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Il corpo, l'anima e la vulnerabilità quale risorsa per crescere felici

Secondo Boris Cyrulnik, affermato etologo, psichiatra e psicoterapeuta, gli avvenimenti sopraggiunti tra i dieci e i trent’anni rappresentano la spina dorsale della nostra identità

16 febbraio 2008 | Antonella Casilli



L’ultimo libro di Boris Cyrulnik, Di carne e d’anima, edito in Italia da
Frassinelli è una dettagliata e scientifica analisi dello strettissimo rapporto che esiste tra biologia e psicologia, tra reazioni chimiche, mentali e relazionali.

Cyrulnik, oggi affermato etologo, psichiatra e psicoterapeuta è figlio di deportati ad Auschiwitz raccolto da una donna ebrea mentre era in fuga da un treno diretto al campo di concentramento di Drancy. Alla luce della sua tragica esperienza ha dedicato gran parte della vita proprio per capire come facciano i bambini a superare lutti precoci, abbandono, maltrattamenti, violenza sessuale e guerra.
Questo lo ha portato anche ad analizzare l’invecchiamento cerebrale atteso che nelle persone anziane esiste sempre un “picco di reminiscenze”, un momento della vita passata che risulta più facile evocare.
Osserva, infatti, Cyrulnik “gli avvenimenti sopraggiunti tra i dieci e i trent’anni rappresentano la spina dorsale della nostra identità”.

L’attaccamento che caratterizza il modo di amare e di socializzare è il punto focale della vecchiaia così come lo è stato nei primi anni di vita, ma mentre il bambino vive il mondo come un’evidenza incantata, per l’anziano diventa mal noto in un’età in cui le esperienze esplorative non lo incuriosiscono più.
A ogni transazione il sapore del mondo cambia e modifica il coinvolgimento dell’individuo.

Quel che è certo, osserva, l’autore, l’impronta affettiva ha inscritto nella nostra memoria il sapore che diamo al mondo. Quando l’involucro affettivo ha provveduto a rassicurare il nostro universo attraverso le prime interazioni, il mondo aveva un sapore leggero, piacevole e profumato. Ma una sofferenza lascia il gusto amaro che evolve consolidandosi o attenuandosi.

Dato ineludibile è che la felicità non è mai assoluta. Si chiede, infatti, l’autore come mai “una ventata di felicità suscita spesso l’angoscia di perderla? Espressioni come finchè dura, approfittiamone, incrociamo le dita rappresentano la manifestazione verbale del sentimento diffuso secondo il quale non esiste una felicità senza nuvole.

”Anche la serotonina riveste una funzione fondamentale per quanto riguarda lo stato umorale dell’individuo". Avverte l’autore che non esiste il pensiero unico, non ci si può schierare dalla parte delle scoperte biologiche o psicologiche sottendono l’inestricabile necessità che siano coniugate l’una all’altra affinchè corpo e anima convivano adeguatamente.

Come conclude l’autore: “gli occhi della mia anima e del mio corpo non hanno un linguaggio diverso … il mio corpo è fatto della vostra argilla…. e può
vivere soltanto se coperto di un mantello di argilla”.



Boris Cyrulnik, Di carne e d’anima. La vulnerabilità come risorsa per crescere felici, Frassinelli, pp. 237, euro 18