Italia
Un secco no alla soppressione del Centro studi di Portici. Fu fondato da Manlio Rossi-Doria
Tutti coloro che hanno a cuore l’agricoltura, e in particolare quella del nostro Mezzogiorno, non possono rimanere inerti dinanzi a questa iniziativa che provocherà un’ulteriore emorragia di cervelli dal nostro Paese. L'appello di Alfonso Pascale
05 giugno 2010 | Alfonso Pascale
Dopo 50 anni dalla sua fondazione è stato soppresso il Centro di Portici, punto di riferimento per tutti gli studiosi di economia e politica agraria e di sviluppo rurale. Lâultima manovra economica e finanziaria del governo lo ha inserito tra gli enti da sciogliere.
Lo fondò Manlio Rossi-Doria caratterizzandolo per lâapproccio multidisciplinare alle problematiche dello sviluppo agricolo e del Mezzogiorno mediante il coinvolgimento di statistici, economisti generali, sociologi, storici e antropologi europei e statunitensi nelle sue innumerevoli attività .
Lâapertura internazionale del Centro non è mai scaduta in un atteggiamento di ricezione passiva dei modelli importati dallâestero. Il principale antidoto contro questo pericolo è costituito dal solido ancoraggio dei suoi programmi alle problematiche dellâeconomia italiana. Rossi-Doria e i suoi allievi hanno sempre saputo coniugare la capacità di servirsi degli strumenti analitici, teorici e metodologici dei centri esteri di ricerca e di formazione, come Berkeley, con lâesercizio dellâinterpretazione e della riforma di unâeconomia, quella italiana, caratterizzata da problematiche sue proprie, frutto del suo sviluppo storico. Ed è proprio questa inedita sintesi tra teoria economica, indagine sociologica, analisi quantitativa e meridionalismo realizzata a Portici a costituire il progetto rossidoriano di riforma economica e democratica della società italiana. Un progetto in continua rielaborazione mediante un approccio critico, che consente di sviluppare una metodologia attiva nellâapprendimento, nella trasmissione intergenerazionale del sapere e nellâapplicazione degli strumenti teorici ed empirici alla ricerca.
Accanto alla ricerca di base e applicata, il Centro di Portici svolgeva negli ultimi tempi anche la funzione di polo per la formazione avanzata in economia e politica agraria. Negli ultimi anni, hanno seguito i programmi formativi oltre 400 studiosi e imprenditori per impegnarsi successivamente nei principali enti di ricerca nazionali e internazionali e nel mondo dellâagroalimentare.
Era in corso di svolgimento il programma di internazionalizzazione che aveva già prodotto un flusso di interscambio di docenti e studiosi tra Portici e gli Stati Uniti. Solo nell'anno in corso ben sette allievi di Master e PhD americani sono stati ammessi alla frequenza del Master organizzato dal Centro.
Chiudere il Centro di Portici significa, dunque, distruggere uno dei poli scientifici d'eccellenza per le politiche agricole e agroalimentari e sancire in modo inequivocabile il completo disinteresse delle istituzioni del nostro Paese per i problemi dellâagricoltura, poiché da anni la maggiore criticità del settore è proprio la debolezza delle politiche volte a rafforzare e coordinare le strutture e le competenze di ricerca e sperimentazione e in generale della conoscenza.
Tutti coloro che hanno a cuore lâagricoltura e, in particolare, quella del nostro Mezzogiorno non possono rimanere inerti dinanzi a questa iniziativa che provocherà unâulteriore emorragia di cervelli dal nostro Paese. Qualcosa possiamo farlo tutti firmando lâappello lanciato dal Prof. Francesco de Stefano, Presidente del Centro.
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