Italia

In ripresa il consumo di birra in Italia ma aumentano le importazioni

In ripresa il consumo di birra in Italia ma aumentano le importazioni

L’incremento della birra importata in Italia dai Paesi esteri è decisamente più sostenuta rispetto a quella delle produzioni Made in Italy. La produzione nazionale è cresciuta del 3,3%

19 maggio 2023 | C. S.

Si è chiuso con il segno più il 2022 della birra in Italia. A fotografare lo stato di salute del comparto birrario è l’Annual Report 2022 di AssoBirra secondo il quale, rispetto al 2021, l’anno scorso i consumi interni di birra hanno registrato un aumento del 6%, la produzione nazionale è cresciuta del 3,3% e l’export ha messo a segno risultati in linea. 

Nel 2022 si registra inoltre l’incremento della birra importata in Italia dai Paesi esteri, una crescita che ammonta al 10% (7,8 milioni di hl nel 2022 vs 7,1 milioni di hl nel 2021) ed è quindi decisamente più sostenuta rispetto a quella delle produzioni Made in Italy. 

Secondo i numeri di AssoBirra, l’anno scorso, la produzione di birra ha raggiunto quota 18,4 milioni di ettolitri, superando il 2021 (17,8 mio/hl). Anche i consumi crescono, attestandosi a 22,3 milioni di ettolitri, in aumento di oltre un milione rispetto all’aggregato 2019. Da notare soprattutto, la capacità di ripresa del fuori casa che rimbalza del 20,9% rispetto al 2021, ritornando a coprire il 35,8% (vs 32,6% nel 2021) dei consumi nazionali, una quota in linea con le proporzioni pre-covid. In modo complementare, nel 2022 il peso delle vendite della grande distribuzione decresce del 4,7% (64,2% vs 67,4% nel 2021). Quanto all’export, la quota si attesta a un soffio dal record marcato nel 2021 (3,8 milioni di ettolitri contro i 3,9 dell’anno precedente), con consumi in crescita prevalentemente nel Regno Unito (48,2% dell’export complessivo contro 46,9% del 2021), seguito da Stati Uniti (9,1% vs. 8,6%), Francia e Paesi Bassi (al 4,3% ciascuno), Albania (4,2%). Le importazioni continuano a crescere attestandosi a 7,8 milioni di ettolitri di birra importata, in aumento rispetto ai 7,1 del 2021 e i 6,4 del 2020 e che superano anche il massimo raggiunto nel 2019, ovvero 7,4 mio/hl. 

In virtù del contesto attuale, AssoBirra ritiene urgente prendere decisioni chiare sul versante fiscale, che consentano alle aziende della filiera birraria di tornare a dedicare risorse economiche e generare una crescita sostenibile nel tempo. Le marginalità sono strutturalmente sotto pressione lungo tutta la filiera brassicola: agricoltura, trasformazione, produzione, logistica, trasporti, grande distribuzione e ristorazione hanno bisogno di tornare ad investire sul proprio business, per generare ricchezza per il Paese. Il comparto birrario italiano, infatti, occupa quasi 120 mila operatori in circa 850 aziende, crea un valore condiviso di 9,4 miliardi di euro (equivalente allo 0,53% del PIL) e soprattutto – unica fra le bevande da pasto - versa all’Erario oltre 700 milioni in accise annue che si sommano alla contribuzione fiscale ordinaria.

Alfredo Pratolongo, Presidente di AssoBirra, dichiara: “L’attuale Governo ha iniziato la sua attività con delle sfide importanti per il nostro settore: dalla proposta di etichettatura degli alcolici del Governo irlandese al rischio di innalzamento delle accise sulla birra. Su questi temi, abbiamo avuto modo di apprezzare sempre l’atteggiamento costruttivo e pragmatico del Governo e della maggioranza. Come già anticipato negli scorsi mesi confermiamo, tuttavia, la preoccupazione per la produzione di birra in Italia, spesso in crescente svantaggio rispetto a quella estera, che gode in alcuni casi di un fattore competitivo importante: accise anche quattro volte inferiori, come nel caso della Germania, rispetto a quelle pagate in Italia. La birra, infatti, è l’unica bevanda da pasto che ne è gravata, un’anomalia che ha un impatto su tutti: produttori, distributori e consumatori. L’intervento dovrebbe essere prioritario, tanto più in un contesto di mercato in cui la filiera si trova già a fare i conti con il peso dei rincari di materie prime e dei costi energetici. Inoltre, se non verranno stabilizzate le riduzioni per i piccoli birrifici sotto i 60.000 ettolitri, molte aziende entreranno in difficoltà. A nostro avviso, è quanto mai urgente continuare a promuovere il comparto brassicolo italiano utilizzando la leva fiscale come impulso agli investimenti, per stimolare e consentire alle aziende di innescare crescita e generare valore per il Paese”.

Un’altra minaccia è rappresentata dalla risoluzione approvata all’inizio del 2023 dall’Unione Europea che ha permesso all'Irlanda di adottare etichette allarmistiche su vino, birra e liquori. L’applicazione di “warning label” di questo tipo, oltre che ingiustamente penalizzante, rappresenterebbe un provvedimento incoerente rispetto ad uno stile di vita e una cultura alimentare improntate alla moderazione, che negli ultimi decenni si sono tradotti in una fortissima riduzione dei consumi di alcol, posizionando l’Italia come il Paese con il minor consumo pro capite in Europa. 

“La leggerezza e il basso contenuto alcolico della birra sono coerenti e favoriscono la tendenza alla moderazione, che è storicamente una peculiarità degli italiani a tavola. I produttori di birra da decenni hanno promosso il consumo responsabile, agevolando di fatto i trend della moderazione con prodotti a basso tenore alcolico, di alta qualità manifatturiera, con elevate proprietà nutrizionali e legami profondi con stili e tradizioni territoriali” commenta Alfredo Pratolongo. E conclude: “La birra negli ultimi 15 anni è diventata bevanda da pasto nonché vero e proprio simbolo di socialità. Non può mancare durante occasioni di condivisione, gioia e relax. È amata dagli italiani, senza distinzioni di genere, che l’hanno fatta propria, apprezzandone la grandissima varietà di sapori e la versatilità che la rendono ideale in abbinamento al cibo non invasivo, intercettando i principali macro-trend della cultura gastronomica italiana: localismo, varietà e naturalità”.