Italia

Polemica sul libro della comunicazione dell'olio in Italia / 2. Le nostre ragioni

Si prende atto con grande rammarico che non si tratta più di un libro, ma di un opuscolo. Eppure abbiamo pensato di aver recensito negativamente un volume che pur partendo da un progetto meritorio non sia perfettamente riuscito nei suoi pur lodevoli propositi

25 aprile 2009 | Luigi Caricato

Abbiamo ricevuto dallo studio legale dell’avvocato Elisabetta Centogambe, “in nome e per conto del Comune di Brisighella e della dott.ssa Barbara Aquilani”, una richiesta di rettifica relativa all’articolo “Che brutta figura! L’Università di Siena affonda nell’olio” (link esterno), in quanto si lamenta “il carattere non veritiero di alcune affermazioni contenute nell’articolo” in questione.

E’ possibile leggere il testo integrale della rettifica qui: link esterno Ora, come è nostro solito, il settimanale “Teatro Naturale” è sempre disponibile ad accogliere e pubblicare, indipendentemente da lettere di rettifica, le posizioni di coloro che non condividano,
in toto o in parte, le opinioni da noi espresse.

Il direttore Luigi Caricato, intanto, riporta di seguito il suo pensiero al riguardo, rivolgendosi direttamente alla dottoressa Barbara Aquilani, coordinatrice del gruppo di autori che hanno redatto il volume
La comunicazione dell'olio in Italia, libro da cui è scaturita la polemica.



Bene, dottoressa Aquilani. Prendo atto con rammarico che non si tratta più, come pensavo, di un libro, ma di un opuscolo. Io invece ritengo di aver recensito negativamente un libro, giacché formalmente lo è, trattandosi di un volume di ben 208 pagine.
Da parte mia, perciò, non intendo affatto sminuirlo, relegandolo a mero opuscolo.
Credo sia opportuno mantenere viva la dignità di libro, altrimenti, se fosse stato davvero un opuscolo, non mi sarei certo peritato a scriverne fornendo una chiave di lettura in negativo. Non avrebbe avuto alcun senso.

Passo alle affermazioni ritenute “non veritiere”.
Prendo atto che dietro alla pubblicazione vi sia il Comune di Brisighella.
Ma l’espressione da me riportata, scrivendo testualmente di uno “scorrere a fiumi di tanto danaro pubblico” è solo una figura retorica, per indicare che dietro c’è necessariamente qualcuno che finanzia uno specifico progetto. L’espressione è generica perché nel volume manca una esplicita indicazione di chi ha finanziato sia lo studio, sia la pubblicazione del libro. Come invece risulta in maniera esplicita la dicitura “Con il contributo del Ministero per le Politiche agricole e Forestali Ex VI – D. M. n° 67542 del 23 Dicembre 2005”, apparsa nella quarta di copertina del volume Il marketing territoriale delle Città dell’olio, sempre a cura dell’Università di Siena e delle Città dell’Olio, ma pubblicato in precedenza (e anche in questo caso senza l’indicazione di una data e di un luogo di stampa).
Nel caso specifico, se non è un "fiume" sarà un "rigagnolo", ma un finzianziamento comunque c'è stato; e se questo finanziamento proviene da un ente pubblico, è giusto che si conosca e si renda nota a tutti la cifra complessiva stanziata.

Nel libro La comunicazione dell’olio in Italia non compare una specifica indicazione. Di conseguenza, l'immaginare dei “fiumi di danaro pubblico” non è tanto lontano dal vero, in quanto è notorio che certi studi e certe pubblicazioni vedano la luce solo se vi è un finanziatore alle spalle, e non importa se pubblico o privato. Di solito è pubblico. Infatti ora sappiamo con certezza che il committente in questo caso è il Comune di Brisighella. Nulla da ridire se i cittadini del comune romagnolo sostengano una simile (e per me lodevole) iniziativa. Poi, però, non sappiamo altro. Si tratta di un finanziamento a totale copertura delle spese sostenute o soltanto di un cofinanziamento? Tutto ciò non viene indicato.

Nel volume non se ne dà notizia, come invece è stato fatto, in maniera esplicita, nella precedente pubblicazione citata. Non è una questione secondaria, mi creda. Esistono delle regole. Come, per esempio, quella disattesa, di riportare nel colophon le indicazioni di legge: data e luogo di stampa, editore o committente dell’opera, tipografia e quant’altro va necessariamente reso pubblico.
Ebbene, lei crede forse che un libro sulla comunicazione possa permettersi il lusso di sbagliare proprio su questi aspetti? Non è soltanto una questione di formalità. Anche il non disattendere certe informazioni fa parte di una qualità della comunicazione. Un libro lo si giudica anche da questo. E chi lo firma non può tirarsi fuori, perché in fondo è un suo libro.

Quanto alle “grossolane dimenticanze”, queste purtroppo ci sono, e non sono soltanto i dati mancanti del colophon. Se vuole potrei anche dilungarmi, e fare una approfondita esegesi del testo; ma non mi sembra il caso di insistere: il libro è stato diffuso gratuitamente e il lettore potrà esprimere i propri apprezzamenti o formulare, se lo riterrà opportuno, le dovute critiche. Le mie le ho già formulate. Può non condividerle, ma non posso censurare le mie osservazioni.

Da quanto mi fa sapere tramite il suo legale, mi sembra di capire che una parte di responsabilità, nelle lacune del lavoro in questione, siano imputabili anche a chi le ha commissionato il libro. Ne prendo atto, ma lei non può per questo esimersi dalle sue: come si può limitare infatti una indagine sulla comunicazione intorno all’olio a un periodo di soli due mesi a fronte di un anno che ne ha invece dodici? E se nei restanti dieci mesi una delle testate da lei prese in considerazione avesse dedicato un grande e qualificato spazio all’olio, di questo impegno non ne risulterebbe dunque alcuna traccia?
E poi, perché è mancata una attenta analisi sulla qualità della comunicazione? Si è parlato genericamente di item, ma poi alla fine non si sono analizzate le differenze in termini di qualità e di esattezza dei contenuti di quanto pubblicato dalle varie testate.
E perché sono state per esempio trascurate le guide agli oli di qualità? Non esercitano forse un ruolo importante nella comunicazione dell’olio?
E quanto a Internet, si fa riferimento solo ai blog, a siti aziendali o istituzionali, ma non alle testate giornalistiche on line, le quali non compaiono nemmeno nel capitolo dedicato alla stampa italiana. E, tra l’altro, in questa specifica sezione si escludono peraltro testate autorevoli e note come i mensili “Largo Consumo” e “Cucina Naturale”, come altre ancora, che - le assicuro - dedicano qualificate e nient’affatto episodiche attenzioni all’olio di oliva. Eppure tra i criteri di esclusione (si legge nel suo volume) c’è lo stato di attività delle testate esaminate, la effettiva copertura di tutto il territorio nazionale e l’effettiva trattazione di tematiche attinenti l’enogastronomia. Ebbene, le due testate escluse dal suo gruppo di lavoro e da me citate posseggono in realtà tutti i tre requisiti, e allora perché non sono prese in considerazione?
Non le sembra, tutto ciò, degno di critica? E non vado oltre, mi creda.

Quanto alle contraddizioni che lei fa notare, resto ammutolito. Ma se io stesso ho linkato il comunicato di cui si legge nel fondo pagina, riportante, come è consuetudine del mio giornale, la fonte, in modo da distinguere tra un nostro articolo con tanto di nome o cognome o con la sigla TN di Teatro Naturale (link esterno) dalla sigla C. S., che sta invece per comunicato stampa e che riporta l’indicazione della fonte da cui prende origine, in questo caso l’Agenzia Freelance, cosa stiamo a confondere le idee?
Si sa che i comunicati stampa lanciano una notizia, tutta da verificare, che proviene da chi ha da promuovere qualcosa. Essendo in buoni rapporti sia con la qualificata agenzia Freelance, sia con Città dell’Olio, ho ospitato il resoconto cui si fa cenno sia per una questione di gentilezza, sia di opportunità, in quanto la notizia era sicuramente di interesse per il lettore di “Teatro Naturale”, ma da qui a sostenere che il settimanale che io dirigo abbia con questo “giudicato il convegno, durante il quale era stato illustrato l’esito del lavoro della ricerca in questione: un momento di riflessione fra addetti ai lavori, che ha fornito spunti importanti per le strategie da intraprendere sia in ambito comunicativo che di marketing" non è assolutamente vero. Il comunicato stampa è stato riportato tra l'altro nella sezione “ultime notizie”, e anche se fosse apparso in maggiore evidenza – perché alle volte quanto ci viene trasmesso è davvero di grande interesse per i nostri lettori - la attendibilità del testo resta sempre tutta da verificare, ed è comunque da attribuire in ogni caso alla fonte che ha originato la notizia la corrispondenza al vero di quanto riportato.

Non ho dubbi sulla sua professionalità e sulla qualità del suo gruppo di lavoro, e nemmeno sull’opera meritoria e lodevole dell’iniziativa, ma il mio giudizio rimane tuttavia negativo sul libro. La pubblicazione è pubblica e chiunque potrà leggerla e valutare di conseguenza.
Non è una novità che si scrivano recensioni negative di un lavoro, con toni anche duri. Il romanziere Baricco è bersagliato di continuo dai critici e lui replica stizzito, spiegando le buone ragioni su cui poggia il suo lavoro; io per esempio, pur non essendo in linea con Baricco, sul piano del suo percorso letterario, sono dalla sua parte.

L’8 marzo scorso Alfonso Berardinelli ha stroncato duramente sulle pagine del “Sole 24 Ore” un mostro sacro dell’italianistica qual è Asor Rosa e, in sua difesa, Eugenio Scalfari, un mostro sacro del giornalismo nostrano, difende Alberto Asor Rosa con un duro articolo sul settimanale “L’Espresso” del 19 marzo, dal titolo “La penna e il machete”. Caso strano in cui lo stroncatore viene a sua volta stroncato . E’ inutile dire che io sono dalla parte di Berardinelli, anche perché un nume come Asor Rosa, per quanto grande egli sia, ammesso che sia tutto oro ciò che luccica, potrebbe anche scomodarsi e prendere la penna in mano per sostenere le ragioni della propria opera. Chi ha la piena convinzione delle proprie ragioni, scende in prima persona in campo e con toni altrettanto duri motiva e giustifica il proprio lavoro.

Non dimentichiamoci inoltre di un grande ligure che amo tanto, il letterato Giovanni Boine, che ha scritto tra l’altro sull’olio testi di straordinaria luminosità e respiro, muovendosi anche in difesa degli olivicoltori, per sostenerli dalla mano avida dei commercianti d’olio.
Boine era uno stroncatore molto temuto. Ed erano gli anni intensi del Novecento, quando la stroncatura era un classico, fino a diventare ruvida come carta vetrata. Oggi è diverso, perché si preferisce piuttosto non essere sinceri.

Nel riportare il mio giudizio negativo sul libro (che, ripeto, non è un opuscolo) ho perfino reso traballanti i miei buoni rapporti con le Città dell’olio e con il presidente Lupi – rapporti che sembrano resistere ancora, almeno così sembrerebbe – ma non potevo certo esimermi dall’esprimere il mio pensiero al riguardo. Non accetto l’ipocrisia. Nella mia stroncatura ho riportato il mio sincero disappunto per un’iniziativa che ritengo meritoria, ma non perfettamente riuscita negli esiti. E’ il mio punto di vista.




TESTO CORRELATO

La rettifica: "Polemica sul libro della comunicazione dell'olio in Italia / 1. Il diritto di replica"
25 Aprile 2009 TN 16 Anno 7: link esterno