L'arca olearia 14/01/2012

Povero olio! Così martoriato dai continui attacchi

Povero olio! Così martoriato dai continui attacchi

Il comparto oleario italiano è stato preso di mira. Dopo il “pacco bomba” mediatico, è ora di far chiarezza. Chi firma inchieste scottanti - sostiene la rappresentante dei Tecnologi alimentari specializzata in elaiotecnica - dovrebbe informarsi meglio. Si rischia di ledere la propria deontologia, ma anche quella di un’intera categoria di professionisti


Perché alcuni giornalisti, in questo momento di crisi generale, invece di contribuire a diffondere ottimismo, almeno dove è possibile, impiegano le proprie energie e il potere mediatico per creare disagio e sentimenti di preoccupazione?
É la domanda che chiunque abbia un minimo di conoscenza del settore dell’olio extra vergine di oliva si porrebbe dopo aver letto l’articolo dello scorso 23 dicembre apparso sulle colonne del quotidiano “la Repubblica”.

Il titolo è forte: “Inchiesta italiana. Il business dei furbetti dell’olio. Cosí l’extravergine taroccato arriva sulle nostre tavole”. Come avete già letto nello scorso numero di Teatro Naturale, il commento del direttore Luigi Caricato è stato molto chiaro, ma merita ulteriori precisazioni.

Non si può lasciar passare inosservato un articolo, quello pubblicato da “Repubblica”, che ha le sembianze di un pacco bomba sotto l’albero di Natale per il settore, e dal quale il lettore potrebbe essere indotto a pensare che TUTTO il settore sia corrotto, e che in Italia non si produca piú olio, ma che l’unica attivitá svolta dal settore sia il traffico illegale di prodotto proveniente dall’estero.

Il messaggio, inquietante e forviante, é stato lanciato purtroppo su un quotidiano a grande diffusione ed è rivolto a un lettore non necessariamente esperto del settore. Inoltre, proprio perché è stato pubblicato su un’importante testata nazionale, è arrivata l’eco all’estero con tutte le relative conseguenze, non apportando nulla di buono alla giá debole immagine dell’Italia.

L’articolo integrale é visionabile al seguente link. Ed esordisce cosí:

I SIGNORI dell' olio si sono inventati una secondogenitura. Non spremono più: trasformano. A modo loro. Trasformano, manipolano, deodorano, profumano. Soprattutto, importano. Comprano a mani basse all' estero e rivendono in Italia, e poi via, di nuovo fuori. Se la tirano da gran produttori del made in Italy, da fuoriclasse dell' oro giallo più buono al mondo. E intanto ci rifilano il pacco, e noi lo beviamo. Olio extravergine d' oliva? E come no: però spagnolo, tunisino, greco, marocchino. Un flusso ininterrotto di miscele di oli "comunitari" e "non comunitari" viaggia ogni giorno verso l' Italia, da Sud a Nord, a bordo di tir e navi cisterna, lungo le rotte dei fuarbetti del frantoio. Sono centinaia di migliaia di tonnellate di oli low cost prodotti nel bacino del Mediterraneo, roba che viene reimbottigliata nelle nostre aziende, dove acquista una nuova, falsa identità. Alla fine, di italiano garantito, c' è solo il marchio (pazienza se i più grossi nomi sono finiti in mano agli spagnoli). Anzi, i marchi. Nelle tasche dei padroni dell' olio entrano 5 miliardi di euro l' anno. Sulle nostre tavole, un bluff. Chi sono i nuovi ras delle olive taroccate? Come funziona il loro business?

E’ proprio tutto vero? Va precisato che l’Italia consuma circa il doppio dell’olio che produce, ed esporta olio in tutto il mondo. Ne consegue che deve importare prodotto dall’estero. Dovrebbe farlo anche se non vendesse all’estero. Non è una novitá, lo si sa bene. Sono anni che si conosce questa realtà. Come si sa anche che oltre a produrre l’Italia seleziona l’olio in tutto il mondo e lo commercializza. Lo sanno da tempo anche Spagna, Grecia, Marocco e Tunisia, i Paesi esportatori nominati nell’articolo, e che grazie alla tecnologia d’estrazione (prevalentemente italiana) e a economie di scala non sempre applicabili in Italia, sono in grado di produrre olio classificabile come olio extra vergine di oliva a costi inferiori rispetto a quelli italiani.
Che io sappia, non è un’attivitá illegale acquistare all’estero e rivendere. Se cosí fosse, sarebbero illegali la maggior parte delle attivitá commerciali.

Che qualcuno faccia il furbo è possibile. I furbi esistono in tutte le attivitá commerciali, ed é compito delle autoritá competenenti provvedere a costoro.
Dall’articolo del quotidiano “la Repubblica” sembrerebbe tuttavia che sia tutto il settore dell’olio a essere coinvolto. Che vengano movimentate ingenti somme di denaro (tutto relativo) è vero, ma è anche vero che quello dell’olio d’oliva è uno dei settori con i margini di remunerazione piú bassi, non solo per il produttore, ma per tutti gli attori della filiera. Il fatturato è cosa diversa dal margine. Anche questo si sa: è un concetto macroeconomico di base, ampiamente conosciuto.

Così, continuando a leggere l’articolo di Paolo Berizzi si parla di un’alleanza basata “sull' inganno subdolo del consumatore, su un modo di operare che è diventato "sistema" e che sta accumulando profitti patrimoniali enormi”..., sentenziando infine che “è arrivato il momento, anche per l' olio, di parlare di agromafia. Bisogna iniziare ad aggredire i patrimoni".

Consumatore ingannato? Non credo che il consumatore che acquista l’olio a 2 euro il litro si senta ingannato. Sta comunque comprando un prodotto dalle caratteristiche nutrizionali ottime e riconosciute a un prezzo vantaggiosissimo. Caso mai é il produttore, poco remunerato, che avrebbe voce in capitolo per lamentarsi.

L’olio extra vergine dovrebbe costare di piú e remunerare meglio il produttore, che sono ormai anni che resiste e continua a produrre, con margini risicatissimi e a volte in perdita, in attesa di un aumento del prezzo di vendita del proprio prodotto, che si spera avvenga al piú presto. L’oligarchia della domanda non aiuta, ma questa, ahimé, é una legge di mercato, nota anch’essa.

Parlare di ecomafie, e di aggredire i patrimoni dei “maneggioni” sembra un’affermazione molto fuori dalle righe, soprattutto quando l’affermazione si basa su interpretazioni distorte di dati che non si ha avuto il buon senso di controllare.
Si, perché l’imprecisione piú evidente – se cosí la vogliamo chiamare – é quella del prezzo d’acquisto dell’olio. Vorrei saperlo dove si acquista l’olio a 25 centesimi, che qualche riga piú tardi diventano 50 centesimi e poi, addirittura, 10 centesimi, senza per altro specificare l’unitá di misura. Suppongo volesse intendere al kg. Sono dodici anni che vivo il mondo dell’olio a livello internazionale, ma non ho traccia di olio venduto a cosí poco.
Ha idea Paolo Berizzi di ciò che scrive?

É giá difficile per il produttore coprire le spese con l’olio venduto a 1,80-2 euro/kg.
A 25 centesimi forse vengono vendute le olive, al kg.
Per informazione del giornalista illuminato: le olive si trasformano, attraverso la frangitura, gramolazione, estrazione (con decanter)....
Servono circa 6-8 kg di olive per fare un litro d’olio. Poi c’é il lavoro dell’agricoltore, del frantoioano, dell’imbottigliatore, di chi commercializza. Tutte figure che vanno remunerate.

Continuando ancora con l’articolo di Berizzi sulle pagine di “Repubblica”, si legge che “quattro chili d' olio su dieci in vendita nei supermercati sanno di muffa”. Sembra un dato improbabile.
La muffa è un difetto che era diffuso quando l’olio si otteneva con le presse. Sono anni che sono ormai scomparse, soprattutto in quei Paesi dai quali l’olio è importato.
É praticamente impossibile trovare una pressa in Spagna, se non nei musei.
A quando risale l’indagine riportata? É vero che si possono trovare sugli scaffali dei supermercati oli venduti come extra vergini che tali non sono, che presentano difetti come riscaldo o rancido. É vero che non dovrebbero esserci... Qui si dovrebbe aprire un dibattito, ma non é questa la sede appropriata.

E ancora, si parla di spremitura e di silos, di cascina. Termini non propri del settore, che denotano la non conoscenza di chi scrive. La spremitura é andata lentamente scomparendo da qualche lustro. Adesso di usano i decanter per ottenere l’olio e i silos sono usati per i cereali, non per l’olio, perché per quest’ultimo si usano i depositi in acciaio inossidabile. Quanto al luogo di produzione dell’olio, si chiama frantoio, o comunque oleificio, non cascina.

I giornalisti che conosco di solito si informano, prima di scrivere. Si dovrebbero informare soprattutto prima di attentare all’immagine di un Paese o, comunque, dell’oggetto delle loro dissertazioni. In caso contrario, si rischia di ledere la deontologia propria, ma anche quella di un’intera categoria di professionisti, cosí come il diffondere messaggi non comprovati puó ledere, come in questo caso, l’immagine di un’intero settore.

 

di Daniela Capogna

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Commenti 5

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
18 gennaio 2012 ore 08:40

Vorrei farti una domanda,Daniela.Non so se sei una assaggiatrice o solo un'appassionata di olio ma quel caratteristico odore che non sto qui a descrivere con l'epiteto che noi addetti ben conosciamo,che si sente nell'olio a 2 euro proveniente dalla Spagna e derivante in gran parte dalla cultivar piqual,per te è una carattestica varietale e quindi normale,o è dovuto all'accumulo di montagne d'olive magari sotto il sole spagnolo o comunque a alte temperature,prima di essere macinate(forse un leggero riscaldo?)?No perchè questa varietà,pur avendo un suo gusto particolare,lavorata rispettando tutte le fasi di lavorazioni,da un olio ben diverso da quello che importiamo e che si vuol far passare come non difettato (anzi si è gia' fatto passare).
Il termine extravergine alla luce di tutte le evidenze scientifiche è ormai un termine che non ha piu' senso.Tutti gli ultimi studi che esaltano le proprieta' salutistiche dell'olio,ovviamente a livello preventivo,fanno riferimento ai famosi polifenoli e tocoferoli con il loro incredibile valore antiossidante e quindi protettivo ma anche antiinfiammatorio (il famoso oleochantal).Nel calderone "extravergine" questi decisivi costituenti non sono neanche presi in considerazione forse perche' una gran quantita' di questo olio ne contiene una minima parte?Il consumatore quando acquista una bottiglia le sa queste cose?
Poi,parliamoci chiaro,non la voglio buttare solo sul salutistico,ma è un olio con una bella carica aromatica(non quella a cui facevo riferimento prima) e ricco di polifenoli E' PROPRIO MOLTO PIU' BUONO DI UNO PIATTO e in cui il piccante sia solo un lontano ricordo.
Mi sto sbagliando Daniela?

Gabriella Coronelli
Gabriella Coronelli
16 gennaio 2012 ore 16:36

Il Consumatore è ingannato, alla grande, quello da 2euro al litro sarà un generico olio che non ha nessun valore nutrizionale è un buon prodotto chimico e basta. Gli oli EVO di alta Qualità pubblicano chiaramente i loro certificati prodotti da enti terzi. Prima di fare un'affermazione tanto assurda pubblichi le analisi e i documenti che dimostrano che esistono oli da 2 euro al litro con "caratteristiche nutrizionali ottime". Tutti i piccoli produttori di Alta Qualità gliene saranno grati, al momento sono basiti dalla sua affermazione, gli articoli di Berizzi, al confronto, sono opere accuratamente documentate!!!!!!!!

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
16 gennaio 2012 ore 14:38



"Consumatore ingannato? Non credo che il consumatore che acquista l’olio a 2 euro il litro si senta ingannato. Sta comunque comprando un prodotto dalle caratteristiche nutrizionali ottime e riconosciute a un prezzo vantaggiosissimo. Caso mai é il produttore, poco remunerato, che avrebbe voce in capitolo per lamentarsi."

Ciao,Daniela,condivido in gran parte il tuo articolo ma vorrei approfondire queste quattro righe che hai scritto e che ho riportato sopra.

E' vero,Daniela,se quel tuo "ottimo" è riferito al fatto che comunque un olio extravergine è un grasso migliore di altri(per il suo rapporto ideale acdi grassi insaturi(omega) e saturi) e che quindi anche quello a due euro è tale.Ma l'"ottimo" finisce li,poi perche' quell'olio possa essere definito "ottimo veramente" non basta che ci sia scritto extravergine,ma a ben altro bisogna far riferimento,quali il contenuto di polifenoli e sostanze aromatiche che ne determinano le proprieta' salutiste e edonistiche.Il consumatore lo sa che sta comprando un prodotto accettabile ma che difficilmente avra' le proprieta' salutistiche e gustative di un ottimo olio extravergine(polifenli e sost. aromatiche alte)?Io penso che la gran parte dei consumatori se sente in tv che gli antissodanti dell'olio sono un toccasana per la salute pensa subito che se compra un olio con la dicitura extravergine compra anche tali sostanze,quindi tanto vale comprare quello piu' economico.Piu' che di inganno qui si parla di assenza di informazione(voluta?) verso il consumatore ma piu' che altro di un termine "extravergine" che oggi vuol dire veramente poco.Basterebbe restringere il range dell'extravergine in termini chimici o creare un sottoinsieme alta qualita'(quella vera) all'interno di questo calderone troppo largo;non solo, bisognerebbe investire nella diffusione della conoscenza dell'olio con corsi nelle scuole,negli asili e ovunque; solo allora non si potra' parlare di inganno,perche' il consumatore puo' realmente scegliere solo quando sa e quando ci sono regole piu' consone.

Ettore FRANCA
Ettore FRANCA
14 gennaio 2012 ore 17:47

Gent.ma sig.ra Daniela, quando tanti anni fa ero un giovane giornalista di buone speranze, ho avuto l'opportunità di chiedere al grande Indro Montanelli venuto a Pesaro per una conferenza, chi fosse - secondo lui - un "bravo giornalista". Dopo un attimo rispose: "Un bravo giornalista è quello che, in un suo articolo, spiega una cosa che non ha capito".
... parole sante !

GIANLUCA RICCHI
GIANLUCA RICCHI
14 gennaio 2012 ore 10:51

Gent.ma Sig.ra Daniela,
Non capisco a favore di chi il Sig.Berizzi si sia schierato nel suo articolo di Repubblica tanto meno il suo Direttore, sono convinto però che da parte del settore tutto quanto prima arriverà la replica.
Mi piacerebbe sapere anche il ruolo della Coldiretti, ci sono dei precisi metodi di prelevamento dei campioni, di analisi, e soprattutto di revisione di analisi. Chi ha fatto il panel test ritenendo che 4 litri su 10 sanno di muffa? chi ha prelevato i campioni alla distribuzione? Quale panel test li ha assaggiati? quale altro laboratorio a confermato i medesimi risultati? sono stati fatti ring test con altri paesi comunitari? hanno potuto replicare le imprese che hanno confezionato l'olio con la muffa? Perchè il settore deve subire tutto questo? Chi dobbiamo sostenere o aiutare? i produttori italiani forse? beh sono d'accordo nel trovare una soluzione atta ad aiutare la nostra olivicultura, non sono altrettanto d'accordo nel voler a tutti i costi scoraggiare le importazioni arrivando addirittura a calunniare un intero settore.
buona giornata a tutti.