Turismo

Agriturismo e B&B, due direttrici per il futuro dell’accoglienza in Italia

Un Paese considerato troppo caro per i turisti? Da quando la legge ha attribuito alle Regioni la competenza esclusiva in materia di turismo, si è assistito a una frammentazione dell’offerta. Qual è allora la strada da percorrere? L’analisi del settore e le riflessioni di Daniele Bordoni

15 maggio 2010 | Daniele Bordoni



L’Italia, non occorre più di tanto ricordarlo, è un Paese ineguagliabile per la combinazione di arte, storia, cultura e bellezza paesaggistica. Solo questo dovrebbe essere motivo più che sufficiente per attirare il turismo, soprattutto dall’estero, in misura crescente, ma al contrario abbiamo assistito da oltre 30 anni ad una costante erosione di fette di mercato.

Questo fatto, come rilevato in un po’ tutti i convegni sul turismo, sembra completamente ignorato da coloro che istituzionalmente si dovrebbero occupare di turismo, a livello sia nazionale che, ancora di più, a livello locale. Da quando la legge ha attribuito alle Regioni la competenza esclusiva in materia di turismo, si è assistito ad una frammentazione dell’offerta turistica in mille rivoli, scollegati, ognuno preoccupato della propria situazione senza alcun coordinamento o unità di intenti.

Questo sbandamento è sicuramente tra le cause, non l’unica, che hanno portato ad un progressivo impoverimento delle presenze, soprattutto straniere, ma, quello che è ancora più grave, ad un calo, se non un crollo dei fatturati, accentuato da una crisi economica come quella attuale e senza precedenti.

In questo contesto, non idilliaco, hanno mantenuto le posizioni le fasce medio - basse della ricettività, grazie soprattutto ai campeggi, ai bed & breakfast e, in parte, anche agli Agriturismi. Si, in parte, perché nel corso degli anni, in alcune aree di maggiore richiesta, si sono viste crescere strutture non proprio economiche, ma di un certo livello.

Il problema del nostro turismo non è mai stato nella carenza della ricettività d’alta fascia, sempre presente e di riconosciuta competenza e professionalità, ma nelle fasce medio basse, in cui la carenza ricettiva era talvolta drammatica, come nel caso di Roma durante il Giubileo. È impensabile che una città come Roma, non avesse strutture ricettive sufficienti ad attutire l’impatto di centinaia di migliaia di pellegrini. Allora venne in soccorso la nascente attività di Bed & Breakfast, che poi si diffuse sempre di più in tutto il territorio nazionale e case religiose del clero. Anche la Chiesa mise a disposizione strutture e case che precedentemente non venivano né utilizzate, né valorizzate e da qui partì un nuovo approccio che continuò anche dopo il Giubileo, con l’apertura sempre più frequente di strutture religiose anche ai turisti, non solo ai pellegrini.

Ancora oggi non tutte le carenze ricettive nel settore medio - basso sono state colmate, ma la situazione è più accettabile. Intanto però i numeri ci dicono che pur aumentando le presenze nei B&B questo incremento non è e non è stato sufficiente a frenare il calo generale, anche se lo ha in parte mitigato. Non dello stesso avviso sono gli albergatori, più attenti al fatturato, che alla cifra delle presenze in sé e loro affermano che le entrate dalla fascia medio - alta, alta e lusso si sono drammaticamente ridotte, creando molte difficoltà e diverse chiusure.

Interroghiamoci allora, crisi a parte, su quello che il turista straniero desidera trovare in Italia e perché ha deciso di rinunciarvi. In primo luogo è il prezzo, percepito come eccessivo, non in senso assoluto, ma, dal momento che parliamo di mercati internazionali, in senso relativo al mercato internazionale delle vacanze. Quasi tutti coloro che ho contattato nel corso di diverse fiere internazionali sul turismo, mi hanno confermato di percepire l’Italia, come un bellissimo Paese, ma troppo caro per le loro possibilità.

Ma il prezzo e la politica dei prezzi, mai avuta neppure quando il turismo era promosso centralmente da parte dello Stato, non è l’unica problematica presente. Oggi il turista cerca le atmosfere di vita “vera” vissuta e non di apparenza e di fredda professionalità, offerte dalle strutture tradizionali. Ecco perché le nuove attività turistiche (ancora troppo poche per la verità) stanno avendo così tanto successo. In realtà il loro numero è già considerevole, ma non è alto in rapporto alla capacità ricettiva che possono offrire sia gli Agriturismi, che, ancora di più i Bed & Breakfast.
Poi dovremmo affrontare il discorso della qualità dell’accoglienza. Se il turista straniero attuale si rivolge sempre più a strutture di natura familiare e informale, significa che desidera avere un rapporto più stretto con chi accoglie, non un “semplice ospite” ma un gradito visitatore, talvolta persino un amico. Di recente si sta assistendo a questa ulteriore evoluzione della domanda turistica verso atmosfere più informali, spontanee e autentiche (nel senso di originali e non artefatte).

Il recente dibattito, anche acceso provocato da altri miei interventi relativi agli agriturismi, ha messo in luce alcune contraddizioni: da un lato c’è chi vuole sinceramente dedicarsi ad un’attività ricettiva mettendo a disposizione la propria esperienza contadina e supplendo alle possibili carenze professionali con la cordialità e la simpatia. Dall’altro c’è chi ha fiutato l’affare e, forte di robusti investimenti, mette in piedi strutture di lusso per attirare il turista, soprattutto straniero e ottenere lauti guadagni, oltre che veder crescere il valore dell’azienda, dell’immobile e dell’area.

Le autorità sembrano non favorire quello che era probabilmente l’intento originario di promuovere un riavvicinamento dei giovani all’attività ricettiva legata alla terra, ma, al contrario, pongono vincoli rigidi, chiedono un’ampia serie di costosi adeguamenti, anche per strutture piccole e autenticamente familiari, col risultato di allontanare, anziché avvicinare i giovani alla terra.

All’interno del malessere del settore del turismo in generale esistono queste problematiche che non aiutano certo a coordinarsi ed offrire un’immagine univoca nei mercati internazionali, presentandoci in ordine sparso e creando solo grande confusione e offrendo un’immagine negativa, oltre che portando il rapporto costi promozionali - benefici a livelli molto mediocri.

Qual è allora strada da percorrere? Non è difficile comprenderlo, perché, in parte il discorso è già noto, all’aspetto arte, natura e cultura, va evidenziato quello dell’enogastronomia, punto di forza del nostro Paese, che in sostanza è parte integrante della nostra cultura sin da tempi immemorabili.

Il come è tutt’altro discorso. Come abbiamo detto, dobbiamo privilegiare l’accoglienza di tipo familiare, sfruttando la naturale predisposizione del carattere dell’Italiano, molto aperto e comunicativo e trasformandola in punto di forza della nostra capacità d’accoglienza. Occorre poi diminuire gli adempimenti legali, che, in molti casi, non salvaguardano affatto il turista, ma sono al contrario inutilmente costosi e non favoriscono le espansioni delle attività di piccola dimensione. Per meglio chiarire, se gli adempimenti normativi richiedono l’impiego di fondi considerevoli ed una certa cifra di costi fissi è ovvio che solo aziende di fatturato consistente possano sostenerli, col risultato di penalizzare tutte le strutture medio - piccole.

Alla luce di quanto detto, se si riducessero gli adempimenti inutili (oltretutto richiesti solo in Italia), si favorirebbero le strutture come le piccole pensioni, alberghi e gli agriturismi, a patto che questi ultimi sappiano trovare o meglio ritrovare lo spirito originario da cui sono sorti, si potrebbe assistere ad una nuova stagione di rilancio, in presenza però di un’attenta e condivisa politica di prezzi. Attenta al mercato e condivisa dagli operatori.

I Bed & Breakfast possono fare la loro parte, ma non possono da soli sopperire alle carenze ricettive di molte aree d’Italia, che creano una forte stagionalizzazione e quindi prezzi molto elevati per un breve periodo. Infatti, un altro problema tipico del turismo italiano è la forte componente stagionale, che vede una forte carenza di strutture nell’alta stagione, prezzi elevatissimi e abbondanza di strutture vuote nella bassa stagione, a cui neppure un ribasso dei prezzi riesce a porre rimedio.

Per troppi anni si è vissuto di rendita sul nostro clima, sul sole e sul mare e poco si è fatto per elevare la varietà dell’offerta turistica, pur in presenza, come già detto, di enormi potenzialità. L’immagine “Italia” è poco visibile a livello internazionale, come luogo d’attrazione turistica almeno selezionata, dal momento che turistica di massa non lo è più da tempo. Non dimentichiamo che la disintermediazione del turismo, nata dalla presenza delle prenotazioni online di strutture ricettive e di voli low cost ha sconvolto il mercato del turismo in maniera definitiva. La consapevolezza anche di questo fattore può però essere un punto a nostro favore. Se non siamo più una meta di massa, restiamo una meta di “ qualità “ e questa qualità, proprio come conseguenza di costi di trasporto ridotti è alla portata di un numero di potenziali turisti decisamente più ampio che in passato.

In fondo, proprio per il fatto che il prodotto turistico è immateriale e consiste nell’esperienza del turista (che dovrebbe essere unica e positivamente indimenticabile), noi abbiamo un prodotto unico da proporre ed è la nostra “Italianità”, con molti pregi e pochi difetti, numerosissime qualità, che hanno fatto apprezzare il Made in Italy in tutto il mondo. Il vero Made in Italy non è quello dei prodotti di grande qualità esportati con successo in tutto il mondo, ma ciò che lo alimenta, come lo stile e il pensiero Italiano. Vi sono profonde radici culturali, testimoniate dal più grande patrimonio artistico del mondo. Se uniamo questo agli aspetti più evidenti e moderni della nostra cultura, tra cui la moda, il gusto estetico e anche l’enogastronomia, possiamo godere di una capacità attrattiva di gran lunga di maggiore di qualsiasi altro Paese.

Se a tutto questo riusciamo a unire e veicolare l’immagine di un’accoglienza calorosa e familiare, e di quello che può essere definito in una parola l’essere Italiani, ritengo avremmo moltissime probabilità di rilancio, ma dobbiamo essere i primi noi a crederci e dobbiamo imparare ad essere più coesi e solidali, cosa che in genere rientra meno, seppur non del tutto estranea, nel nostro carattere nazionale.

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