Libri
Con lo sguardo attraverso la lente di ingrandimento
Un pessimista che intona, suo malgrado, un inno alla vita come accettazione. Raffaele La Capria ci introduce alla lettura di Madonna con bambina, libro di racconti di Sossio Giametta, filosofo che non disdegna la narrativa
23 ottobre 2010 | Raffaele La Capria
Sono lieto di presentare Madonna con bambina (link esterno), il libro del mio amico Sossio Giametta perché lâuscita di questo libro è stato un evento lungamente atteso e lungamente desiderato da lui e anche da me e ha avuto varie vicissitudini; ma la ferma e giustificata convinzione del suo autore finalmente lâha avuta vinta contro le ottusità editoriali.
Mi pareva, parlandone con lui, che a Sossio stesse più a cuore questo libro â e gli altri libri di narrativa che ha scritto â che non tutta la filosofia di cui si è abbondantemente nutrito traducendo come ognuno sa tutto Nietzsche, Schopenhauer, Spinoza e tanti altri maestri del pensiero.
A lui, più che le grandi questioni poste dalla sua âformazione altaâ, quando scrive di narrativa sembrano interessare le piccole questioncelle che ad ogni istante la vita quotidiana ci propone. Il suo però non è minimalismo, si badi bene, il suo è uno sguardo che passa attraverso una lente di ingrandimento, una lente che ingrandisce le cose piccole e man mano le trasporta in una zona diversa. E quelle che sembravano semplici e magari banali diventano complesse e magari straordinarie, quelle che sembravano piccole ora sembrano grandi. E lo sembrano quando sono attraversate â per usare unâespressione non mia ma che in questo caso trovo molto appropriata â quando sono attraversate dal lampo della sorpresa.
Lâarte, qui, di questi racconti, sta proprio nel fare scattare questo lampo. E così la manina della sua bambina o un qualsiasi pesciolino esposto al mercato del pesce, non sembrano più quello che apparivano a prima vista, sono i custodi di un mistero, il mistero di esistere. Un mistero del quale partecipano tutte le cose, anche quelle più trascurabili e di uso comune, per così dire. Questa è la metamorfosi che avviene nei racconti di Sossio Giametta.
La sua preoccupazione, come mi ha detto, è che tutti i recensori â non tutti i suoi lettori, i suoi recensori, cioè gente che deve mostrare di saperla più lunga su queste cose â tirino in ballo come anche io ho fatto la contrapposizione del filosofo al narratore dando la prevalenza al primo.
Soffermiamoci allora su questo, cercando di capire se la preoccupazione di Sossio Giametta ha qualche fondamento o sia del tutto ingiustificata. Prendiamo ad esempio il racconto âConversazione con lâamico luminareâ, dove il tema molto sottile riguarda la difficile gestione dellâamicizia e le sue minime oscillazioni, che però si ripercuotono in modo preoccupante nella mente di uno dei due protagonisti, Tammaro, alter ego dellâautore. Questi si definisce âamico e collaboratoreâ del luminare prof. Tagliaferri. Unâamicizia, per così dire, non proprio alla pari, perché nonostante lâamicizia il prof. Tagliaferri è non solo il luminare da tutti riconosciuto ma è stato anche il maestro e la guida di Tammaro, e gli ha rivisto una traduzione dal tedesco in cui ha notato qualche errore non di contenuto ma di tono, puntigliosamente soffermandosi su una parola chiave, Erscheinung, tradotta con apparenza.
Uno dei due, il Tagliaferri appunto, il luminare, è, lo si sente, in una posizione più forte rispetto allâaltro. E da qui nasce il conflitto mentre è in corso una conversazione molto erudita in cui si parla di Montaigne e di Tucidide con una competenza che richiede un lettore di buona cultura ma che è comunque comprensibile a tutti e affascinante. Un dialogo come questo â vorrei far notare â è piuttosto insolito nella nostra narrativa, e poteva scriverlo soltanto un narratore sui generis come Sossio Giametta. Infatti ciò che conta qui non è tanto la filosofia ma qualcosa dâaltro, perché vien fuori man mano, mentre si parla di Montaigne e Tucidide, un sottile disagio, unâinquietudine e anche un dubbio non infondato sulla consistenza dellâamicizia, ed è questa la vera chiave musicale e poetica del racconto â racconto che ha un finale alto e disteso, sentite:
Passsando dal pianerottolo buio nellâascensore (tendeva a non accendere la luce sulle scale) e poi dallâascensore al corridoio giù, anche buio (niente posta!), Tammaro rimase abbagliato dalla gran luce che câera in strada. Splendeva il sole ed era una bellissima giornata, un primo annuncio di primavera. Quel nuovo tepore e odore, come gli sembrava, che c'era nell'aria, gli portò il ricordo delle passate stagioni. Ormai non le contava più e non vi faceva attenzione come in passato. Ebbe, come in un lampo, la sensazione che tutto quanto stava avvenendo in lui fosse nient'altro che l'opera lenta e inesorabile del tempo, del tempo formatore, ma anche, pensò, onnivoro e distruttore, che corrode, scioglie e scompone, dopo averli intaccati nelle loro fibre segrete, gli aggregati della mente e del cuore: i pensieri e gli affetti. Ma durò solo un attimo. Quando fece rombare allegramente il motore della macchina uscendo dal garage, gli umori alacri e gai avevano ripreso il sopravvento.
E così, con questa considerazione sul âtempo formatoreâ, ci si avvia alla conclusione. Ma quante cose si trovano in questo racconto sullâamicizia, e quante citazioni interessanti si potrebbero fare, oltre quella che ho appena letto! Câè per esempio un accenno a quella cultura su cui in ogni punto batteva lâaccento di una passione troppo personale â che è appunto la cultura di cui siamo nutriti e di cui anche Sossio Giametta è partecipe â âuna cultura gloriosa ma squilibrata, profonda ma malata, alla quale egli aveva aderito da giovane e si era abbarbicato, forse per la stessa legge elementare ambientale, per la quale il mitilo si abbarbica allo scoglio o forse, invece, per lâintima rispondenza di una segreta aggressività e violenzaâ. E qui si pensa a Nietzsche, visto da qualcuno che ha ben ponderato le sue pagine. Ma subito dopo queste considerazioni âTammaro diede unâocchiata allâorologio sul comodino. Vide che sâera fatta ora di alzarsi. Si voltò un attimo a guardare sua moglie che ancora dormiva: il suo volto giovane e innocente, incorniciato dalla sparse chiome di capelli neri, splendeva di immobile bellezza. Se lâessere umano porta il peso di colpe non commesse, pensò, gli tocca però in sorte unâinnocenza sempre rifiorenteâ. Non è bellissimo vedere come in poche righe si alternano e si danno la mano il filosofo e il poeta presenti in questo narratore?
Tutto questo libro, Madonna con bambina, a me sembra scritto da un pessimista che intona suo malgrado un inno alla vita come accettazione, in una rappresentazione che a volte mi ricorda ciò che Pasolini scrisse di un mio libro: âNei personaggi, visti con crudeltà intellettuale (la moglie, la figlia) ma soprattutto con atavica comprensione, coesiste, con la âquotidianità â rassicurante e mai abbastanza adorata, quella âscintilla cosmicaâ che li rende sostanzialmente estranei: toccati, visti, aggrediti, amati, vissuti ogni giorno eppure totalmente posseduti da qualcosâaltroâ¦â. Quel qualcosâaltro immagino che cosa significasse riferito a me. Riferito a Sossio Giametta direi che è â lâho già scritto sul âCorriere della Seraâ â âil gran mondo organizzatoâ che ci sovrasta come lâonda di uno tsunami e âci costringe a tremare ogni momentoâ.
A tutto questo mi ha fatto pensare il secondo racconto di questo libro, che è appunto quello che gli ha dato il titolo âMadonna con bambinaâ. Qui di quel che è naturale, di quel che è quotidiano, di quel che tutti hanno potuto sperimentare, non si rifiuta nulla, ma proprio nulla, nessuno dei piccoli aspetti sgradevoli, per esempio, della vita di una neonata. Aerofagie, peti, rutti, cacca, puzze e via dicendo, con unâattenzione che a volte appare perfino comica â ed è anche un aspetto divertente di questa scrittura - ma sempre con la consapevolezza che con lâintelletto si può affrontare tutto dando a tutto il posto che gli spetta. âE a quale limpida sorgente non si abbeverava egli stesso quando anche a lui capitava di contemplare, chino sulla culla, la bimba in tali momenti di sereno misteroâ. Anche qui in questo racconto quante considerazioni interessanti sullâimplacabile necessità del nutrimento, sullâimmersione dellâanima individuale nellâanimalità , sul corpo e sullo spirito, e su tante questioni, ma tutte scaturite dalla minima osservazione delle cose minime, che è il tratto distintivo di questa narrativa sempre in bilico tra il tono alto e quello basso. E non mancano neppure le considerazioni di carattere politico connesse alla situazione del Paese: âErano i tempi della beata adolescenza, in cui le infinite dispute e chiacchiere sul marxismo erano di là da venire. No, a quel tempo lâideologia non aveva ancora soggiogato, incatenato le menti di tanti e tanti, che ora ne facevano lâuso più massiccio, e tanto maggiore quanto più il paese si allontanava dalle condizioni di una qualunque sua attuabilità .â E aggiunge in altro luogo: âSi trattava solo di non scambiare per valori le astrattezze dai nomi risonantiâ e di riconoscere la problematicità di tutte le cose.
Nei racconti di cui ho parlato la trama è tutta nel sottotesto, in superficie non si nota nulla. Le trame delle cose, quel che le collega, è talmente esile che quasi scompare. Ma câè un racconto, quello intitolato âIl donoâ, dove appare chiaro che questo scrittore la trama non solo sa tesserla, ma sa avvolgerla in un gomitolo inestricabile di cui può tenere in mano il bandolo. Ed è appunto la storia di un dono che un amico fa ad un amico, ma è anche tante altre cose, la storia di nuovo di unâamicizia e delle sue oscillazioni, la storia di unâeterogenesi dei fini per cui unâazione che si prefiggeva un risultato ne raggiunge invece un altro non previsto, ed è la storia di come può farsi complicata la vita perfino nelle cose più semplici, come il dono di un televisore accompagnato dalla involontaria permalosità di chi lo offre e di chi lo riceve.
Un racconto serrato, con una trama serrata ma fatta di nulla, un racconto che sembra fatto da un ragno tessitore col divertimento di chi sa appunto che nella vita le cose si ingarbugliano in modi imprevedibili e ne porta un esempio leggero ed evidente nella sua ovvia essenzialità . Anche âIl donoâ è un racconto sullâamicizia, un tema che evidentemente sta a cuore allâautore, ma mentre nel primo racconto, âIl luminareâ, i contrappunti dellâamicizia avvengono tra personaggi che sono intellettuali di prestigio e come tali parlano e si esprimono, ne âIl donoâ i personaggi appartengono ad una classe media non ben definita, ma si esprimono coi pensieri e le parole più comuni. E questo lo dico per mettere in evidenza la duttilità di questo scrittore che sa abbracciare una serie molto vasta di punti di vista ed eseguire le sue variazioni con una vivacità e unâimmediatezza in cui si vede bene che lo scrittore non si fa mai intimidire dal filosofo e gli tiene testa in ogni pagina di questo strano e bel libro.