Italia 01/10/2011

L'agricoltura italiana perde pezzi. In 40mila senza più lavoro

L'agricoltura italiana perde pezzi. In 40mila senza più lavoro

Hanno perso la propria occupazione quasi il 5% dei lavoratori del settore primario. Un campanello d'allarme che le principali associazioni non mancano di rimarcare


Mentre il numero dei senza lavoro diminuisce nel complesso, la disoccupazione in agricoltura aumenta. Secondo i dati diffusi oggi dall'Istat per il secondo trimestre 2011 l'occupazione e' cresciuta dello 0,4% (+87mila unità) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma in agricoltura sono andati in fumo 40.000 posti, ovvero il 4,6% degli occupati.

E' il primo dato negativo da quasi due anni. Infatti l'agricoltura ha mantenuto alta l’occupazione in tutto il 2010 (più 1,9%) e nei primi tre mesi del 2011 (più 1,2%).

La riduzione degli occupati nei campi si fatta sentire sia tra i lavoratori dipendenti (-5%) sia tra quelli indipendenti (-4,2%) e ha colpito soprattutto il Nord (-12,2%) e il Centro (-8,6%) mentre al Sud c' stato un aumento (+3,1%).

"Un calo che è un forte campanello d'allarme per la tenuta dell'agroalimentare made in Italy - commenta Confagricoltura -. La perdita di posti di lavoro è sintomatica di un settore con caratteristiche anticicliche, che ha sopportato il peso della crisi fino ad oggi, riuscendo nel contempo a creare lavoro, ma che ora non può più, come è successo sinora, fare da argine alle difficoltà della congiuntura attuale. E' assolutamente necessario ed urgente che per l'agricoltura siano varate misure di sviluppo al pari di quelle che sono in cantiere per gli altri settori dell'economia".

Confagricoltura vuole a questo proposito richiamare l'attenzione del governo e del mondo politico in generale sui dati diffusi martedì dallo Svimez, in cui si sottolineava come, nel 2010, siano state le imprese agricole il motore dell'occupazione nel Mezzogiorno (+8100 unita') e come, evidentemente questo motore rischi di perdere colpi, togliendo anche questa opportunità al Sud.

"La forte riduzione del numero degli occupati - afferma Coldiretti - il risultato della crisi di mercato che ha colpito alcune coltivazioni a elevato impiego di manodopera, come la frutta e la verdura, amplificata dagli effetti dell'ingiustificata psicosi determinata dal batterio killer in Germania".

"A causa del crollo dei consumi e delle esportazioni - spiega la Coldiretti - sono rimasti invenduti oltre 50 milioni di chili di ottime e sane verdure italiane. A determinare il calo dell'occupazione anche l'andamento primaverile sfavorevole, con la pioggia continua che ha ostacolato il normale svolgimento delle semine". 

Tutta colpa dell’intensificarsi della crisi economica, ma soprattutto della parallela impennata dei costi produttivi. Che sfianca le aziende agricole e le costringe a tagliare i posti di lavoro. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando l’indagine diffusa oggi dall’Istat.

Problemi che si sono acuiti in questi ultimi mesi, con conseguenze inevitabili sull’occupazione. Nel secondo trimestre del 2011 infatti -spiega la Cia- i costi di produzione delle imprese sono cresciuti del 5,5 per cento sullo stesso periodo del 2010, soprattutto nella zootecnia (fiore all’occhiello del Nord) dove l’indice complessivo dei costi per gli allevatori è schizzato su del 12,2 per cento annuo. A pesare sulle tasche degli imprenditori agricoli sono soprattutto i mangimi (più 20 per cento) e il caro-energia (più 7 per cento).

Ma l’agricoltura non deve essere abbandonata a se stessa -conclude la Cia- tanto più che finora si è dimostrata in grado di gestire la crisi, anche quella occupazionale. Però, per ridare fiato alle imprese, c’è bisogno di interventi a sostegno del settore, di un nuovo progetto di politica agraria che da anni manca in Italia. Altrimenti c’è il serio rischio che altri lavoratori, e anche migliaia di aziende, escano definitivamente dal mercato.

 

di C. S.