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Fare l’olivicoltore oggi è un po’ da pazzi, eppure c'è chi lo fa

Fare l’olivicoltore oggi è un po’ da pazzi, eppure c'è chi lo fa

Un taccuino di viaggio, per i non esperti, di chi dalla città è approdato in campagna, innamorandosi di un oliveto. Una visione disincantata sull’olivicoltura, di gioia e di speranza per il futuro

14 maggio 2021 | Marco Antonucci

Ogni tanto, quando l’occasione e il pubblico me lo concedono, dico che “fare l’olivicoltore oggi è un po’ da pazzi.” E lo dico con quel pizzico di serietà che viene immediatamente compresa da chi almeno una volta nella vita ha intrapreso, per obbligo familiare piuttosto che per entusiasmo passeggero, l’attività di produttore di olio. E in questo momento ho davanti a me uno spunto molto interessante per parlarvi proprio di questa fantastica follia, che non deve mai cessare di esistere.

In questi giorni una collega, Marina Fresa, architetto e paesaggista, docente universitario, mi ha regalato la sua ultima pubblicazione “In un Mare di Ulivi. Coltura dell’ulivo e bioresistenze”, DeriveApprodi, Roma, 2020.

Il libro altro non è che la narrazione dell’esperienza di Marina e del marito Gianni che, passati quasi per caso davanti al cartello “uliveto in vendita” si innamorano a prima vista dell’area e da perfetti cittadini (inteso qui come persone che abitano e vivono in città) che non sanno assolutamente nulla di agricoltura, la acquistano, con quella temerarietà che ogni tanto coglie ognuno di noi. L’entusiasmo, la pazienza, l’aiuto delle aziende della zona e lo studio porteranno i due a ottenere un extravergine che viene distribuito sia a Roma che a Venezia (le loro città). Detto così sembra la trama di un film a lieto fine dove i titoli di coda scorrono mentre i protagonisti si abbracciano al tramonto in mezzo agli olivi: e mi piace pensare che un po’ la storia sia anche questa. In realtà ogni capitolo del libro affronta in modo semplice e discorsivo i principali temi/problemi dell’olivicoltura contemporanea: dalla potatura alla mosca dell’olivo, dalla Xylella alla corretta concimazione, dall’utilizzo di chimica e trattori alle pratiche agronomiche necessarie per poter tramandare questo patrimonio di inestimabile valore.

Non solo: affronta anche temi politici quali la Pac e le sovvenzioni, i nuovi impianti superintensivi e il mercato spagnolo, la formazione del prezzo, il supermercato e le criticità della filiera, le mutazioni del clima. La biodiversità poi è al centro di ogni capitolo, tanto che le ultime pagine sono dedicate a un elenco di cultivar coltivate in Italia.

130 pagine in formato pocket, con la copertina – un’immagine di olivi secolari del Salento – che fa comprendere il senso di questo lavoro: una sorta di taccuino, di raccolta di appunti, di narrazione delle difficoltà e delle contraddizioni dell’agricoltura contemporanea, di visione disincantata sull’olivicoltura, di gioia e di speranza per il futuro. Tutti temi questi che non sono frutto di indagini o di interviste, ma sono esperienze vissute da Marina sulla sua pelle. La narrazione non è sempre uniforme e fluida nel suo evolversi, ma questo è dovuto all’amore e alla passione che trasuda da ogni parola dell’autrice e fa si che proprio grazie a questa disomogeneità tutti gli argomenti sono compiutamente affrontati, restituendo di questo mondo un affresco completo e contemporaneo come pochi ce ne sono.

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