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LA VEDOVA SCALZA DI NIFFOI RISCATTA LA SARDEGNA GOSSIPPARA, FACENDONE TRIONFARE IL LATO INTIMO E VERO
Un mare selvaggio alternato ad un’arida terra metafora di un incessante dolore. Dietro al linguaggio aspro e complesso si nasconde la volontà dello scrittore di frenare il lettore per non perdere di vista le moltitudini umane nascoste dietro la trama
24 febbraio 2007 | Antonella Casilli
Eâ di nuovo una storia di Sardegna!
Avevamo lasciato, circa un anno addietro, Salvatore Niffoi con La vedova scalza, edito per i tipi di Adelphi, vincitore del Super Campiello, lo ritroviamo questâanno con un altro romanzo, sempre per le stesse edizioni, che parla della sua isola Ritorno a Baraule.
La grande Grazia Deledda, unica donna, Nobel italiano per la letteratura, se avesse dovuto scegliersi un figlio putativo certamente avrebbe scelto lui, è indubbio che i romanzi di Niffoi raggiungono lo stesso scopo di quelli della grande scrittrice, fa capire il mondo parlando dello stesso posto in mille modi diversi. Niffoi ha, con la sua scrittura, riscattato e la Sardegna gossippara di frizzi e lazzi e la Sardegna di tristura e ammazzamenti facendo trionfare una Sardegna più intima e vera dove si materializzano paesaggi stupendi: un mare selvaggio alternato ad unâarida terra metafora di un incessante dolore.
Anche il linguaggio aspro e complesso merita una riflessione. Non è un elemento folkloristico slegato dalla realtà , è lâesaltazione della parola e dellâaggettivo, che palesano un arcaico mondo sardo senza tempo, dove lâelevata padronanza linguistica va interpretata con calma e partecipazione. Quasi una volontà dello scrittore, mastru de parola, di frenare il lettore veloce per riflettere, per non perdere di vista le moltitudini umane nascoste dietro la trama. Carmine Pullana, âun medico che quando praticava ha salvato la vita di tanti bambini dandogli un cuore nuovo o aggiustandogli quello che il Padreterno gli aveva dato difettosoâ, sente che la sua vita sta volgendo a termine e torna a Baraule per trovare se stesso, âper tentare di recuperare i tasselli che mancavano al mosaico della sua identità , e per poter morire in paceâ.
Deve capire cosa è accaduto la notte in cui ânel braccio di mare che entra nella laguna avevano trovato il corpo senza vita di Sidora Molas la moglie di Bertu Mazzaâ.
Eâ tanta lâumanità che ha notizia di quella notte, Carmine gli incontra, ciascuno arricchisce la storia di particolari personali che sebbene irrilevanti al fine di capire chi fossero i suoi genitori divengono fondamentali ad arricchire un passato che non aspetta altro per esistere, la parola che di bocca in bocca diventa verità in un era pre- mediatica .
Aggirandosi per Baraule e dintorni il dottor Pullà -come lo chiamano gli interlocutori, ma il âsoprannome è dâobbligo, in Sardegna, se non ce lâhai sei nessuno, sei un mincialoneâ â scompone e ricompone molte bugie e qualche verità .
Che, accecato dalla gelosia, Bertu Mazza abbia aperto la pancia della moglie per toglierle la creatura ne viene edotto da suor Elisabetta Puddargiu e suor Mariangela Trubbas,
sono a conoscenza di molti particolari, dato che in convento le voci âarrivano in fretta, e volano e girano come fantasmi â . Raccontano che prima di morire lei âsi tirò in dentro i lembi cadenti della pancia e gli rise quasi in faccia: minciale che non sei altro, quello che hai appena ucciso era figlio tuo! Caino, Caino, tre volte Caino, che hai schiacciato il tuo semeâ.
In verità la donna muore ma non il suo bambino, lâinnocente; Martine Ragas, Polifemo della zona, lo aveva pescato impigliato nelle reti, allâinizio lo aveva scambiato per un polpo, poi, accortosi che era una creatura lo aveva messo ad asciugare nel berretto conscio che era uno che non voleva morire, rispedito indietro dallâinferno.
Martine Ragas e la sorella Battistine sfidano le convenzioni e per due anni crescono Carmine come un figlio, ma essendoci âla fame a coscia e la merda alle ginocchiaâ decidono, con dolore di dare il bambino a un grande proprietario della Barbagia Gantine Pullana, che aveva la moglie âvurvi arrunciuniaâ.
âQuel bambino dai lineamenti affilati e dagli occhi cangianti Galantine Pullana e Carmela Novalis lo avevano comprato per investire affetto, denaro terre e bestiame,â lo trattavano come un tesoro ambulante e lo volevano âdottore specialisticoâ.
I loro desideri si realizzano anche grazie al fato Carmine aiuta il pianista diabetico che gli aveva rubato il suo unico amore a riprendersi uno straccio di vita e così capisce che vuole diventare il più grande chirurgo del mondo.
La ricerca lo porta ad imbattersi in Diegu Arrampiles, ricoverato al manicomio criminale di Obidui lâuomo sostiene di conoscere la vera storia di Bertu Mazza e Sidora Molas, sa che in suo zio Sisinnio trovò il grande amore e che câera anche un pretino di Pramas don Micheli Tanchis, che le correva appresso ed era pronto a sconsacrarsi per lei.
Carmine si cerca e si perde tra i fili dei giorni passati, ha paura di dover abbracciare la morte senza sapere chi cercare in Paradiso, e pur essendo arrivato a riconoscersi nella madre resta un incognita lâidentità paterna.
Ha una certezza di essere figlio del mare è lì che vuole ritornare.
E se lâinvestigazione di Carmine resta inconclusa il recensore chiude il libro con più di una certezza: la ricerca delle radici, la musicalità della lingua, la metafisicità della parola , rendono il nostro ad ogni romanzo più caro ai lettori.