Gastronomia

LENTICCHIE A TAVOLA. PRANZO DI FINE ANNO CON IL CIBO DEI PATRIARCHI

Alimento base per i popoli nomadi fin dal Neolitico, il piccolo e nutriente legume per secoli è stato bistrattato, ma una consuetudine tutta italiana lo vuole elemento beneaugurante

27 dicembre 2003 | G. F. Giunchi

Migliaia d'anni, prima che nelle terre centrali d’Egitto l’uomo ne iniziasse la coltivazione, le lenticchie erano uno degli alimenti base dei popoli nomadi, che fin dal Neolitico le trovavano spontanee lungo i percorsi delle pianure, che dall’Asia Centrale giungono fino alle coste meridionali del Mediterraneo. Dall’antichissima Pelusio sul Nilo, che un mito vuole patria del grande Achille e zona di maggiore produzione di allora, le navi egizie rifornivano regolarmente i porti di Grecia ed Italia.
Chi rapito, ammirasse la geometrica purezza dell’obelisco egizio al centro del colonnato di Piazza S. Pietro, sappia che fu portato a Roma nel I secolo per volere di Caligola. E attraversò il Mediterraneo su una nave, immerso e protetto da un carico di lenticchie.

Che cosa fosse questo piccolo e nutriente legume nell’antichità, lo racconta il notissimo episodio biblico del Libro della Genesi, ove si narra dei Patriarchi e dei figli d'Isacco, dai quali ebbe inizio la storia d’Israele. E’ il primo cibo preparato dall’uomo del quale si ha testimonianza scritta, non meno di 4000 anni fa. Quale esordio, e in quale libro!
Esaù stanco, affamato e odiato da Dio, cede per un piatto di minestra di lenticchie al gemello Giacobbe, opportunista e con i favori del Creatore, il suo diritto di primogenitura, ovvero la condizione d'essere lui il padre, la guida ed il re degli ebrei, combinando una compravendita cosi sfavorevole all'uno, quanto favorevole all'altro, che ancora oggi nei modi di dire, un piatto di lenticchie, significa ricevere un valore infimo, rispetto a quello che si dà in cambio. Da allora l’antica tradizione ebraica, voleva che gli Ebrei le mangiassero quando erano in lutto, in ricordo di Esaù che aveva perduto quanto aveva di più prezioso.
Le lenticchie, che oggi sono per lo più relegate a cibo stagionale e di ricorrenza nei paesi ricchi, furono, per millenni, uno dei prodotti più importanti nell’agricoltura e nel commercio del Mediterraneo e alimento fra i più comuni ed apprezzati ad Atene come a Roma, dove Plinio le loda, per il loro valore nutritivo e per la virtù di infondere tranquillità all’animo.
E' alla denominazione latina della loro minestra, puls-lentis che deriverà pulmentum, italianizzato prima in pulmento per poi, con l'arrivo del mais, fissarsi definitivamente in polenta.
Cibo riferito a controverse interpretazioni, le lenticchie furono nell’antichità, collegate simbolicamente alla morte.
I Bramani non le mangiavano perché le assimilavano al sangue coagulato e Artemidoro, nell'interpretazione dei sogni, afferma che annunciano lutti.
Il motivo dei sogni tormentati, sarà ancora vivo nel Rinascimento e ripreso negli scritti sulla sanità da Alessandro Petronio e Castor Durante, che le definisce cibo caldo e secco nel secondo grado, particolarmente adatte a coloro che vogliono vivere castamente.
Seguendo il destino d'altri alimenti, nel Medioevo le lenticchie furono relegate dai ceti ricchi nel conto dei cibi vili, e mangiate quasi esclusivamente nei conventi e fra la povera gente dove ebbero la considerazione che meritavano, per l’insieme di quelle qualità che la saggezza popolare sempre riconosce; fare bene, piacere, nutrire e costare poco.
Per secoli perdurò l’esilio. In Francia, ancora al tempo di Louis XIV erano considerate cibo buono per i cavalli, e Alexander Dumas nel suo Grand Dictionnair de Cuisine del 1873, le considerava un cibo pessimo. Dumas non fu mai considerato un sensibile gastronomo da Gioacchino Rossini.
Ma chi possiede il blasone dell’eternità non è toccato dalle mode. Cosa potevano le simbologie di morte, i tormenti del sogno, i superficiali giudizi di gente leggiadra e rea all’antico cibo dei Patriarchi; emblema di un baratto voluto da Dio, che decise il destino d'Israele? L’istintivo sapere impone di conservare le antiche memorie. Nessuna volontà potrà annientarle. Rimarrà sempre una traccia a proiettare immagini rivelatrici. E vi saranno sempre, testimoni che non vogliono dimenticare.
Tutto fu risarcito! Dopo che i nipoti parigini dei mangiatori di lenticchie, ebbero saldato i conti con i nipoti del Re Sole, una sempre più diffusa consuetudine alimentare italiana ha ritualizzato, presso tutti gli strati sociali, il mangiare lenticchie come augurio di prosperità per l'anno che deve arrivare.

Una lunga tavola di fine d’anno. Al centro, come chiglia sull’acqua, il piatto ovale delle lenticchie nell’aura calda del fumo accoglie, untuoso e pesante lo zampone ad evocare, avvolto nei notturni vapori del Nilo, il carico della nave egizia e l’antico obelisco, che l’Imperatore Romano, solitario e folle voleva per la sua gloria e, come tutti i mortali, per trasfigurare la vertigine del tempo che passa.