Economia

NON SI PUO' RIMANERE FERMI A VECCHI STEREOTIPI. I ROSSI PIEMONTESI VERSO UN CAMBIO DI STRATEGIA

Si profila la possibilità di un aumento delle rese per ettaro. La richiesta è appoggiata da molti operatori. L'obiettivo è di rendere accessibile a costi contenuti un rosso di fascia medio bassa. Il mercato cambia e si avverte la necessità di una svolta per non correre il rischio di avere del prodotto invenduto

08 gennaio 2005 | C. S.

Novità in vista per il vino piemontese? L’Assessore regionale all’agricoltura Ugo Cavallera si è impegnato a convocare entro gennaio il Comitato vitivinicolo regionale per discutere del futuro della Barbera.

Essendo la Barbera il vino piemontese quantitativamente più rilevante, è come se si aprisse la discussione sul futuro dei rossi piemontesi. L’occasione prossima, che ha spinto l’assessore regionale ad impegnarsi a convocare in tempi brevissimi il Comitato vitivinicolo, è stata la richiesta - afferma la Confederazione italiana agricoltori del Piemonte - del Consorzio di Tutela della Barbera di aumentare le rese per ettaro delle uve destinate a Barbera Piemonte doc a 140 quintali.
La richiesta è appoggiata da molti vinificatori, imbottigliatori e cantine sociali.

In sostanza - secondo quanto rileva la Cia regionale - il Consorzio ritiene necessario che il Piemonte si doti di un vino rosso a Doc di buona qualità, di resa elevata e, di conseguenza, a costi contenuti, accessibile anche a quei consumatori di fascia medio bassa che non vogliono rovinarsi per comprare una bottiglia di vino e che rappresentano in questo momento l’unico mercato del vino in espansione, sia in Italia che all’estero.

I consumi di vino sono stabili, ma stanno aumentando i consumi di vino di fascia media o da tavola (i vini quotidiani da 3 o 4 euro) a discapito dei grandi vini.

Il Consorzio - continua la Cia del Piemonte - vuole un rosso Doc che assomigli molto ad una Igt (indicazione geografica), tant’è che nell’ultimo Comitato vitivinicolo regionale tenutosi lo scorso 17 dicembre qualcuno ha colto la palla al balzo per suggerire che il Piemonte ritorni sui suoi passi rispetto alla scelta, ormai decennale, di una vitivinicoltura tutta a Doc o a Docg.

L’Assessore Cavallera ha dato la sua disponibilità ad aprire la discussione. La questione non è di poco conto.
L’apertura alle Igt o alle Doc da 140 quintali di resa in uva per ettaro (che sarebbero delle Igt mascherate) significherebbe un mutamento di strategia per il Piemonte. Se così avvenisse, in Piemonte convivrebbero vini grandissimi o grandi vini, prodotti a partire da rese molto contenute in uva per ettaro e vini di media qualità, apertamente dichiarati come tali, prodotti a partire da rese molto elevate. Il vino piemontese – rimarca la Cia regionale - non aspirerebbe più quindi a collocarsi, almeno ufficialmente, solo in cima alla piramide della qualità dei vini, ma scenderebbe in parte verso la base della piramide.

Il mercato, secondo i sostenitori dell’ipotesi di un Barbera da 140 quintali di resa uva/ettaro, lo impone: i soli intenditori non sono più in grado di assorbire tutto il vino piemontese, il quale deve ormai rivolgersi anche ad un target più popolare per non rimanere invenduto.

C’è chi teme - aggiungono ancora dalla Cia del Piemonte - che un eventuale aumento delle rese possa aprire la strada verso le frodi, da cui deriverebbe un danno di immagine per tutto il vino piemontese. Il vino di altre regioni potrebbe diventare più facilmente vino piemontese, insinuandosi tra le maglie troppo larghe di una Doc di “massa” o di una Igt. A costoro i dirigenti del Consorzio di Tutela della Barbera rispondono proponendo la fascetta da apporre su ogni bottiglia, la cui distribuzione controllata sarebbe un impedimento alle frodi.

Non va dimenticato, infatti, che una delle ragioni per cui il Piemonte vitivinicolo scelse di diventare tutto a Doc o a Docg fu, insieme alla volontà di qualificare il vino e di farlo apprezzare per il suo valore sui mercati, quella di impedire le frodi e le sofisticazioni, grazie alle regole severe imposte le Doc e, ancor di più, per le Docg.

Noi - sottolineano alla Confederazione italiana agricoltori del Piemonte - concordiamo con la decisione dell’assessore regionale Cavallera: la discussione sul futuro della Barbera e dei rossi piemontesi va aperta, con molto pragmatismo.La discussione non va indirizzata e può avere molti sbocchi. L’importante però è che si discuta. Lo impongono gli orientamenti del mercato, che sembrano sempre più privilegiare nei consumi il rapporto prezzo qualità.

Non si può rimanere chiusi nei vecchi stereotipi di un Piemonte che si propone solo come eccellenza dell’eccellenza in campo vinicolo, un po’ snob ed indifferente alle esigenze dei consumatori.

Fonte: Cia