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Difendere il vino italiano dagli attacchi salutistici

Per gli italiani il vino è stato sempre un “alimento liquido”, come lo definiva Robert Mondavi. I rituali legati al consumo del vino, di quello buono e con moderazione, sono parte della cultura nazionale
25 gennaio 2024 | C. S.
“Libiamo nei lieti calici”? Centinaia di milioni di visualizzazioni solo su Youtube? Fosse per Juan Tello, Giuseppe Verdi non l’avrebbe mai potuto scrivere. Ne Caravaggio avrebbe mai dipinto un Bacco e Michelangelo non ne avrebbe mai scolpito la statua. Il bicchiere di vino poi non avrebbe mai trovato posto nelle sublimi nature morte di Giorgio De Chirico, né nella popolarissima Felicità cantata da Albano e Romina.
Ora se Juan Tello fosse un pincopallo qualunque chi se ne fregherebbe. Ma no, lui è il capo di una Unità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e a nome dell’OMS è impegnato in una guerra “culturale” contro l’alcol in generale e il vino in particolare. Nelle interviste dice che l’alcol fa solo male, che loro lavorano contro i produttori e per prevenire che la gente inizi a bere. In perfetta malafede mette moderazione e abuso di alcol sullo stesso piano.
Di Juan Tello non ci saremmo mai occupati se non avessimo letto gli impareggiabili articoli di Tom Wark sul crescente pregiudizio globale contro l’alcol e l’onda del Wine no more. Wark, che tra l’altro teme che il governo americano raccomanderà presto di non bere affatto vino, suggerisce di adottare la “Difesa Mondavi”. Ovvero, lasciare da parte le indicazioni salutistiche e concentrarsi sul messaggio culturale che Bob Mondavi, fondatore dell’omonima cantina americana, forte ed orgoglioso delle sue radici italiane, ripeteva: “Il vino è la bevanda temperata, civilizzata, sacra e romantica raccomandata nella Bibbia. È un alimento liquido che fa parte della civiltà da 8.000 anni. Il vino è stato lodato per secoli da statisti, studiosi, poeti e filosofi….” Ineccepibile, ma Tello e l’OMS vogliono combattere proprio questo approccio.
Sembra di sentirlo, Mondavi, insistere da “italiano” sulla cultura del vino come “bevanda naturale per ogni celebrazione: nascita di un figlio, lauree, fidanzamenti, matrimoni, anniversari, promozioni, riunioni di famiglia, brindisi tra governi e altre festività”. “Bisogna contrastare la cultura che normalizza il bere” sarebbe la risposta scriteriata di Juan Tello. Ora uno si chiede perché’ paesi come l’Italia, con una cultura e un’economia che considera normale il bere (con moderazione), possano contribuire a pagare lo stipendio di Tello - i manager OMS arrivano anche a 120K euro all’anno - che invece dovrebbe occuparsi solo degli eccessi, ma il punto non è questo. Tello e l'OMS sono solo la punta dell'iceberg, con loro ci sono per esempio i burocrati dell'Unione Europea, le lobby anti-vino e forse è arrivato veramente il momento di applicare la Difesa Mondavi nella maniera più incisiva possibile.
Come può l’OMS attaccare una cultura, quella del vino, programmare di distruggerla, senza che nessuno alzi un dito? I rituali secolari legati al consumo del vino, di quello buono e con moderazione, ai suoi significati, sono parte della cultura italiana, si sono propagati in tutto il mondo e vanno protetti. Sono testimoniati nell’arte, nella poesia, nella pittura, nella scultura, nelle leggi, nelle canzoni. Francesco Guccini canta “l’angoscia e un po’ di vino, voglia di bestemmiare”, Sergio Endrigo: “Il primo bicchiere di vino/Che ho bevuto in vita mia/L’ho bevuto Maria”/Alla tua salute/” e Zucchero Fornaciari: “Baby don’t cry, make it funky/Pane e vino io ti porterò”.
E se fosse venuto il momento di iscrivere questi rituali e queste pratiche nel registro del patrimonio immateriale dell’umanità che tiene l’Unesco? Forse e' un’azione veramente necessaria, di quelle che Riccardo Cotarella Chiasso Cotarella, invocava di recente per contrastare gli attacchi al mondo del vino. Magari il Ministro Lollobrigida Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che al vino tiene in special modo, potrebbe farci un pensiero. Magari anche il prof. Massimo Montanari, presidente del Comitato Scientifico per la candidatura della Cucina italiana a patrimonio Unesco, potrebbe includere una sezione sul vino che per gli italiani è stato sempre un “alimento liquido”, come lo definiva lo stesso Mondavi.
La campagna promozionale che ne deriverebbe farebbe giustizia degli attacchi scriteriati dell’OMS, ma aiuterebbe a educare le nuove generazioni alla moderazione nel consumo del vino.
E se all’Italia si unissero altri paesi, come quando si ottenne il riconoscimento della Dieta Mediterranea, magari l’umanità ne gioverebbe ancor di più.
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