A regola d'arte 11/11/2016

Andare oltre la tradizione, il vino novello per tutte le stagioni

In Francia il consumo di questo vino non si limita al rituale del mese di novembre in abbinamento con le caldarroste. Anche in Italia possiamo osare, dall'aperivo fino ad antipasti cremosi


Colori d’autunno, sapori d’autunno: è tempo di funghi, castagne, zucche, kaki e … vino novello.
Appunto, vino novello. Più che un vino direi un marasma visto lo scompiglio che crea sempre tra i pro e contro; divide come le partite di calcio o le varie tornate elettorali.

C’è chi lo considera una mera trovata di marketing, c’è chi lo apprezza e lo considera ormai come una sorta di rituale, un modo per festeggiare e per creare convivialità.

Si potrà essere “novellisti” o meno, ma bisogna riconoscere che questo vino è ormai a tutti gli effetti un prodotto “classico” dell’ enogastronomia nostrana; e non solo di quella nostrana. Il novello ha riscosso un grande successo fin dagli albori (anni ’50) un po’ in tutto il mondo, anche se oggi dopo decenni di incrementi nella produzione e nel consumo ha perso un po’ di smalto.

Visto tale successo viene da domandarsi: ma il vino novello è solo il “rituale delle castagne” o può essere bevuto tutto l’anno?

Anzi tutto facciamo un po’ di chiarezza. Il novello - che è ben diverso dal vino nuovo – è il vino che viene prodotto con il metodo della macerazione carbonica (ideato dall’enologo francese Michel Flanzy).

Esso consiste nel mettere i grappoli interi in serbatoi d’acciaio saturi di anidride carbonica, dove restano per circa 2-3 settimane a temperatura costante di 28-30°, stimolando così un’autofermentazione enzimatica che accellera grandemente la trasformazione di mosto in vino. Quest’ultima si completerà con una normale pigiatura e fermentazione di quattro, sei settimane.

Un processo molto rapido che lo rende subito pronto al consumo, fin dal mese di novembre (in Italia viene immesso sul mercato a partire dal 30 ottobre).

Inizialmente questo vino veniva prodotto solo in Francia, di fatto la patria del novello, nella regione del Beaujolais. Oggi viene prodotto un po’ dappertutto.

In Francia il consumo di questo vino non si limita al rituale del mese di novembre in abbinamento con le caldarroste, ma viene consumato praticamente tutto l’anno (… non proprio avendo questo vino dei limiti conservabilità che non vanno oltre i 6 mesi; ma si parla anche di 8-12 mesi).

In effetti il novello è un vino giovane e piacevole, dagli aromi spiccatamente fruttati e vinosi, facile da bere. E viste tali caratteristiche potrebbe anche avere un ruolo importante nell’ “iniziazione” alla cultura enofila di persone totalmente ignare in tema di vini, facendogli riscoprire e apprezzare le virtù del “nettare di Bacco”.

Entrando più in dettaglio nell’analisi sensoriale, la macerazione carbonica lascia la sua impronta tipica su questi vini. I colori presentano tonalità vive, dall’intensità più o meno carica a seconda del vitigno da cui provengono; tipiche le note di mosto, di frutti rossi come fragole e ciligie, e di caramelle. Basso il tenore in tannini.

Altro elemento principe è la caratteristica morbidezza, legata alla presenza di grandi quantità di polialcoli generati dalla fermentazione carbonica.

Il vino novello potrebbe essere un buon vino per un aperitivo; ma altresì in contesti più “impegnativi” accompagnando sia antipasti di salumi e formaggi cremosi, sia piatti più importanti come terrine di pollo o anatra, o secondi di carni bianche. Non si abbina certo con piatti tanto strutturati e saporiti.

Diciamo che potrebbe essere consumato in serate particolari dove serve un tocco di originalità.

Ma insomma, bando alle ciance, diamo inizio a questa “sperimentazione”.

di Emiliano Racca