Quo vadis 09/04/2015

Potatori sardi, poche parole e molti fatti

Potatori sardi, poche parole e molti fatti

Per festeggiare il decennale dell'associazione S’Ischimadorza, accantonati pranzi e cerimonie, si sono impugnati forbici e svettatoi per dare nuova vita a un oliveto in stato di abbandono, perchè dovere primario è proteggere il nostro paesaggio


Potare è un’operazione fondamentale per la crescita e lo sviluppo armonico dell’olivo e considerato che può incidere significativamente sulla quantità dei frutti e sulla qualità dell’olio, per eseguirla al meglio è necessaria una profonda conoscenza della pianta, delle forme di allevamento, dei sistemi di raccolta ma soprattutto deve essere eseguita da olivicoltori preparati e adeguatamente formati.

I potatori sono quindi persone speciali: non amano i lunghi discorsi perché abituati a confrontarsi con i silenzi delle piante, non hanno paura della solitudine perché durante il giorno abbracciano mille rami e mille foglie. E devono anche essere un po’ artisti per riconoscere e creare spazi di luce che sono vita e crescita per l’ olivo e i suoi frutti.

S’Ischimadorza è una parola complicata anche da pronunciare, specie se non si è sardi. Ma è anche il nome di una Associazione di olivicoltori e potatori di Ittiri che da dieci anni porta avanti un progetto di divulgazione della potatura dell’olivo a vaso policonico, un aggiornamento continuo sulle nuove tecniche di potatura, attraverso corsi di formazione e prove pratiche in campo e il desiderio irrinunciabile di produrre olio extra vergine di oliva di alta qualità.

E proprio perché sono potatori, quindi persone speciali, per festeggiare il decennale hanno accantonato cerimonie, pranzi e feste dedicando invece una giornata di lavoro, tutti insieme, per ristrutturare un oliveto e devolvere il ricavato in beneficenza ad una associazione del paese.

Non soltanto beneficenza però: la giornata diventa un’occasione per dimostrare come, con mirati interventi di potatura, si può recuperare un oliveto in stato di abbandono. Le nostre colline sono distese di olivi centenari, unici testimoni della nostra cultura e delle nostre tradizioni. Dovere primario diventa dunque proteggere questo paesaggio, che è espressione di un territorio per troppi anni trascurato e maltrattato, per consegnarlo intatto alle generazioni future.

Ah! dimenticavo, Ischimadorza è il nome sardo di un antico arnese da potatura molto simile ad un moderno svettatoio.

di Leonardo Delogu

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Commenti 4

angelo minguzzi
angelo minguzzi
16 aprile 2015 ore 07:58

Grazie Leonardo,
mi permetta la familiarità ma la schiettezza del suo messaggio mi conferma la sua appartenenza alla categoria di chi bada alla sostanza. La sua descrizione è più efficace di qualsiasi immagine: mi sembra di vederli quegli ulivi, prima e dopo la potatura. Non ho mai potato un ulivo, ma la sua potatura obbedisce alle "regole" di qualsiasi altra pianta: dare o mantenere una forma, scegliere la vegetazione da eliminare in modo che quella che resterà abbia aria/luce/sole; eliminare le parti secche e danneggiate; stimolare il rinnovo vegetativo ove la pianta stia invecchiando troppo. Il tutto messo in pratica con la formula: pochi tagli e molta luce.
Avrei piacere di essere informato delle vostre prossime iniziative.
Angelo Minguzzi

leonardo delogu
leonardo delogu
15 aprile 2015 ore 22:37

Gentilissimo sig. Minguzzi,
purtroppo eravamo tutti intenti a potare che non abbiamo pensato a fare le foto. Si tratta di piante dell’età di 50-70 anni che non subivano interventi di potatura da almeno 10 anni. Quindi piante “scappate” verso l’alto a cercare luce con enormi succhioni che avevano preso il sopravento e conseguente disseccamento della chioma più bassa perché in ombra. L’obiettivo è stato la semplificazione della struttura della pianta, individuando alcune direzioni come branche principali, l’asportazione di tutto il legno secco e la definizione delle cime, riportando la pianta alla minima altezza possibile per consentire le operazioni di raccolta che avverranno con agevolatori.
Leonardo Delogu

angelo minguzzi
angelo minguzzi
12 aprile 2015 ore 19:50

ci potete dare qualche dimostrazione visiva dello stato di abbandono di quegli olivi e degli interventi di potatura effettuati?
Un video o delle foto o dei disegni?
Grazie,
Angelo Minguzzi

Giorgio Pannelli
Giorgio Pannelli
11 aprile 2015 ore 17:07

Finalmente una testimonianza a favore dei percorsi formativi e divulgativi su potatura e coltivazione dell’olivo e promozionali sulla tipicità dell’olio, riconducibili a quanto da tempo promossi da Assam, Marche e successivamente condiviso da alcune Istituzioni ed Associazioni locali (poche, purtroppo) e ultimamente anche da gruppi di privati olivicoltori autonomamente organizzati.
In Italia, in mancanza di una politica d’intervento volta al rinnovamento delle strutture produttive, la proposta più praticabile, così come intuito dagli amici di Ittiri, appare quella del rilancio funzionale dell’olivicoltura tradizionale priva di limiti strutturali e/o di valore storico-ambientale, cercando una sostanziale riduzione dei costi di produzione senza compromettere la produzione. Ovviamente l’olio dovrà presentarsi con i massimi livelli qualitativi, così come consentito dall’azione congiunta/disgiunta di varietà ed ambiente di coltivazione.
Buona parte dell’olivicoltura tradizionale potrebbe essere rilanciata utilizzandola come volano per una nuova olivicoltura semplicemente rivedendo le tradizionali tecniche di coltivazione dell’olivo e valorizzazione dell’olio. Il vero miracolo sarebbe quello di riuscire a condividere un progetto “ad hoc” con i responsabili nazionali di settore, altro che olivicoltura superintensiva……
Giorgio Pannelli