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L'abbandono delle olivete: l'olivo merita salvaguardia, rispetto e recupero

L'abbandono delle olivete: l'olivo merita salvaguardia, rispetto e recupero

In Italia 25mila ettari di oliveti sono in abbandono. Solo in Abruzzo 5000 ettari circa. Il possesso di olivi da ormai più di vent’anni è diventato un problema

29 novembre 2023 | Nicolina Pomilio

Olivi, Oliveto, piante di olivo… e, immediatamente, davanti ai nostri occhi appaiono le splendide distese di queste piante che caratterizzano il territorio collinare italiano, soprattutto quello dell’Italia centromeridionale, oppure i grandi oliveti che circondano, ad esempio, le belle masserie pugliesi, diventate ormai una meta turistica tra le più in voga, poiché sembra che una vacanza tra olivi secolari assicuri un relax assoluto.

Se, tuttavia, volgiamo uno sguardo più ravvicinato agli olivi di impianti antichi di alcune regioni italiane, possiamo assistere sempre più frequentemente a spettacoli ben diversi: oliveti più o meno estesi vengono sempre più frequentemente abbandonati e un grande numero di piante cominciano a inselvatichire o sono già inselvatichite. Sebbene tale fenomeno sia piuttosto esteso e riguardi molte regioni italiane, non esistono a tutt’oggi dati precisi che fotografino la situazione reale. Sembra che in Italia 25000 ettari di oliveti (30 milioni di piante da salvare secondo Coldiretti) siano in condizione di abbandono e che in Abruzzo ve ne siano ben 5000 ettari circa.

L'olivo, da risorsa a problema: il fenomeno dell'abbandono

È proprio su questa situazione problematica che intendo attirare l’attenzione: in alcune aree dell’Abruzzo, ad esempio nelle colline da cui si domina il fiume Sangro, il possesso delle piante di olivo, considerate un tempo una grande ricchezza poiché assicuravano alle famiglie l’olio, un ingrediente fondamentale della cucina locale, da ormai più di vent’anni è diventato un problema, per quanto ciò possa apparire sorprendente.

In queste aree da un lato la frammentazione fondiaria dall’altro la poca disponibilità e il costo elevato della manodopera hanno reso la coltivazione dei terreni molto costosa; inoltre, l’incapacità della valorizzazione del prodotto costringe i coltivatori a vendere il prodotto a un prezzo molto basso rispetto ai costi di produzione. Di conseguenza, i piccoli coltivatori si sono visti costretti ad abbandonare gli oliveti per la commercializzazione delle olive o dell’olio e a limitarsi ormai a coltivare le sole piante destinate a soddisfare i consumi domestici.

Tale problema, oltre ad avere un impatto economico con la riduzione della produzione di olio/olive, ha determinato un notevole calo del numero delle persone occupate in questo settore (anche di quelle impegnate nei frantoi locali), e sta avendo un impatto ancora più rilevante: il mutamento del paesaggio rurale. Sempre più frequentemente, anche con una sola passeggiata nelle campagne, si scopre il risultato desolante del fenomeno dell’abbandono: si vede un grande numero di piante inselvatichite e la superficie, una volta coltivata, progressivamente invasa dal bosco.

Finora non sembra che siano disponibili dei dati certi relativi al numero di piante abbandonate e nessun tipo di iniziativa è stata attuata nelle aree agricole dell’alto Sangro. In questo senso risulterebbe utile un censimento, già svolto ad esempio in Toscana ad opera di Coldiretti. In questa regione, per limitare il fenomeno dell’abbandono, si sta già facendo qualcosa. Segnalo l’iniziativa di Tommaso Dami che nel 2021 ha creato la start up Ager Oliva che promuove un progetto di adozione delle piante di olivo in alcune zone della Toscana. Grazie a questa app è possibile adottare una pianta o regalarla al costo di 59 euro. Con questa somma si rende possibile il recupero delle piante e la salvaguardia di un patrimonio paesaggistico appartenente alla storia. I sottoscrittori, al costo di 59 euro l’anno, possono dare il proprio nome alla pianta, andarla a vedere e ricevere una bottiglia di olio extravergine di oliva biologico per ciascuna pianta adottata. Il fine di questa strategia è salvaguardare non solo le piante, ma anche conservare la specificità dei territori.

Naturalmente una iniziativa di questo tipo non può certamente rivelarsi risolutiva poiché le cause dell’abbandono sono molteplici; di conseguenza anche le iniziative da mettere in atto per arrestare questo fenomeno e tentare di recuperare gli oliveti devono essere diverse. L’obiettivo a cui tendere è salvare una coltura tipicamente mediterranea e una componente essenziale del paesaggio di alcune regioni italiane.

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