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Olivicoltura biologica, le sfide da affrontare nel futuro

Olivicoltura biologica, le sfide da affrontare nel futuro

Tra le sfide da affrontare, anche quella della transizione agroecologica, ancora in fase iniziale. Ora la creazione di un club di produttori olivicoli italiani, che condividano gli stessi obiettivi di sostenibilità e di eticità.

21 ottobre 2025 | 12:00 | C. S.

Si chiude con il Convegno Nazionale sulla Sostenibilità in Olivicoltura Biologica per una Filiera biologica, sostenibile ed etica, tenutosi oggi nello stabilimento Finoliva Global Service di Bitonto (BA), la prima fase di BIOLEVO, il progetto ideato da Biol Italia e finanziato dal MASAF  Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, con decreto direttoriale del 19/10/2023.

Un percorso condiviso tra tutti gli attori della filiera, quello avviato dall'associazione di produttori biologici italiani, finalizzato al miglioramento della qualità dell'olio biologico e alla sostenibilità ed eticità dell'olivicoltura, con attenzione al contrasto e alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

Nell'ambito di BIOLEVO  ha spiegato Gaetano Paparella di Biol Italia abbiamo portato avanti attività di informazione e formazione e soprattutto di scambio di know how tra i produttori olivicoli di tutta la penisola. Abbiamo organizzato dei tour dell'innovazione, viaggiando nelle diverse regioni italiane, e portato avanti attività di consulenza, orientate alla gestione della sostanza organica del suolo e alla conoscenza del terreno e delle pratiche che possano migliorare l'assorbimento di anidride carbonica dall'aria e conservare meglio la risorsa idrica.

Oltre alla partecipazione a fiere, si sono anche realizzate mostre e la manifestazione Biol Frantoi Aperti per divulgare ai cittadini l'impegno dei produttori olivicoli biologici.

Il prossimo obiettivo - ha rivelato Paparella  sarà la creazione di un club di produttori olivicoli italiani, che condividano gli stessi obiettivi di sostenibilità e di eticità.

Valori fatti propri anche dal Bio Distretto delle Lame, un'associazione di aziende agricole e di trasformazione, strutture ricettive e culturali, amministrazione pubblica e cittadini che  come spiegato dal presidente Benedetto Fracchiolla - cooperano tra loro per garantire, produrre e promuovere la qualità e sostenibilità, non solo ambientale ma anche economica, dei beni e servizi del territorio.

Un progetto ambizioso che ha sollevato l'interesse di comuni come Corato e Bisceglie, pronti ad affiancarsi alle altre amministrazioni che già l'hanno condiviso: Ruvo di Puglia, Terlizzi, Toritto e Bitonto.

L'agricoltura, e in particolare l'olivicoltura, sono al centro del programma amministrativo  ha sottolineato il sindaco di Bitonto, Francesco Paolo Ricci -, non solo per la risoluzione delle problematiche che riguardano il settore, ma anche per la sensibilizzazione e per la promozione dei nostri prodotti biologici di qualità, come l'olio extravergine d'oliva, ritenuto un toccasana per la nostra salute.

Cuore del convegno, la sessione scientifica, intitolata Le sfide della sostenibilità olivicola, che ha visto la partecipazione di studiosi ed esperti di rilievo nazionale.

Il professor Riccardo Gucci di UNIPI ha condiviso con gli olivicoltori i dati delle analisi effettuate sulle nuove tipologie di ulivi antixylella, che hanno dimostrato la maggiore resistenza al caldo della favolosa rispetto al leccino. Sottolineata però anche la necessità di farsi carico “del segmento, non indifferente dal punto di vista delle superfici, che è l'olivicoltura cosiddetta tradizionale, non rispondente ai canoni moderni, ma che rappresenta un patrimonio, non solo dal punto di vista produttivo, se opportunamente curata, ma anche dal punto di vista culturale, ambientale e paesaggistico.

“Dobbiamo cercare di trovare i mezzi, anche tecnologici, affinché questi territori non rimangano abbandonati l'appello di Gucci, non solo al settore agricolo, ma anche a tutto il Paese.

Tra le sfide da affrontare, anche quella della transizione agroecologica, ancora in fase iniziale.

“Il grado è superiore nelle regioni del centro-sud Italia e nelle isole, mentre è meno avanzato al nord” ha sottolineato il professor Luigi Roselli di UniBa, illustrando i dati emersi nello studio internazionale condotto sul tema. Maggior impatto positivo nelle aziende che integrano l’allevamento o con colture miste, mentre il grado di transizione risulta essere inversamente correlato alla dimensione economica dell’impresa.

“Bisogna lavorare su tutti gli elementi, e in particolare quelli più critici come quello della sinergia – ha spiegato Roselli -, supportare la diversificazione e multifunzionalità, sostenere le piccole e medie imprese, promuovendo l’imprenditorialità femminile, e rafforzare le piattaforme di condivisione delle conoscenze per lo sviluppo e diffusione di pratiche agroecologiche”.

Il convegno, che ha visto nel pomeriggio un confronto tra gli operatori del settore da tutta Italia, si è concluso con una tavola rotonda con protagoniste le principali realtà del settore. Dal dibattito, è emersa la necessità di controlli più stringenti su origine e qualità del prodotto, oltre che la volontà di alzare il tono della competizione internazionale, creando linee di prodotto non solo biologico, ma anche dop, e raccontandone la storia.

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