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Le piogge di maggio e giugno riducono del 30% la produzione cerealicola pugliese

In Puglia e al sud, nel 2023 è diminuito del 3,2% il numero di aziende agricole che hanno deciso di seminare grano duro. Media produttiva a 27-28 quintali per ettaro
11 luglio 2023 | C. S.
“Da mesi stiamo conducendo una campagna sugli squilibri nella catena del valore che penalizzano la cerealicoltura pugliese e ne mettono seriamente a rischio il presente e il futuro”, dichiara Gennaro Sicolo, presidente di CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani. “Foggia è la capitale del grano duro italiano e, assieme alla Capitanata, anche l’area metropolitana di Bari e la provincia della BAT esprimono numeri importanti in termini di superfici coltivate, quantitativi prodotti, qualità del cereale più nobile, aziende agricole, centri di ricerca, lavoratrici e lavoratori impegnati in tutte le fasi di coltivazione e raccolta”. “Non contestiamo la necessità di importare una quota di grano dall’estero per coprire parte del fabbisogno industriale – aggiunge Sicolo - ma temiamo che quella quota si avvii a essere maggioritaria e che l’aumento incontrollato delle importazioni porti alle estreme conseguenze una dinamica già in atto: la riduzione progressiva della produzione di grano italiano, la chiusura di centinaia di aziende cerealicole e la perdita di migliaia di posti di lavoro. Per non parlare delle questioni attinenti alla sicurezza e alla salubrità degli alimenti”.
Nell’area metropolitana di Bari sono 1113 le aziende cerealicole, mentre 197 sono attive nella BAT: assieme alle 4950 imprese del Foggiano, rappresentano la punta d’eccellenza italiana ed europea nella produzione del grano duro. “Tutte le realtà produttive cerealicole pugliesi”, dichiara Giuseppe De Noia, presidente di CIA Levante (Bari-Bat), “saranno rappresentate nella manifestazione del 12 luglio a Foggia. Vogliamo lanciare un messaggio forte al governo: il “dossier grano duro” merita e necessita la massima attenzione, le misure di tutela e sostegno più incisive e tempestive possibili, perché la disattenzione degli ultimi anni ha arrecato fin troppi danni che risultano evidenti dal calo delle superfici coltivate e dalla diminuzione della produzione italiana, la base indispensabile per il made in Italy legato alla pasta.
Le persistenti e abbondanti piogge di maggio e giugno sono state uniformi su tutta la Puglia. Le conseguenze del maltempo hanno portato a una riduzione delle rese che oscilla, a seconda dei diversi casi, dal 20 al 40%. Calano le rese, restano alti i costi di produzione, aumentano le difficoltà nella fase di raccolto con una parte delle spighe ‘allettate’ e schiacciate verso la parte bassa del terreno. “L’anno scorso”, mette in rilievo Angelo Miano, “la media fu di 23 quintali per ettaro. Quest’anno, probabilmente, si attesterà attorno ai 27-28 quintali per ettaro, ma senza quella concentrazione di piogge avremmo potuto raccogliere all’incirca il 30% in più.
In Puglia e più in generale nel Mezzogiorno d’Italia, nel 2023 è diminuito del 3,2% il numero di aziende agricole che hanno deciso di seminare grano duro. E’ quanto emerge dall’indagine ISTAT più recente. Decrescono la superficie agricola coltivata e il prezzo del grano duro italiano, che nel giro di un anno è diminuito del 40%; allo stesso tempo, aumentano i prezzi di tutti i prodotti trasformati della stessa filiera: dalla semola, al pane e alla pasta, come confermano le rilevazioni del Mise. Il primo e più importante anello della filiera è penalizzato, tutti i segmenti successivi raccolgono i profitti di una vera e propria esplosione dell’export: nel 2022, le esportazioni di pasta italiana sono cresciute del 5,1%, del 31% in termini di valore, per un totale di 3,7 miliardi. Qualcosa non torna. Allo stesso tavolo, alcuni commensali si riempiono la pancia, ad altri non vengono lasciate nemmeno le briciole.
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