Quo vadis 08/11/2019

L'olivicoltura del promontorio del Gargano, un passato lontano e un futuro tutto da scrivere

L'olivicoltura del promontorio del Gargano, un passato lontano e un futuro tutto da scrivere

Non solo storia passata, con il promontorio del Gargano che può vantare una storia millenaria, visto che fiorì durante la colonizzazione greca. Occorre dare spazio anche i valori culturali più recenti a partire dai fumetti di Andrea Pazienza e le canzoni di Max Gazzè


Il promontorio del Gargano, il cosiddetto sperone d'Italia, riesce a meravigliare anche il turista più distratto con i suoi scenari naturali di incredibile bellezza. Il paesaggio varia sensibilmente dalla parte più aspra e selvaggia dei rilievi montuosi interni a quella rigogliosa delle pinete, dei singolari agrumeti, fino alle distese degli alberi di olivo che arrivano quasi a toccare il mare. Su questa terra l'acqua e il vento con la loro azione erosiva sulla roccia calcarea, hanno contribuito a formare numerose grotte marine e diversi bacini lacustri. Questo ricco ecosistema dal clima mediterraneo ha permesso la coltivazione dell'olivo, del grano, della vite ma anche degli agrumi che insieme alla pastorizia e alla pesca costituiscono un patrimonio agricolo e rurale di grande importanza.

Probabilmente l'olivicoltura fiorì con la colonizzazione greca che, secondo alcune leggende legate al mito e alla storiografia del territorio, iniziò quando Diomede, eroe greco della guerra di Troia, approdò su queste coste e strinse rapporti di alleanza con l'antica popolazione Dauna, che stanziava in piccoli villaggi nella Puglia settentrionale. L'eroe godeva della protezione di Atena, la dea che aveva donato l'olivo agli greci, venerata come protettrice della guerra giusta, della sapienza e delle arti.  I recenti scavi condotti nella grande necropoli del Monte Pulci, appena sopra la piana di Calenella, hanno portato alla luce un sigillo d'oro di epoca romana impreziosito da un'agata blu, su cui è incisa un'immagine riconducibile a Diomede che stringe in mano il Palladio, l'immagine sacra di Atena. Il sigillo, custodito nel Museo di Vico del Gargano insieme ad altri ornamenti antichi, rappresenta il primo ritrovamento nel Gargano di una effige dell'eroe greco.

I Romani, arrivati nella seconda metà del IV secolo a.C.  fondarono importanti centri costieri che servivano a controllare i commerci marittimi tra Occidente e Oriente. Nel I secolo a.C.  Merinum (Vieste) veniva riconosciuta come zona importante per la produzione di olio d'oliva e vino. Fu nel successivo periodo normanno, con la venuta di Federico II di Svevia, che le città di allora come Vico e Vieste assunsero la struttura urbanistica così come la conosciamo, con la costruzione di cinte murarie e castelli per difendersi contro gli attacchi dei Saraceni. Anche la produzione di olio si strinse ancora di più intorno ai nuclei urbani e divenne un'attività di estrema importanza per gli abitanti. Ne troviamo testimonianza nel "trappeto di Maratea", antico frantoio ipogeo risalente al XIV secolo situato nel centro storico di Vico del Gargano- borgo riconosciuto tra i più belli d'Italia -in cui sono conservate le antiche macine e altri strumenti di lavoro dell'epoca.

Nonostante il trascorre dei secoli ancora oggi l'arte olivicolo-olearia rappresenta una risorsa agricola ed economica molto sentita dalle comunità locali e che unisce Vico,Vieste e Carpino nell'Associazione Nazionale Città dell'Olio.

La cultivar storica e maggiormente diffusa è l'Ogliarola garganica. Si estende su circa  il 90% dell'area olivetata del Gargano, zona di produzione della DOP Dauno che comprende numerosi comuni della provincia di Foggia. Oliveti tradizionali con maestosi alberi secolari si alternano ad altri intensivi con piante più giovani.

Gli oli che si estraggono da questa varietà generalmente esprimono un fruttato medio, con note prevalenti di mandorla fresca e una buona armonia di sapori, mentre i toni dell'amaro e piccante restano contenuti e morbidi sul palato. Accompagnano bene i piatti  della tradizionale cucina  di mare e di terra, come il pancotto con verdure e patate, le cozze ripiene al pomodoro e le pettole (frittelle di pasta lievitata); oppure la paposcia, una pizza simile a un calzone preparata con l'impasto del pane e servita nella versione più classica con il ripieno di pecorino, olio extravergine e arance.

In occasione del Convegno "Vico del Gargano e Le città dell'olio" che si è tenuto recentemete nell'aula consiliare alla presenza del sindaco Michele Sementino e altri esponenti dell'amministrazione si è discusso intorno al potenziale non ancora del tutto espresso della filiera dell'extravergine che, se ben rappresentata nei mercati esteri, potrebbe più facilmente veicolare una identità viva del Gargano e intensificare i flussi turistici destagionalizzati. Ad esempio durante l'autunno, quando si può assistere ai lavori della raccolta negli oliveti, assaggiare l'olio appena franto, assaporare gli agrumi che maturano anche in questo periodo oppure ammirare il foliage della Foresta Umbra all'interno del Parco Nazionale del Gargano, tra i colori rosso accesi delle singolari faggete.

Bisogna però necessariamente partire dalla produzione, che per quantitativi e qualità quest'anno si prospetta molto incoraggiante con un'attesa per Vico del Gargano di circa 60mila quintali di olive e 10 mila quintali di olio, secondo i dati emersi durante il Convegno.

Restano comunque aperte quelle che negli ultimi anni sono state le priorità del settore: contrastare il fenomeno dell'abbandono degli oliveti, favorire l'insediamento dei giovani imprenditori, accogliere e gestire la forza lavoro stagionale sull'esempio della città di Carpino, snellire gli adempimenti burocratici e creare efficaci reti di impresa per migliorare e ampliare i servizi sul territorio. Non da ultimo incentivare e agevolare gli investimenti nelle innovazioni tecnologiche sia in campo che in frantoio.

In questa direzione negli ultimi anni si è lavorato con molta serietà di intenti, tanto che i due oleifici  più importanti della zona- l'Oleificio Fiorentino e l'Oleificio del Gargano- si sono dotati di macchinari di ultima generazione che consentono di estrarre oli di eccellenza. In particolare l'ultimo investimento nell'Oleificio fiorentino ha riguardato la messa in opera di una linea di imbottigliamento, che consentirà a tutti gli olivicoltori della zona di etichetttare parte del proprio olio. Questa opportunità, se ben colta, servirà a definire un'immagine di qualità e prestigio ancora più riconoscibile per l'olio extravergine di oliva del Gargano.

L'auspicio è che nel frattempo siano sempre di più i giovani intenzionati a non allontanarsi, motivati da un legame profondo con il territorio intriso di storia, cultura e spiritualità, che ha affascinato e ispirato artisti anche di fama contemporanea, come il fumettista Andrea Pazienza che amava tornare in questi luoghi d'infanzia; o il musicista Max Gazzè che ha tradotto in una bellissima canzone la leggenda di Pizzomunno e Cristalda ambientata nella spiaggia di Vieste, dove si trova un alto faraglione a cui è stato dato il nome di Pizzomunno, in ricordo della loro storia d'amore.

di Simona Cognoli

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