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CON "L'ORATORIO DELLA PESTE" LA CONFERMA DI UN NARRATORE COLTO E RAFFINATO
Il secondo romanzo di Raffaele Gorgoni, edito da Besa, ha uno sguardo aperto al Sud, pronto a svelare gli arcani di un Salento magico e seducente. Dopo aver indagato sul segreto di Otranto, ora pone l'attenzione su una città dall' inafferabile volto qual è ancora oggi Lecce
11 marzo 2006 | Luigi Caricato
Partiamo da un dato di fatto incontrovertibile: la Puglia manca di talenti letterari.
A parte Carmelo Bene, e in misura minore Eugenio Barba per il teatro; Vittorio Bodini, Girolamo Comi, Raffele Carrieri, Salvatore Toma e Cosimo Ortesta per la poesia, la narrativa non ha avuto purtroppo elementi di particolare spicco, se non fosse per lâeccezione rappresentata da Giuseppe Cassieri e da poche altre realtà , in ogni caso marginali, da Giuseppe Lanza del Vasto, più conosciuto e apprezzato in Francia, a Tommaso Di Ciaula, fino a Nino Palumbo e allâanomala prosa di Antonio Prete.
Oggi tale lacuna è in parte colmata, rispetto al Novecento appena concluso.
Ci sono nomi nuovi giunti alla ribalta nazionale, dai magistrati Giancarlo De Cataldo e Gianrico Carofiglio, con gialli e thriller di successo, ai più giovani Mario Desiati, Francesco Dezio, Nicola Lagioia, Livio Romano, Annalucia Lomunno, Girolamo De Michele, autori, in alcuni casi di genere, in altri invece alle prime prove, tali da non lasciare al momento tracce ben definite, tranne forse nel caso di un talento già sicuro e delineato come Lagioia.
Questi autori costituiscono comunque le nuove speranze su cui poggia il rilancio di una regione purtroppo povera di narratori.
Ora, tra le voci che si sono affacciate in questi ultimi anni, segnalo volentieri Raffaele Gorgoni che con il romanzo Lâoratorio della peste, pubblicato di recente da Besa, si riconferma narratore di pregevole fattura.
Per Gorgoni, apprezzato giornalista di Rai3, si tratta della seconda prova narrativa, visto che il suo esordio risale al 2004 con Lo scriba di Casole, sempre per Besa.
Entrambi i volumi recano curiosamente un sottotitolo, inusuale nei testi di narrativa: âil segreto di Otrantoâ, per lâopera dellâesordio; e âil segreto di Lecceâ, per il romanzo di più recente pubblicazione. Forse un segnale rivolto ai lettori, per catturarne lâattenzione; un poâ come se lâautore avvertisse, con tale vezzo, la necessità di circoscrivere di proposito la narrazione in un ambito più strettamente localistico, nonostante vi sia in verità un respiro più ampio, anche nei temi trattati.
Ciò che emerge con evidenza in entrambe i romanzi, è la necessità , quasi fisica per Gorgoni, di raccontare la propria terra, ma con occhi disincantati e nuovi, e uno sguardo lontano dai cliché abituali; un chiaro proposito, questo, che nelle intenzioni dellâautore pare assumere la precisa volontà di colmare un vuoto letterario intorno al Salento.
Ed è proprio questo sano e convincente proposito che mi fa apprezzare maggiormente Gorgoni rispetto ad altri autori, suoi conterranei e contemporanei: il mettersi in gioco in prima persona, rappresentando con coraggio e convinzione unâidentità forte, di cui essere orgogliosi.
Con Il segreto di Casole prima e LâOratorio della peste poi, si fa largo un autore che ha saputo ripescare abilmente nel passato, senza tuttavia rimanere intrappolato nei luoghi comuni e, ancora peggio, nellâelemento folcloristico in cui sarebbe stato facile cadere.
Il coraggio di tale scelta andrebbe perciò premiato dai lettori più sensibili, anche in ragione del fatto che altri autori preferiscono affidarsi a generi e linguaggi più commerciali e spendibili.
Diventa di conseguenza interessante lâoperazione effettuata sulla scrittura, alla luce di tali propositi. NellâOratorio della peste questa si rivela sin dal primo approccio robusta, continuamente tesa e a tratti perfino eufonica e incalzante. Accanto a formule seicentesche insistite, utili a far calare il lettore nel periodo di cui si narra, è possibile scorgere uno sguardo rapido sulle cose e sui fatti, come avviene con lâavvincente prologo, in cui si ricostruisce con grazia il momento storico. Nel medesimo tempo, è possibile anche individuare la sapiente capacità che Gorgoni riesce a manifestare egregiamente quando si va a soffermare sui particolari più minuziosi, come nel caso della intrigante descrizione dei quadri della residenza cardinalizia di Milano.
Con il suo secondo romanzo, Raffaele Gorgoni si conferma narratore colto e raffinato. Lo sguardo è lucido e costantemente aperto alle molteplici visioni del Sud. Eâ un narratore sempre attento, con uno sguardo pronto a svelare, anche agli occhi del lettore più distratto, gli arcani di un Salento magico e insieme seducente. Le infinite contraddizioni di questa terra sembrano rivelarsi il frutto di un groviglioso crocevia di culture e razze che non ha mai fine, né pace. La storia della città di Lecce si intreccia infine con la grande Storia del Seicento, nel filo conduttore della peste. Lecce è salva e si grida al miracolo per il repentino e improvviso ritrarsi dellâepidemia, nel nome del protovescovo santâOronzo. Lâautore si concentra indugiando sullâinafferrabile volto di Lecce e della Terra dâOtranto. Nel cuore della città , tra i lussureggianti giardini dei palazzi signorili, si nascondono documenti vergati forse da mano femminile, solo pochi ma determinanti fogli irrigiditi e macchiati, lasciati di proposito in una cripta, pronti a svelare lâarcano del loro contenuto, con grande sorpresa finale, ovviamente, per il lettore.
Raffaele Gorgoni. Lâoratorio della peste. Il segreto di Lecce, Besa editrice, pp. 222, euro 15
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