L'arca olearia
Ecco perchè i giapponesi comprano il cibo e l'olio d'oliva italiani
L’Italia non rientra tra i principali fornitori di cibo in Giappone ma questo mercato è strategico per per alcuni prodotti alimentari: uno di questi è sicuramente l’olio extravergine di oliva, anche se il consumatore appare ancora "acerbo" e occasionale
02 agosto 2019 | Evita Gandini
Con un valore superiore ai 57 miliardi di euro, il Giappone rappresenta il quinto mercato al mondo per import di prodotti agroalimentari. L’Italia non rientra tra i principali fornitori, pesando per appena l’1,5%, ma i nostri prodotti sono molto apprezzati e in crescita nell’ultimo decennio (+51% l’import di food&beverage del Giappone dall’Italia a valore).
Queste sono alcune delle evidenze che emergono dal IV Forum Agrifood Monitor di Nomisma e Crif dello scorso giugno dedicato al Sol Levante.
La rilevanza di questo mercato per l’Italia è strategica soprattutto per alcuni prodotti alimentari: uno di questi è sicuramente l’olio extravergine di oliva.
Il Giappone, oltre a pesare per il 7% sul totale dell’olio extravergine di oliva che esportiamo, rappresenta anche - assieme alla Svizzera – il paese con il prezzo medio all’export più alto (rispettivamente 5,6 euro/kg, contro una media mondo pari a 5 euro/kg). Il posizionamento più elevato del nostro olio riflette un forte apprezzamento della qualità e un’ottima perception del Made in Italy da parte della consumer base giapponese.
Nonostante la Spagna abbia da qualche anno spodestato l’Italia dalla sua posizione di fornitore leader di olio EVO in Giappone (passando dal 37% al 49% del mercato dal 2013 al 2018, a sfavore dell’Italia che passa dal 53% a 42%), i consumatori ci riconoscono ancora il primato di produttori di olio EVO di migliore qualità.
Lo dicono i risultati della survey di Nomisma realizzata in occasione del IV Forum Agrifood Monitor su 1.100 consumatori giapponesi: il 53% indica l’Italia tra i paesi che producono gli olii EVO di maggiore qualità (contro l’11% di chi cita la Spagna). Questo è vero a prescindere dalla notorietà effettiva dei nostri prodotti: 9 giapponesi su 10, infatti, non sanno indicare un brand di olio italiano e i restanti citano un brand giapponese dal nome italianeggiante.
Indipendentemente dai suoi acquisti, per Lei da quali PAESI STRANIERI proviene l’olio extravergine di oliva di maggiore qualità? (Prima risposta in ordine di importanza)
Opportunità elevate dunque, ma ancora molto da fare, per il nostro olio EVO.
Ma come incrementare la consumer base in un mercato così lontano, geograficamente e culturalmente, da quello italiano?
Le risposte si trovano nell’analisi delle consumption habits del 61% dei giapponesi che ha consumato olio extravergine di oliva nell’ultimo anno. I dati ci dicono che l’olio user del Sol Levante è ancora “acerbo” e occasionale (il 60% lo consuma meno di una volta al mese); questo si riflette nelle preferenze di formato: complessivamente il 58% sceglie confezioni piccole (da 250 ml o meno). Il canale di acquisto prevalente rispecchia quello della spesa alimentare in generale poiché 7 acquisti su 10 avvengono presso iper-supermercati o mini-market. L’olio viene utilizzato in egual misura per condire o cucinare (48% lo usa prevalentemente per saltare in padella o friggere, mentre la restante parte per finire piatti o condire gli alimenti) perlopiù carne e verdure crude.
Negli ultimi 12 mesi ha acquistato olio extravergine di oliva soprattutto nel formato ...
Ma ciò che più aiuta ad interpretare il consumatore e quindi individuare le azioni a supporto delle aziende interessate ad operare in questo mercato è l’analisi dei criteri di scelta dell’olio EVO: lo studio degli attributi del prodotto o del processo con cui è fatto l’olio è fondamentale complessivamente per il 45% degli users. In particolare, i primi due fattori di acquisto sono, a pari merito, le caratteristiche organolettiche del prodotto e il formato/packaging/labelling (ciascuno rilevato come prioritario dal 17% degli attuali acquirenti di olio EVO).
Sapore/colore/odore dell’olio sono punti cruciali, dunque, nella scelta, che deve essere quindi sempre accompagnata da un’idea precisa di come (quantità/crudo/cotto) e dove (quali piatti/ricette) poterlo utilizzare. Da qui deriva l’importanza di far conoscere il nostro prodotto tramite assaggi/degustazioni guidate ma anche show cooking, corsi, laboratori, ancor prima di pubblicità su internet e social media, nonostante questi ultimi rimangano i canali di comunicazione più efficaci in generale sul mercato giapponese.
Il secondo punto (importanza del packaging/labelling) ribadisce il ruolo cruciale che l’estetica riveste, da sempre e trasversalmente, sulle scelte di acquisto dei consumatori giapponesi: un’etichetta leggermente storta può compromettere l’affidabilità e l’apprezzamento di un brand e l’intero assortimento a scaffale.
Anche il prezzo però ha la sua parte nel processo di selezione visto che il 28% sceglie prevalentemente l’olio EVO in promozione o quello più economico.
Brand e origine infine hanno, ancora per il momento, ruoli secondari nelle scelte di acquisto di olio EVO (rispettivamente il 13% e il 14% dei giapponesi sceglie principalmente in base a questi fattori), a riprova che i margini di sviluppo del Made in Italy su questo mercato sono ancora ampi. La grande sfida sarà dunque quella di posizionare il binomio olio EVO-Made in Italy non solo nel cuore e nella mente del consumatore giapponese, ma anche tra gli assortimenti della Gdo.
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