Libri 17/09/2005

“NELLA STANZA” DI ELVIRA BATTAINI C’E’ POSTO PER LE EMOZIONI

Ci sono libri che stupiscono e sconcertano. Quelli della scrittrice milanese hanno sempre lasciato il lettore interdetto. La sua scrittura è delicata e nel medesimo tempo gonfia di irruenza. Ciò che più sorprende è la provocatoria inattualità dei testi


E’ una poetessa inattuale Elvira Battaini. Fortemente anacronistica. Non nel senso che la sua voce letteraria non risponda più alle attese di un pubblico di lettori contemporaneo, ma nel senso, semmai, che la sua sensibilità, sempre altissima e ricca di tensioni, resta permanentemente ancorata a un gusto novecentesco oggi non più avvertito come necessario e fondamentale.

I tempi cambiano e c’è chi non riconosce più il passato. La Battaini, al contrario, vuole proprio fuggire le assurdità e le incongruenze del presente per dare maggiore spazio e fondamento a ciò ch’è stato, a una visione del mondo e delle cose di gran lunga distante da quella che si percepisce comunemente in questi anni. Le sue frequentazioni poetiche non considerano volutamente il lavoro svolto dalla neoavanguardia; la sua scrittura non ha conosciuto contaminazioni.

Lo sguardo della Battaini è fisso sulla natura: “Mi sono cinta i capelli / in una fascia azzurra / azzurra / così che il cielo e il mare / ebbero invidia: / per questo / il cielo si oscurò / come notte“. Ed è sempre lei in primo piano, protagonista, a dominare la scena: “(...) Con la mia veste rossa e le mie trecce nere; / sarò all’alba la prima a destarsi - / con le mie braccia chiamando, / alte, i gabbiani. / Io sarò uccello e onda, / e nube e vento e ramo: / ramo per il nido dei gabbiani, / la conca delle mie braccia sospesa, / sul mio capo; e tutto il capo diventò un’alga marina /verdi i capelli e pieni di lucciole / e luccichii, incerti, la sera. (...)”.

E’ poesia, quella della Battaini, che si ama o si rifiuta. Ha movimenti sensuali e non conosce ironia.
Sembra di rivivere, nei suoi versi irregolari, certe arie da primo Novecento, crepuscolari e intimiste.
C’è – nascosta, quasi invisibile, ma c’è - una sana inquietudine che la attraversa: “Ho paura del sonno / come di un cunicolo / buio che inghiotte / (...)”.
C’è il sentimento della paura che alle volte incombe. Ed è paura del mondo, del male quando soprattutto si presenta con camuffamenti imprevedibili.



Nella stanza, il libro di cui scriviamo, è in realtà un volumetto minuscolo, tascabile – edito da Apollo e Dioniso (pp. 56, euro 8). L’autrice è già nota e apprezzata per la silloge di versi Lettere agli amici (1986) e per le leggiadre prose di Fiabe bizantine (1990), Interrogare le immagini (1993) e Fiabe dell’angelo (1995). Di Elvira Battaini abbiamo scritto su “Teatro Naturale”, presentando il carteggio con Ezio Franceschini: link esterno

di Luigi Caricato