L'arca olearia 20/04/2018

Nasce Slow Olive, un progetto per tutelare, promuovere e proteggere l'olio extra vergine d'oliva

Slow Food lancia uno strumento, un work in progress continuo, per difendere l'olivicoltura italiana. Occorre cambiare le regole del gioco, ricordandoci che: "Perdere un pezzo di oliveto vuol dire perdere un pezzo di tutti noi" come affermato da Gaetano Pascale


Un cibo quotidiano buono, pulito e giusto e sano per tutti è un obiettivo ambizioso e apparentemente difficile da raggiungere. È, paradossalmente, più un fatto culturale che produttivo. Occorre certamente aiutare, difendere e sviluppare le produzioni agricole che sono già orientate o si stanno orientando nella direzione di modelli produttivi sostenibili. È, soprattutto, necessario educare e formare i consumatori perché possano scegliere consapevolmente. L’agroindustria ci colpisce quotidianamente con messaggi che esaltano soprattutto il fattore economico dei prodotti e non il loro valore intrinseco: ambientale, sociale o semplicemente organolettico. Reclamizzare un prodotto puntando esclusivamente sull’aspetto prezzo significa permettersi di tacere su come quel prodotto alimentare è stato ottenuto, su quale è l’impatto ambientale della produzione, della trasformazione e della commercializzazione. Significa permettersi di tacere sui reali valori nutrizionali e salutistici di quel prodotto. Significa tacere sugli aspetti (spesso poco) etici di quel cibo.

Un prodotto che può a diritto simboleggiare questa situazione schizofrenica che attanaglia il mondo agroalimentare è certamente l’olio extravergine di oliva. Dietro l’etichetta che rappresenta uno dei simboli del modello alimentare virtuoso per eccellenza, la dieta mediterranea, possiamo scoprire prodotti anche molto dissimili fra loro, con aspetti organolettici, ambientali e sociali completamente diversi. Il consumatore, giustamente, si sente spaesato davanti a uno scaffale di bottiglie tutte apparentemente contenenti olio extravergine di oliva, almeno secondo l’etichetta. Poi, abbassando lo sguardo si scopre che il prezzo varia da pochi euro, spesso meno di quattro, a oltre dieci, alle volte quindici o più. Il consumatore avrebbe bisogno di maggiore chiarezza, informazione e formazione: perché questa differenza di prezzo? Perché i messaggi pubblicitari fanno trapelare che quello che conta è alla fine solo il prezzo? Davvero è questa la sola discriminante che dobbiamo valutare per scegliere un olio extravergine di oliva?

Slow Food non ha la presunzione di avere una risposta a tutte queste domande ma ha sicuramente l’orgoglio di aver intrapreso una strada che, forse, potrà dare alcune, magari molte, risposte grazie al progetto Slow Olive nato, tra l’altro, con l’obiettivo di informare e formare il consumatore alla scelta consapevole di un prodotto che dovrebbe avere un ruolo centrale nella nostra alimentazione. Il progetto è articolato e utilizza diversi strumenti tutti fondamentali, alcuni innovativi: il Presidio dell’Olio Extravergine di Oliva Italiano, l’educazione attraverso il Master of Food dedicato all’olio, la comunicazione in pillole, l’elenco dei produttori e degli oli assaggiati e meritevoli di segnalazione.
Di questo e altro si è parlato nell’incontro che si è svolto a Verona lo scorso 17 aprile in occasione di SOL&Agrifood. Hanno parlato, soprattutto i protagonisti: i produttori di olio extravergine di oliva, coinvolti nel Presidio nazionale che, attraverso le loro testimonianze, hanno trasmesso la passione, la competenza e la professionalità di un lavoro spesso fatto solo per amore di un prodotto che tante difficoltà sta attraversando, soprattutto in questi ultimi anni. Quattro testimonianze di quattro regioni diverse, da Nord a Sud, unite nel denominatore comune - è emerso in tutti gli interventi - dell’amore per la propria terra, delle battaglie per la tutela di quel territorio e per la valorizzazione delle cultivar tradizionali.

È il caso di Paola Jori, di Laghel7, bolzanina trapiantata in quel di Arco, dove si è innamorata, oltre che di suo marito, anche della casaliva, tipica varietà locale, e dell’alto Garda. Un paesaggio che solo per caso, a detta di Paola, si trova a cavallo del 46° parallelo: le caratteristiche climatiche, la presenza di olivi e palme, il clima ventilato e piacevole potrebbero tranquillamente far pensare a un ambiente mediterraneo. Paola ha sottolineato la sua azione quotidiana di tutela e preservazione di questo paesaggio, anche attraverso pratiche agronomiche biologiche che sono il vero valore aggiunto per il raggiungimento dell’equilibrio dell’olivaia.

Nico Sartori, veneto trapiantato in Toscana dove da anni conduce la Fattoria Altomena, ha raccontato il passaggio da una diffidenza iniziale nei confronti del progetto del Presidio verso una sempre maggiore convinzione che si tratta di uno strumento utile per i produttori di piccola scala che sono quotidianamente oppressi da leggi e regolamenti che non aiutano, anzi danneggiano, chi fa olio di qualità. Anche Nico ha sottolineato come l’olivicoltura e la tutela del paesaggio siano due elementi inscindibili.

Paesaggio, olivicoltura, qualità del prodotto, un trittico inscindibile anche per Alfredo Cetrone, che nella sua azienda sulle colline Pontine cerca quotidianamente di difendere, anche ingaggiando battaglie non facili. Ogni oliva e ogni olio, secondo Alfredo esprime un proprio paesaggio e una propria eccellenza. L’esempio di tutto ciò, premiato oggi dal Presidio dell’olio extravergine italiano, è incarnato dall’itrana, cultivar tipica locale che anche grazie a lui è stata sdoganata da una produzione per il solo consumo come oliva da mensa: con l’itrana si fanno oggi oli eccellenti e si tutela contemporaneamente il paesaggio.

Quel paesaggio, in una regione che è il simbolo stesso dell’olivicoltura italiana e del paesaggio olivicolo italiano, che Pietro Intini, dell’omonima azienda ha difeso, recuperando alla produzione di un olio di qualità la cima di Mola, cultivar nel passato spesso usata come portainnesto e non capita, dal punto di vista produttivo, dalla maggior parte dei coltivatori. Lo studio, gli esperimenti e la caparbietà di Pietro hanno permesso di modificare tempi e modalità di raccolta delle olive di questa cultivar, consentendo di ottenere un prodotto di altissima qualità. Oggi altri produttori stanno seguendo l’esempio e questo è il più bel premio a un’operazione che sicuramente non è stata facile.

Ha tirato le fila Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, sottolineando che con Slow Olive Slow Food ha operato una scelta di campo. Presidio, guida, progetti educativi sono semplici strumenti di un progetto che ha come obiettivo la valorizzazione dei piccoli produttori. Occorre, secondo Pascale, far sentire forte la voce di tutti coloro che hanno a cuore l’olivicoltura di qualità e occorre che le leggi e i regolamenti facciano chiarezza. Oggi è necessario smettere di parlare semplicemente di olio extravergine di oliva e identificare con questo termine prodotti che hanno poco o nulla che li accomuna. I produttori, a loro volta, devono aiutare Slow Food a migliorare il progetto olio e fare squadra comune anche per migliorare il quadro normativo. Su questo punto Pascale ha ribadito che il messaggio di semplificazione dovrebbe riguardare la produzione e non la possibilità di scelta dei consumatori. Occorre costruire un’alleanza per cambiare le regole del gioco, ricordandoci che: «Perdere un pezzo di oliveto vuol dire perdere un pezzo di tutti noi».

di Mauro Pasquali

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Commenti 1

marcello cartocci
marcello cartocci
21 aprile 2018 ore 18:12

Mi pare molto giusto e di buon senso ciò che illustra G. Pascale.
Occorre con tempestività da subito riconoscere il valore nutrizionale dell'olio extra vergine che deriva dalla pratica di mantenimento e coltivazione dei nostri oliveti cui magnificano il nostro territorio e lo proteggono dalle erosioni naturali. Quanto ormai costatato, non è importante l'etichetta quanto la provenienza e perciò non possiamo più perdere tempo. Occorre agire in funzione della produzione e di colui che si adopera per il miglioramento dell'ulivicoltura. Con particolare riferimento alle zone di stretta vocazione ulivicola che sono le colline o pedecolline.