Turismo

IN TEMPI DI CRISI, CON L’EXPORT IN NETTO CALO, RESTA QUALE UNICO SPIRAGLIO DI SALVEZZA IL TURISMO DEL VINO

Ma neppure questa carta gioca a favore dell’Italia, mancando progettualità e coordinamento. Il nostro Paese secondo uno studio recente è in coda alla classifica mondiale. La strada del vino e dei prodotti tipici può rivelarsi un’opportunità, ma occorre acquisire degli adeguati strumenti professionali

10 aprile 2004 | Franco Bonaviri

In tempi difficili come quelli attuali occorre inventarsi delle soluzioni. Quella del turismo si sta rivelando una carta vincente. Almeno in certe direzioni. La strada che conduce al prodotto tipico, e al vino in particolare, sembra essere risolutiva, unitamente all’agriturismo. I nostri vini, gli oli extra vergine di oliva, e quant’altro si produce a partire dalle nostre campagne, hanno oramai acquisito la notorietà internazionale a seguito del grande successo degli ultimi dieci anni, con un export peraltro decisamente favorevole. Oggi le visite dei luoghi di produzione sono diventate un momento importante. Si sono create ovunque strutture di accoglienza per non fallire nella capacità di ricezione, come in qualche modo sta accadendo con il turismo estivo di tipo tradizionale, per esempio. “L’Italia perde il confronto dell’estate” recita un titolo sul quotidiano “Il Sole 24 Ore” di domenica 4 aprile. Da un’analisi delle proposte dei tour operator esteri si nota la limitata convenienza del nostro Paese. Le località di mare di Spagna, Tunisia e Turchia sono di gran lunga le più favorite, e secondo uno studio del Wttc, il World travel e tourism, l’Italia è in coda alla classifica mondiale per competitività turistica., all’undicesimo posto. Una situazione piuttosto critica che deve farci un po’ riflettere. Non si può certo pensare che l’offerta turistica debba essere sottovalutata, credendo che in fondo si tratti solo e più semplicemente di ricevere, e non invece di accogliere, con proposte accattivanti e con soluzioni di convenienza e di opportunità.
Il problema mai preso in seria considerazione è che il turismo italiano manca di una politica di settore, di coordinamento. Il patrimonio dei beni culturali non viene valorizzato a sufficienza, si è al minimo dello sfruttamento delle potenzialità. Così pure il turismo vacanziero estivo, si sottovalutano le offerte di molto più vantaggiose di altri Paesi del Mediterraneo. Il nostro ambiente? Umiliato da amministrazioni pubbliche incapaci, quando non colpevolmente responsabili di scempi paesaggistici. Sarebbe utile consigliare la lettura al riguardo di un libro di Eugenio Turri, uscito per le edizioni Marsilio, La conoscenza del territorio. Si tratta di un volume utile per chi intende amministrare con coscienza, ma anche per chi progetta o semplicemente abita il territorio; costituisce un punto di partenza fondamentale per saldare armonicamente e funzionalmente ogni intervento con il contesto preesistente, oltre che per difendere con piena consapevolezza il proprio spazio di vita.

L’opportunità offerta dall’enoturismo
La fortuna dei nostri vini ha consentito di usufruire di un vantaggio notevole sul fronte del turismo cosiddetto enogastronomico. Ma si è davvero pronti per affrontare le complessità di una tale ghiotta occasione? O si crede forse che si possa anche in questo caso continuare a improvvisare un’offerta turistica senza una specifica progettualità? Lo sviluppo del turismo va favorito attraverso la sperimentazione di modelli nuovi e non consiste come molti credono nella semplice accoglienza tout court. Si moltiplicano le “strade del vino e dell’olio”, ma la sensazione che tali strutture vengano abbandonate a se stesse, dopo averle costituite, almeno in moti casi.
La realizzazione di una “strada” significa seguirla passo passo in ogni momento, significa come già riferito inventare un approccio nuovo, significa dunque in particolare avere un “progetto”, un’idea, e non la ripetizione sterile di modelli già conosciuti e superati.
E’ utile per avere un approccio serio con le problematiche del turismo enoico affrontare con serietà le dinamiche evolutive, che non vanno mai trascurate.
Ecco in soccorso un volume di Donatella Cinelli Colombini, il Manuale del turismo del vino (Franco Angeli-Città del vino, Milano 2003; pp. 142, euro 15,50). L’autrice è voce autorevole in tal senso. E’ lei che ha fondato il Movimento del turismo del vino. E’ lei che ha ideato la fortunata manifestazione “Cantine aperte”, una giornata di grande successo che ha lanciato all’attenzione generale l’enoturismo in Italia. Attualmente insegna Turismo del vino nei master post-laurea presso le università di Bologna e Firenze. Le credenziali, insomma, ci sono tutte. E’ sufficiente leggere il suo libro, in modo da affrontare con una preparazione adeguata il giusto approccio con la realtà organizzativa.

Da “Cantine aperte” al “Decalogo dell’accoglienza”
L’idea di aprire le cantine al pubblico è stato il primo passo. Nulla di nuovo beninteso, un tempo le cantine erano il fulcro di un paese, ma oggi che si è persa la dimensione della produzione, è un segnale importante di avvicinamento del consumatore al prodotto che decide di acquistare. Oggi l’iniziativa di “Cantine aperte” ha generato un circuito che comprende quasi mille realtà produttive di ogni angolo d’Italia, tutti i mezzi di comunicazione ne parlano, il successo di pubblico testimonia la bontà dell’idea. Si tratta ora di avvicinare sempre più il consumatore, anche nel tentativo di riportarlo in campagna, di avvicinarlo a qualcosa che per varie ragioni, dal passaggio della civiltà contadina a quella industriale, ha lasciato in gran fretta. Oggi il Movimento del turismo del vino, come ricorda l’attuale presidente Francesco Lambertini, ha emanato il “decalogo dell’accoglienza”, un documento tra l’altro certificato da un ente terzo, il Csqa, ideato con il proposito di qualificare sempre più l’offerta turistica delle aziende vitivinicole associate.
“Come le stelle per gli hotel e i ristoranti, le spighe per gli agriturismi, i bicchieri per il vino – sostiene Lambertini - , per le cantine abbiamo creato le foglie di vite, un segno di riconoscimento chiaro e immediato che sancisce l’impegno dei nostri produttori nei confronti del turista”.

Donatella Cinelli Colombini

Una chiave di lettura: la via della professionalità
Secondo la Cinelli Colombini si sta diffondendo da qualche tempo a questa parte una nuova concezione di turismo: “Dall’esame delle tendenze emergono la percezione del viaggio come esperienza e come arricchimento per cui il turista è sempre più un viaggiatore che vuole capire ciò che vede e persino condividere la vita della zona che visita”.
Tale esigenza si esprime in alcune significative scelte, che l’autrice del volume individua nelle voci: “trekking” (le traversate a piedi), “turismo del gusto” (con annesso lo shopping goloso), il biosogno di “verde” (quindi di quiete e conforto, quale nostalgia dell’infanzia trascorsa in casa dei nonni), bisogno di “autenticità” (con la ricettività non tradizionale che vince sull’albergo), e ricerca del “benessere” (fisico, ma anche spirituale, da cui la vinoterapia e le settimane di meditazione in convento). La necessità di viaggiare è oggi diversa, soprattutto a seguito delle nuove dinamiche scaturite dopo gli attentati dell’11 settembre e dell’11 marzo. Si ha bisogno di ritmi diversi, di tranquillità, di sicurezze. E questi elementi li può dare senza dubbio la vita in campagna, la qualità del viaggio, la dimensione rurale, la quiete della natura. In tale contesto si inserisce la grande opportunità dell’enoturismo e, più in generale, del turismo del gusto.
Nel volume della Cinelli Colombini si traccia un percorso che riprende le prime tappe più significative del turismo del vino in Italia, le ragioni che ne hanno decretato il successo: “L’obiettivo principale – scrive l’autrice – è di fare il primo passo verso il “Wine Day”, qualcosa di simile al giorno di San Valentino o la festa della mamma. La creazione di un evento mondiale di grandissima visibilità, un evento che i mezzi di informazione non possono ignorare…”.
La chiave di lettura per riuscire nell’intento è l’acquisizione di una specifica professionalità, non sempre avvertita come esigenza forte purtroppo.
Per affrontare al meglio le opportunità, è necessario essere informati, aggiornandosi su ogni aspetto, anche quelli in apparenza più secondari. La Cinelli Colombini intanto traccia l’identikit del turista del vino. E’ necessario conoscere il profilo sociologico del turista perché si possa avvertire con chiarezza le esigenze di chi visita le aziende. Ma è necessario anche saper cogliere le intenzioni del legislatore, attraverso la lettura della legge nazionale sulle strade del vino, la numero 268 del 27 luglio 1999. Non si può pensare di fare accoglienza senza conoscerne le dinamiche e gli orientamenti, ma soprattutto le regole, le indicazioni sollecitate dal legislatore.
Ecco dunque i capitoli centrali, più determinanti l’acquisizione di una professionalità in materia: quali sono i requisiti per trasformare il vino in attrattiva turistica? Come si procede alla progettazione, realizzazione e gestione di una strada del vino? Quali sono gli strumenti, i metodi e i canali di promozione e commercializzazione delle strade del vino? Quali sono gli standard minimi da osservare? Come portare al successo un’azienda enoturistica?
Queste e altre questioni sono affrontate nel Manuale del turismo del vino della Cinelli Colombini. Occorre studiare, pensare a soluzioni sempre nuove e alternative, occorre non fernarsi mai sugli allori. Il vino italiano sta conoscendo in quest’ultimo periodo un momento di fiacca. Un po’ il supereuro, un po’ la competizione internazionale, un po’ altri fattori, hanno fatto registrare la peggiore performance dal 1986 a oggi. E’ il caso di trovare soluzioni per arginare il periodo nero. La via dell’enoturismo è una strada ancora praticabile, ma è necessario investire risorse umane, idee, energie e danaro. E crederci, soprattutto.

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