Libri

UNA COMUNITA’ D’ANIME DA SALVARE E LE FATICHE DEL VIVERE

Lo scenario di una grande parrocchia metropolitana, con i fedeli che esprimono la decadenza di una società alla deriva e l’altalenante impegno di un giovane sacerdote diocesano al suo primo incarico, diviso tra voglia di agire, smarrimenti ed esitazioni. Si intitola Per queste strade familiari e feroci (risorgerò) il nuovo romanzo di Ferruccio Parazzoli

01 maggio 2004 | Luigi Caricato

Il nuovo libro di Ferruccio Parazzoli è assolutamente da leggere. Appartenendo noi tutti - che lo si voglia ammettere o meno - a una società dalla consolidate radici cattoliche, il riferimento all’identità religiosa è imprescindibile. Sì, perché nonostante i tempi attuali siano difficili da accettare con benevolenza, e si presentino perfino con modi assurdi e grotteschi, conditi da uno stato di perenne disorientamento e incertezza, non si può certo negare la nostra comune identità, riconducile a un luogo di vita socializzante che ha attraversato e coinvolto intere generazioni. Siamo tutti vissuti bene o male all’ombra delle parrocchie, abbiamo creduto o finto di crederci, e oggi viviamo gli esiti di quella che gli antropologi chiamano “secolarizzazione”. Questa parola così impervia e minacciosa ha però lasciato i suoi indelebili segni oramai da tempo, nel profondo delle coscienze. Le parrocchie sono in crisi, come lo sono le famiglie e gli stessi individui che ne compongono le comunità. La ricerca del senso del vivere diventa sempre più un passaggio problematico, anche per gli stessi sacerdoti, che non sono di certo immuni dalla fatiche dell’esserci. Con tali motivazioni lo scrittore Ferruccio Parazzoli ha voluto confrontarsi con un mondo in grande ed evidente crisi, non solo in fatto di calo di vocazioni, ma pure per una mancanza di risposte adeguate al senso stesso della vocazione. Nonostante tale premessa, tuttavia, il romanzo non è da ritenersi destinato al solo pubblico, ristretto, degli addetti agli altari; non è un libro per pochi, anzi, sarebbe potenzialmente un best sellers, come tale, se solo ci fosse il coraggio di accettare la realtà per quello che è, e confrontarsi con temi impegnativi, da cui non si può fuggire semplicemente evitandoli.



E’ un romanzo complesso ma colloquiale quello di Parazzoli, diaristico per certi versi: offre al lettore un quadro d’insieme esatto e senza fingimenti. L’io narrante è anche il protagonista del romanzo, di nome don Ennio, un ragazzo di fresca nomina, sano, propositivo, ma fragile e inesperto nell’affrontare le mille asprezze della vita, un po’ timido ed esitante, in molti casi incerto (“Una risposta ci doveva pur essere, ne ero certo, nei tanti libri su cui avevo studiato” dice a se stesso di fronte a gente beffardamente atea, che da lui invece si attende risposte importanti e definitive sul senso della fede), ma non sempre il giovane prete è pronto, scopre così che la missione che ha intrapreso, di pastore d’anime, è assai dura. Il giovane sacerdote è comunque animato da uno spirito volitivo e cerca di andare avanti senza ritrosie sul difficile campo di battaglia ch’è il quotidiano vivere; passa molto tempo lungo le strade di una Milano che appare sorda ai richiami della fede e tenta perciò, con il suo personale approccio, di avvicinare direttamente i fedeli, per conoscerli meglio, per non lasciarli soli. Si affida a un padre spirituale un po’ anomalo, un sacerdote inviso alle autorità ecclesiastiche e sveltamente emarginato dalla Curia, allontanato e lasciato a se stesso, ma ricco in ogni caso di umanità e di buoni pensieri, l’unico in grado “di fare pulizia” dentro la testa di don Ennio e aiutarlo nelle decisioni più difficili.

Nulla però è facile, nulla appare scontato. L’esempio di un altro sacerdote, che prima di lui operava in parrocchia e che si è invece arreso, di ritorno da una missione in Perù, lo disorienta: non ne comprende le ragioni. E’ vita difficile quella del prete, soprattutto quando la gente sfida i sacerdoti e pretende che questi siano pure perfetti e senza tentennamenti.
Don Ennio però si impegna, non si tira indietro, anche se affiorano i ricordi del passato, i trascorsi familiari tutt’altro che sereni. La sorellastra che ha visto rare volte, solo da bambino, la incontra dopo molti anni, quando questa vive la separazione sbrigativa e traumatica, ma non certo indolore, dal marito; quando la donna soffre la contemporanea presenza asfissiante dell’anziano padre, con le non facili necessità quotidiane di assistenza. Cosa fare allora di un padre che non ha saputo dare amore e neppure è capace di chiederlo o manifestarlo? Mandarlo in ospizio? Come può intervenire in tal caso un figlio ch’è peraltro anche “sacerdote”?
Tante le domande, le inquietudini, le tensioni evidenti o sottaciute. Anche i preti si scoprono deboli e bisognosi di sostegni. Però alla fine accade sempre qualcosa che fa rinsavire e ridona la speranza. Don Ennio ha la voce del suo padre spirituale che lo assiste e lo conforta, anche se tutto è destinato a finire, irrimediabilmente. La vita non è eterna e il nostro corpo risente dei limiti che lo caratterizzano. Tutto finisce, ma tutto riprende nuovamente corpo. Scompaiono le persone care, accadono eventi luminosi e tristi, si avvicendano storie minime positive accanto a episodi edificanti.
A tenere saldamente unita la trama del romanzo, e a renderla anzi catturante, è il legame tra Paola, una volontaria preda di persone che approfittano della sua bontà, e don Ennio, che forse l’ama come un uomo sa amare una donna. Aggredita e picchiata, Paola subisce violenza ed è in ospedale in fin di vita. Chissà se le preghiere e l’amore di don Ennio la salveranno. “Questa nostra umanità affaticata – dirà il sacerdote -, questi nostri corpi stanchi che si esauriscono in una ininterrotta e pesante catena di azioni quotidiane non saranno gettati via nell’ora della nostre morte, quando sembrerà che tutto sia stato inutile”.

Il romanzo di Parazzoli si muove piano, riflessivo, narra una storia in apparenza semplice, ma legata in realtà a molteplici rimandi paralleli; sviluppa un tema molto attuale (si pensi che proprio in questi mesi la Cei, l’assemblea dei vescovi, dibatterà l’argomento approfondendo la concezione della parrocchia nelle sue dinamiche evolutive), un tema forse poco attraente in sé, considerando che c’è ancora chi rifiuta in modo pregiudiziale l’appartenenza religiosa, ma reso assai appetibile attraverso la formula del romanzo. Per queste strade familiari e feroci è un libro in cui la narrazione si fa struggente e intensamente vera, felice per stile e limpidezza. Occorre solo leggerlo, per percepire il senso salvifico dell’esistenza: “Come potrà non amarci Dio”, nonostante l’evidenza del male invada inarrestabile il mondo e le coscienze?


Ferruccio Parazzoli, Per queste strade familiari e feroci (risorgerò), Mondadori, 271 pagine, 17,00 euro.



Invito alla lettura
C’è nell’aria un’immagine di potenza che uccide. O sei al massimo livello, o sei pietra di scarto. Questa è la legge di una società che avanza pretese sulla tua vita. E tu, se non vuoi essere emarginato, sei costretto a stare al passo. Il passo micidiale di una società che non accoglie e non ama la tua debolezza, la misura che Dio ha chiuso dentro di te. E così ci parliamo da maschera a maschera, non da volto a volto. Il volto è fragile, indifeso, è debole il volto… E’ sentirci amati, amati nella nostra debolezza, che mette fine alla grande mascherata. Proprio perché tu mi ami così come sono e non come dovrei essere, posso mostrarmi a te.
Ferruccio Parazzoli

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