Quo vadis 02/05/2014

Nella lotta al primato tra Vernaccia e Marsala è la Toscana a spuntarla

Si tratta di due denominazioni di grande fascino e attrattiva. L'una rivendica riconoscibilità fin dal 1931, l'altra la prima comparsa in Gazzetta ufficiale le 1966. Una sana competizione per mettere all'angolo i contraffattori e parlare di cultura, suggestioni ed emozioni


Da qualche anno a questa parte si sente sempre più spesso parlare di terroir dei vini.
Il terroir è quella combinazione di fattori geologici, pedologici, micro/mesoclimatici ed ambientali unite alla capacità delle risorse umane, al marketing e alla commercializzazione che conferiscono a quel vino una specificità territoriale unica, non riproducibile altrove.
Concentriamoci sul marketing e sulla commercializzazione. Sappiamo che l’avvenire e le fortune del vino si giocano sotto l’aspetto culturale, con i suoi valori aggiunti: saper cioè raccontare il vino coniugandolo nell’insieme al suo territorio, alla storia, all’architettura, alla tradizione, alla geologia e all’ambiente…puntando sulle emozioni e sulle suggestioni che sanno trasmetterti le terre dei vini.

Detto ciò, è evidente che ogni dettaglio storico e culturale diventa fondamentale nelle strategie di marketing. E così si scatenano i “campanilismi” che rivendicano primati di ogni genere che dovrebbero discernere il proprio vino da tutti gli altri.
Facciamo a tal proposito un esempio concreto. Mi sono imbattuto sul web in una serie di forum, blog e siti in cui si discuteva animatamente sulla primogenitura della denominazione di origine in Italia, vale a dire su qual è stata la prima Doc italiana.
Le voci che girano sono alquanto contrastanti, alcuni sostengono che si tratta della Vernaccia di San Gimignano, altri il Marsala, altri ancora il Frascati.
Il blog Vinoestoria mi pare che faccia chiarezza sull’argomento: l’autore fa infatti riferimento al DPR n. 930 del 12 luglio 1963 “Norme per la tutela delle denominazioni di origine dei mosti e dei
vini” e al DPR del 1 Novembre 1966. Quest’ultimo rende esecutivi i disciplinari delle prime quattro doc italiane (Vernaccia di San Gimignano, l’Ischia Bianco e Rosso, L’Est!Est!Est di Montefiascone e il Frascati). Si tratterebbe quindi di un ex-aequo fra queste quattro Doc, ma le pubblicazioni delle seguenti in Gazzetta Ufficiale ricadono in date differenti, il primo in ordine cronologico sarebbe proprio la Vernaccia (G.U. n. 110, 6 maggio 1966). È lui quindi a spuntarla.

E il Marsala? Il sito Marsaladoc, ma anche il sito del ConsorzioVinomarsala parlano di “Primo tra i vini d’Italia” e di “Primo vino doc d’Italia”, facendo riferimento come fonte del diritto al D.M. 15 ottobre 1931 (ministri Acerbo e Bottai) sulla "Delimitazione del territorio di produzione del vino tipico di Marsala", una sorta di antesignano della denominazione doc.
Lo stesso succitato DPR n. 930 specifica all’art. 41 (Disposizioni finali) che: “Le norme del presente decreto si applicano ai vini Moscato Passito di Pantelleria e Marsala ove non contrastino con quelle contenute nella legge 4 novembre 1950, n. 1068, nella legge 4 novembre 1950, n. 1069, e relativo regolamento di esecuzione…”
Ho consultato anche testi di autori blasonati come il “Libro completo del vino - Giuseppe Sicheri”, “Guida ai vini d’Italia - Marco Trimani”, il francese “La Rousse des vins”, e tutti - tracciando la cronistoria dei vini italiani – si focalizzano su quella tappa fondamentale per la nostra enologia che è appunto il DPR del 1963 che introduce il concetto di zona Doc nel Belpaese.

Secondo la mia interpretazione, se si parla di “proto-denominazioni” possiamo attribuire il primato al Marsala, se invece ci si rifà alla legge organica nazionale delle Doc non vi sono dubbi sulla Vernaccia di San Gimignano.
Ma, alla fin fine, la cosa più importante che mi preme sottolineare è la sanità ed il fascino di queste competizioni e di questi diverbi. Molto meglio infatti parlare di primati che di torbidi e velenosi argomenti, come quelli delle frodi e delle contraffazioni, che a tutt’oggi con la normativa delle denominazioni e con gli strumenti tecnici a nostra disposizione abbiamo arginato ma non ancora sconfitto.
Nel passato, per millenni non è stato così, si parlava di imbrogli e manipolazioni già ai tempi del Vinum Falernum ai tempi della Roma antica repubblicana. I primi esempi di contraffazione erano molto “grezzi” (si allungava il vino con l’acqua), poi le armi degli adulteratori si sono affinate tanto che, addirittura, uno scrittore francese nel 1860 paragonò i commercianti di vino della Borgogna a Dio, visti i miracoli che sono in grado di compiere (La Rousse des vins, 2008).

di Emiliano Racca

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