Quo vadis
Ruchè, un vino diventato famoso grazie a Papa Francesco
Il Ruché è un vitigno raro, prodotto in modiche quantità, sui cento ettari dove viene coltivato. In passato era un vino "da festa" che veniva consumato la domenica o nelle grandi occasioni. Rinato nel 1960 grazie a un parroco, oggi è famoso grazie a un Papa
09 giugno 2017 | Emiliano Racca
Questa è la storia del Ruché.
Un vino, una grande risorsa di un territorio splendido come il Monferrato: ieri stava scomparendo … oggi viene bevuto in ogni angolo del globo. Inoltre con l’elezione di Papa Francesco questo vino si è arricchito di un fascino sacrale essendo prodotto proprio nelle terre di origine del padre del Pontefice.
Le notizie storiche su questo vino sono scarse e frammentarie. Sembrerebbe che venisse coltivato già nel Medioevo nella sua ‘zona di vocazione’ nei pressi di Castagnole Monferrato e Portocomaro, a nord-est di Asti. Secondo le ricerche effettuate dal Consorzio di tutela, il vitigno omonimo (il Ruché è monovitigno in purezza) fu importato probabilmente dalla Borgogna da monaci cistercensi (XII sec.) che lo impiantarono vicino al convento di San Rocco, oggi scomparso.
Forse proprio da San Rocco (San Ròc) deriva l’etimologia del nome Ruché. Altri pensano invece che sia un nome in lingua regionale (roché) derivante dai tipici luoghi collinari, indicando i ripidi arroccamenti della vigna ben esposti al sole.
Ad ogni modo si tratta di supposizioni, nessuna prevale sull’altra; viste tali numerose lacune, qualcuno si è spinto fino a chiamarlo ‘vino del mistero’.
Il Ruché è un vitigno raro, prodotto in modiche quantità. In passato era un vino ‘da festa’ che veniva consumato la domenica o nelle grandi occasioni. Nel secolo scorso questo ‘gioiello della terra’ finì nell’oblio, sembrava destinato alla scomparsa.
Ma, verso la metà degli anni ’60, il parroco don Giacomo Cauda, insieme al sindaco Lidia Bianco si impegnarono nella sua rivalutazione enologica.
Don Cauda scoprì questo vitigno semisconosciuto all’interno della piccola vigna della sua parrocchia e, incuriosito, provò a vinificarlo: gli piacque molto! A lui si deve la risurrezione del Ruchè. Il curato credette moltissimo nelle potenzialità di questo ottimo vino. In seguito altri viticoltori iniziarono a impiantarlo e a vinificarlo facendolo diventare una risorsa importantissima per il territorio di Castagnole Monferrato.
Da qui i primi grandi successi, certificati in seguito dall’ottenimento della denominazione Doc nel 1987, e la Docg nel 2010.
Il Ruchè oggi è coltivato in un areale di produzione veramente limitatissimo, circoscritto ai comuni di Castagnole Monferrato, Portecomaro, Grana e pochi altri piccoli comuni limitrofi. La superficie è poco superiore ai 100 ha. I produttori sono circa una ventina.
Può essere coltivato solo su versanti soleggiati, ad un altitudine compresa tra i 120 m slm e i 400; esclusi invece i terreni di fondovalle, quelli umidi e quelli mal esposti.
I suoli sono molto eterogenei, sia dal punto di vista granulometrico (argille, marne, sabbie) sia chimico-mineralogico (calcarei o silicei), da cui si riflettono differenze sensoriali fra i ruché delle varie parcelle.
Mediamente si tratta di un vino di alta qualità, che si caratterizza soprattutto per la sua spiccata originalità.
Dal colore rosso rubino, con riflessi violacei (virano sull’aranciato con l’invecchiamento), ha un odore intenso, leggermente aromatico, con note floreali e speziate.
Al sapore risulta gradevolmente morbido, asciutto,con un tannino smussato, di medio corpo, con una buona persistenza aromatica. E’ un vino da tutto pasto, ma soprattutto si abbina bene a salumi, formaggi e selvaggina.
La storia del Ruché insomma è una bella storia, che ci fa riflettere, su come certi prodotti di nicchia se ben valorizzati possano rappresentare un volano per l’economia di un territorio.
Pensate,come ricordavamo all’inizio, che questo vino è uno dei prodotti simbolo del territorio di origine di Papa Francesco. Ciò è servito per attirare molti curiosi, esperti, professionisti di diversi ambiti che si sono interessati al Ruché, dando sfogo alle loro capacità e fantasie. Com‘è il caso dei giornalisti Francesco Moscatelli e Ilario Lombardo che hanno redatto un originalissimo ‘romanzo enologico’ dal titolo emblematico ‘ Il vino del papa’. Una storia avventurosa, ‘da piccolo mondo contadino’, che parla di una comunità in fermento per la visita del ‘loro’ Papa,di ritorno nelle sue terre di origine e di una bottiglia di 100 anni conservata nel museo locale che misteriosamente scompare.
Già, quante cose si possono fare … attorno ad un vino.
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