricettiva?
Eâ bene che si faccia luce su tale anomalia, prima che si paghino le conseguenze più devastanti. Le normative sono su base regionale e pertanto non sempre si riesce a configurare un profilo unitario degli agriturismi. Con il risultato che si è davanti a una realtà profondamente contraddittoria, quasi due anime separate: da una parte gli agriturismi veri, dallâaltra le strutture ricettive finte rurali che impazzano e sottraggono ricchezza e opportunità agli agricoltori veri. Eâ la solita storia: chi decide nellâassegnare i finanziamenti? Chi riceve i fondi? Quelli che vivono la campagna o quelli che vogliono solo investire e speculare ai danni di chi la campagna la vive nel sangue e conosce troppo bene e a fondo il solo lato duro della vita. Sono domande che occorre porsi affinché non si giunga a una svalutazione e a un depauperamento della risorsa agrituristica. Lo snaturamento della autentica formula del turismo rurale porterà a una crisi senza vie dâuscita. Occorre dunque correre in soccorso di un settore che sta perdendo la sua identità più vera per far largo alla sola speculazione fine a se stessa.
Eâ possibile accettare agriturismi con prezzi da alberghi di extra lusso e poi permettere che queste strutture false rurali usufruiscano pure di agevolazioni fiscali immeritate e perfino di finanziamenti pubblici sottratti molto spesso agli agricoltori veri? Ecco, partendo da tale interrogativo, si può ben comprendere che il successo futuro degli agriturismi dipenderà solo da una seria politica di valorizzazione e difesa del settore. Ma questo sistema può essere cambiato così come si è delineato negli anni? Non è poi così facile cambiare rotta, la politica della trasparenza non piace, ma è la via della salvezza. Occorre finirla con gli inganni e le speculazioni. Si restituiscano allâagricoltura gli agriturismi. Eâ lâora di finirla con il grande imbroglio del turismo rurale. Scopriamo le carte, quelle più imbarazzanti.
La soluzione alla battuta di arresto del 2004, e alla molto probabile crisi futura, sta tutta nel rivedere la formula attuale, troppo stantia e priva di stimoli. A parte le eccezioni, sâintende. Lo scenario deve cambiare, si devono pensare modelli nuovi, che recuperino lo spirito iniziale. Non si devono cercare in modo perverso i confort, nelle strutture ricettive, ma la dimensione vera della campagna. Gli agriturismi devono essere lâespressione della ruralità , altrimenti sarebbe più opportuno e serio preferire gli alberghi. Si riuscirà nellâintento di sviluppare nuove idee ed essere più propositivi? Vedremo. Su tale questione ritorneremo più avanti con unâinchiesta. Non si può depredare la civiltà rurale con troppa disinvoltura, ma soprattutto non è accettabile la complicità perfino delle Istituzioni per tale inconcepibile anomalia.
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