Turismo

Agriturismo, più che boom è sboom

Toni rassicuranti e positivi da Istat e Coldiretti. Ma è giusto che a ogni festa comandata si celebri il tutto esaurito? Stefano Tesi presenta il vero stato della realtà, togliendosi tutti, ma proprio tutti, i sassolini dalle scarpe

13 dicembre 2008 | Stefano Tesi



Per l’Istat e la Coldiretti l’agriturismo fa “boom”: nel senso che esplode o che scoppia?

“Boom” è una parola molto usata in economia e nel giornalismo. Spesso a sproposito. Uno sproposito che, a causa dell’ambiguità del termine, spesso procura danni doppi. “Boom” vuol dire scoppio, esplosione: esplodono le borse, i mercati, gli acquisti natalizi. Scoppiano però, e invece, gli ascessi, i bubboni, le proteste, le crisi e le bolle. Comprese quelle speculative.
Ecco perché fa un certo effetto leggere su Teatro Naturale quanto scrive C.S. (che sa tanto di acronimo di “comunicato stampa”) a proposito dei dati sull’agriturismo diffusi dall’Istat: secondo il quale, nell’ultimo decennio, l’ospitalità rurale in Italia avrebbe fatto “boom”: link esterno Laddove il “boom” è fatto intendere, sebbene nel linguaggio tendenzialmente asettico dell’istituto, in un’accezione rassicurante e positiva.

La cosa sembra destinata a fare il paio – è ormai questione di settimane - con le veline trionfalistiche che con implacabile puntualità e ammirevole capacità di penetrazione mediatica la Coldiretti, dopo ogni festa comandata tipo Pasquetta, Ferragosto e Natale, da anni ammannisce ai Tg e alla carta stampata per celebrare il “pienone” e il “tutto esaurito” negli agriturismi italiani (molti dei quali desolatamente vuoti nei restanti periodi dell’anno, ma questo nessuno lo nota). Facendo così pensare a un boom nel boom e, viste le circostanze congiunturali, anche a un’isola felice all’interno dello tsunami finanziario, economico e commerciale degli ultimi dodici mesi. Lo dimostra anche il tono di surreale enfasi con cui, al recente Agri&Tour, il salone dell’agriturismo tenutosi ad Arezzo a fine novembre, la medesima organizzazione ha presentato le proiezioni sull’andamento dell’annata agrituristica 2008.

Credo allora che sia venuto il momento di chiedersi quanto questi atteggiamenti siano da attribuirsi all’ingenuità, quanto all’incapacità di interpretare i dati e quanto ad un sommo (e miope, a giudizio di chi scrive) studio.

Non stiamo a perdere tempo elencando le indubbie benemerenze che in vent’anni di onorato sviluppo l’agriturismo si è guadagnato a sostegno dell’agricoltura italiana, sebbene con le molte storture che le crescite tumultuose e poco governate sovente procurano. Guardiamo ai fatti e ai numeri.

“In dieci anni, tra il 1998 e il 2007, il numero di aziende agrituristiche - afferma il signor CS dell’Istat - è passato da 9,7 a 17,7mila unità (+82,3%), con relativi aumenti anche per alloggi e ristori. Le aziende con degustazione e quelle con altre attività agrituristiche sono cresciute percentualmente con un ritmo ancora più sostenuto conseguendo incrementi pari, rispettivamente, a +193,5% e +137,6%. In crescita, fra le altre attività, escursionismo ed equitazione”.

Tutto bello, se già da 2001 il numero medio delle presenze negli agriturismi non fosse in costante calo, segno evidente (basta chiederlo agli operatori, non c’è bisogno di un cervellone della Bocconi) di un’offerta che ha da tempo superato la domanda. Con una forbice che oltretutto, proprio per il proseguire inerziale della nascita di nuove aziende ricettive, tende ad allargarsi costantemente. Al quasi raddoppio delle attività - una parte del beneficio delle quali si potrebbe con un po’ di indulgenza ascrivere ancora alla voce “riqualificazione del patrimonio architettonico rurale”, per il quale l’agriturismo era originariamente nato - fa riscontro poi il triplicamento di quelle abilitate alla degustazione, titolari cioè di investimenti specificamente rivolti a un mercato oggi in chiara crisi.

“A fine anno – rincara la dose Coldiretti - si potrà contare su un’ulteriore crescita di presenze nei circa 18mila agriturismo sparsi nella penisola. E la Toscana come al solito gioca un ruolo da protagonista del settore con il maggior numero di strutture all’attivo. Secondo l’Istat esistono in Toscana 3.527 aziende che svolgono attività agrituristica, rappresentando il 23% dell’offerta nazionale (1 agriturismo su 4 è toscano). Di queste aziende oltre 700 svolgono anche attività di ristorazione mentre oltre circa 2.500 praticano l’offerta di attività ricreative come escursioni a cavallo e corsi di cucina e di antichi mestieri della tradizione artigianale toscana. Cresciuti i posti letto a disposizione: in tutto 42.794 posti letto (il 28% dell’intera offerta nazionale)”.

Come si possa ancora gabellare tutto questo, in periodi di prolungata magra, come un fatto positivo è tutto da spiegare. E come si possa far finta di non vedere gli agriturismi vuoti, le aziende in vendita, i pignoramenti e i fallimenti legati a una crescita insensata, cieca e probabilmente “drogata” dall’approssimazione e dall’inadeguatezza culturale, se non talvolta da evidenti finalità speculativo-edilizie, pure.

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