Quo vadis

In pochi chilometri decine di terroir, è l'Alsazia dello Schlossberg e del Furstentum

Particelle confinanti ma origini geologiche completamente diverse. In un piccolo territorio convivino basamenti granitici, acidi, di rocce sialiche di oltre 100 milioni di anni e sedimenti più recenti, calcarei. Anche l’altitudine crea ‘sfumature sensoriali’ fra i filari

03 novembre 2017 | Emiliano Racca

I vini emozionano, i terroir incantano. Che il terroir definisca l’identità e l’espressività di un vino (o di un altro prodotto agricolo) è ormai cosa nota. In certi contesti territoriali però l’impronta del terroir è davvero stupefacente.

Un esempio lampante è quello della valle del Kaysersberg (La Rvf, n.607, dicembre 2016), in Alsazia.

Ci troviamo nelle ultime pendici delle colline sottostanti la catena dei Vosgi, che declinano sulla pianura alsaziana. Quivi, tra i comuni di Kaysersberg e di Kientzheim, “convivono” due vini bianchi d’eccezione, due Grand Cru: lo Schlossberg e il Furstentum.

Vengono prodotti a partire dagli stessi vitigni (riesling, gewurztraminer, pinot gris). Le viti di questi due grandi cru affondano le loro radici su parcelle confinanti. Il loro “confine” è un “confine naturale”, vale a dire una faglia, che, con i suoi movimenti tettonici ha sollevato il basamento granitico dei Vosgi, mettendolo a contatto con le formazioni geologiche marnoso-calcaree sovrastanti, più recenti di oltre 100 milioni di anni.

Due substrati geologici completamente diversi quindi, su cui si sono impostati suoli altrettanto diversi.

Su basamenti granitici, acidi, di rocce sialiche mediamente si evolvono suoli sabbiosi, composti da minerali quarzosi e feldspatici. Mentre su sedimenti marnoso-calcarei ritroviamo suoli più pesanti dalla tessitura fine con minerali secondari argillosi predominanti.

Lo Schlossberg viene coltivato sui suoli del basamento granitico (anche se una piccola parte “sconfina” al di là della faglia). Lì ritrova il suo optimum pedologico che ne esalta la freschezza, la finezza aromatica, la sua armoniosità.

Il Furstentum invece si coltiva sui suoli formatisi sui sedimenti più recenti. Questi suoli calcarei conferiscono a questo vino equilibrio, profumo, eleganza, persistenza.

Ma non è solo la faglia che mette a contatto materiali genitori tanto diversi a ‘magnificare’ questi terroir.

Anche mesoclimi e microclimi fanno la loro parte. Ad esempio, l’orientazione di questa valle fa sì che i venti freddi che arrivano dalle montagne rinfreschino energicamente lo Schlossberg, accarezzando invece molto più debolmente le vigne del Furstentum.

Anche l’altitudine crea ‘sfumature sensoriali’ fra i filari. Entrambi i vini sono coltivati in una fascia altimetrica fra i 200 e i 400 m circa. Lo Schlossberg presenta caratteristiche molto diverse se proviene dalle parcelle ubicate nella parte bassa dei versanti, a metà del versante, o in cima. I vini nella parte bassa e alta sono più irregolari ed in certe annate troppo asciutte o troppo umide rischiano di perdere sensibilmente in qualità.

Come ribadisce la vigneronne Catherine Faller alla rivista francese Rvf “le terre di medio versante sono quelle più equilibrate per lo Schlossberg”.

Sempre la Faller ha dichiarato che per il Furstentum domina il riesling alle quote alte, dove riesce ad esprimersi meglio; più in basso il gewurztraminer, mentre al fondo dei versanti la nebbia stagnante favorisce la formazione di muffa per elaborare ottimi vini liquorosi.

Viene da chiedersi allora: quante giornate ci vogliono per degustare i vini di questa valle nelle sue innumerevoli nuances parcellari?

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