Economia

AGRICOLTURA AL COLLASSO. LA GRANDE CRISI STRUTTURALE DEL PAESE ITALIA

I nostri mercati agroalimentari sono invasi da produzioni spagnole, cinesi, brasiliane, cilene e sudafricane. Gli agricoltori del nostro Paese vendono poco e a prezzi stracciati. E le difficoltà per il mondo agricolo diventano ancora più complesse. Siamo in presenza di una pesante crisi strutturale

21 ottobre 2005 | C. S.

Dopo mesi di continui crolli, i consumi alimentari nel nostro Paese hanno fatto registrare, nello scorso agosto, una ripresa, ma circa il 45 per cento dei prodotti venduti è straniero. A rilevarlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori che, commentando i dati resi noti oggi dall’Istat, rileva le grandi difficoltà che incontra il “made in Italy” soprattutto per quello che concerne le produzioni agricole.

I gravi problemi che sono costretti ad affrontare i produttori agricoli italiani -afferma la Cia- sono sintomatici di una situazione estremamente allarmante. I nostri agricoltori vendono sempre di meno e a prezzi “stracciati”. Nell’ortofrutta, infatti, si è registrato nel primo semestre 2005, un crollo nelle vendite sui campi del 25 per cento, nei settori dei cereali (in particolare del grano duro) del 30 per cento, nella vitivinicoltura del 20 per cento, dell’olivicoltura del 15 per cento.

I nostri mercati -sottolinea la Cia- sono invasi da prodotti stranieri. Il pericolo non viene solo dalla Cina, che pure sta creando pesanti problemi. Importazioni massicce si hanno dalla Spagna, che ormai esporta in tutto il mondo in maniera sempre più rilevante, dall’America Latina, dove paesi come il Cile, l’Uruguay e il Brasile hanno avviato consistenti flussi commerciali in Italia, dal Sudafrica.

Le nostre importazioni agroalimentari -avverte la Cia- provengono per il 56 per cento dai paesi del continente europeo. E’, però, in aumento l’import dai paesi dell’America Latina, dal Medio Oriente e dell’Asia orientale, dal Sudafrica (rispettivamente più 43 per cento, più 20 per cento, più 21 per cento e più 24 per cento). Le importazioni dal Brasile sono aumentate, in sei mesi, del 95 per cento, dalla Turchia del 26 per cento e dalla Cina del 38 per cento.

Insomma -rimarca la Cia- i nostri mercati parlano straniero. Importiamo più pomodori, cicorie, cipolle, zucchine, carciofi, uva, kiwi, mele, pere, nocciole, mandorle, olive. Tutti prodotti per i quali abbiamo avuto, per molti anni la leadership non solo nell’Unione europea.

E’ -sottolinea la Cia- un dato allarmante che mette in luce una grave crisi strutturale dell’agricoltura italiana. La ripresa dei consumi che si è avuta in agosto non rappresenta, quindi, un elemento positivo, poiché riguarda in gran parte produzioni estere che vanno ad incidere negativamente sulla bilancia commerciale, mentre per i nostri produttori lo scenario resta alquanto nero.

Il calo delle vendite agricole “made in Italy” -sostiene la Cia- si riscontra soprattutto nelle produzioni biologiche, dove c’è un duro assalto di Spagna e Germania, nei prodotti Dop e Igp, che fanno i conti con un’agropirateria sempre più agguerrita. I consumi interni sono più orientati al minor prezzo che alla qualità e alla tipicità.

Una situazione -conclude la Cia- che sta avendo conseguenze devastanti per gli agricoltori che vedono i loro redditi corrodersi in maniera costante e crescere a livelli vertiginosi i costi di produzione (soprattutto gasolio) e previdenziali. E tutto ciò rischia di provocare un irreversibile declino della nostra agricoltura.



Fonte: Cia