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Il bio conteso tra supermercati e specializzati
Ormai la Grande Distribuzione si è appropriata del bio, con incrementi a due cifre nelle vendite ma anche nelle referenze a scaffale. La corsa alle private label di alimenti bio ne è una conferma. Intanto il cantiere europeo è aperto, apertissimo
18 maggio 2018 | Rosa Maria Bertino
Il confronto fra due canali distributivi, quello storico dei negozi bio e quello emergente dei supermercati. Un confronto impari, se giocato solo sul versante dei prezzi. Ma, se è vero che non sopravvive il più forte, né il più intelligente, ma il più aperto al cambiamento, allora i negozi bio hanno molte frecce al loro arco. Perché non si tratta solo di vendere. La parola chiave è coinvolgere...
Un Focus, tre dimensioni
È paradossale. L’era dell’informazione digitale, istantanea, accessibile a tutti, 24 ore su 24, è anche quella più segnata dalla proliferazione incontrollata di notizie false. Ecco perché Bio Bank parte sempre dai censimenti annuali, che danno vita a statistiche e commenti. Sono queste le tre dimensioni del Focus Bio Bank - Supermercati & Specializzati 2018, per contribuire a una descrizione condivisa della realtà del biologico in Italia. 78 pagine ricche di dati, informazioni e infografiche, tutte da sfogliare, leggere e consultare liberamente su Issuu.com
Cosa emerge dai dati Bio Bank
L’anno zero per il biologico tra supermercati e specializzati è stato il 2015? Guardando l’andamento delle vendite nei due canali nell’ultimo decennio sembra proprio di sì. Dopo il sorpasso di vendite bio del 2014 (855 milioni di euro nei supermercati contro 761 nei negozi bio) e il testa a testa del 2015 (873 contro 862), il 2016 svetta (1.191 contro 892) con incrementi a due cifre per i supermercati (+36%) rispetto ai negozi (+3%).
La corsa alle private label di alimenti bio ne è una conferma, visto che le referenze si sono moltiplicate per cinque, passando dalle 644 del primo censimento Bio Bank del 2001 alle 3.529 del 2017. Ma con un balzo decisivo nel 2015. Oggi le prime tre catene, sulle 22 censite, sono Coop con 604 prodotti, Iper con 371 e Carrefour con 308.
Le referenze medie per catena salgono a quota 160 rispetto alle 136 del 2015. Ed è solo la punta dell’iceberg.
L’offerta complessiva è ovviamente molto più vasta, se si sommano i prodotti bio a marchio dei produttori.
Dieci invece le catene con private label equosolidali rilevate, per un totale di 62 referenze, con una media di 10 referenze per catena.
Grande fermento intorno alla cosmesi naturale e bio: otto le catene con una private label dedicata, censite per la prima volta da Bio Bank, 135 il totale delle referenze, 17 la media delle referenze in assortimento per catena.
Raccolte anche le immagini per vedere a colpo d’occhio tutti i brand e i prodotti e capire lo sviluppo della marca sul packaging tra marche trasversali, marche bio dedicate e bollini per identificare il bio nelle marche convenzionali.
Ampliata anche la sezione dedicata ai negozi bio, dove viene pubblicato il primo censimento delle aggregazioni di negozi: da quelle esclusivamente commerciali e promozionali fino al franchising. Fenomeno che riguarda 912 negozi bio sui 1.437 censiti, con un’incidenza del 63%, in crescita lenta ma progressiva.
Cantieri aperti
Intanto il cantiere europeo è aperto, apertissimo. In Francia c’è chi inaugura nuovi punti vendita specializzati nel bio. Come Carrefour arrivata a quota 15 con i suoi Carrefour Bio. Come Auchan che prima ha aperto i due punti vendita pilota Cœur de Nature e poi ha inaugurato il primo Auchan Bio a Lille. E Leclerc annuncia una grande offensiva sul bio nel 2018, con l’apertura di ben 200 specializzati, mettendo in pratica il motto di Bio Village, la sua private label: Passare al bio non è mai stato così facile.
In Germania, invece, Rewe chiude con gli specializzati bio Temma e punta diritto sulla marca Rewe-Bio che conta già 600 referenze. Ma, grazie all’esperienza di Temma, introdurrà la gastronomia biologica nei tremila supermercati Rewe.
Come scrive il sito specializzato Bioaddict.fr “Il biologico, quello vero, sano, etico, giusto, locale, di stagione... saprà resistere alla pressione della grande distribuzione?”
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