Cultura 12/03/2005

DUE ANIME ELETTE E LIMPIDE MESSE A NUDO IN UN CARTEGGIO

E’ stato pubblicato un volume che raccoglie un intenso colloquio spirituale, e non solo, tra un uomo e una donna speciali. Lui è stato un illustre studioso di letteratura latina, ma anche rettore all’Università Cattolica durante la contestazione studentesca del ’68; lei è una scrittrice tuttora impetuosa e irrequieta


Il libro è uscito per le edizioni Spes di Milazzo e ha per titolo Lettere da un Maestro. Ezio Franceschini a Elvira (1963-1982).
Si tratta di un carteggio davvero sublime, pur nella sua dimensione privata dominante. Dello scenario esterno, con le tante problematiche che la seconda metà degli anni Sessanta portava con sé, nessuna traccia.

Pubblicato a distanza di ventidue anni dalla morte del noto latinista, nonché rettore dell’Università Cattolica di Milano, mette in luce la storia intima e segreta di due anime che si incontrano e si piacciono, un uomo e una donna.



Franceschini muore il 21 marzo del 1983 e solo ora questo carteggio viene alla luce. Sono scritti che ritraggono con grande efficacia la straordinaria figura di un uomo nella sua relazione con una donna insolita, stravagante per certi versi, inattuale per tempi in cui la società si muoveva in altre direzioni. I due si conoscono mentre maturano i moti della contestazione studentesca. Inoltre, altro elemento da considerare e per nulla trascurabile, Franceschini era entrato a far parte sin dal 1929 dell’Opera della regalità di Cristo, un istituto secolare i cui membri facevano voto di castità, povertà e obbedienza pur restando nel mondo, seppure in tutta riservatezza.

L’incontro con questa donna è stato un arricchimento reciproco. Questa donna si chiama Elvira Battaini e scrive libri di poesie e fiabe per adulti. Si è laureata nell’università fondata dal Gemelli nel luglio 1963. Il suo correlatore è stato proprio Ezio Franceschini. Un incontro fatale, magico. La tesi recava il titolo La verità delle Maschere o il problema spirituale artistico di Baudelaire.

La scrittrice non è una donna come tante altre, è un’artista con occhi capaci di vedere in modo alquanto diverso il mondo che le scorre davanti.

Ecco come la Battaini presenta Franceschini:
Lo ricordo con la barba bianca e il profilo da Imperatore romano. Diedi con lui un esame scritto di latino. Ricordo che passandomi accanto, disegnò un’ochetta a margine: errore rintracciato e ovviato. Io guardavo il suo profilo da Imperatore romano. Diedi con Lui gli esami orali. (...) Egli mi guardò, ad un tratto, stupito. “Ma lo sa che Lei mi stava facendo fare un errore? Stavo per scambiarLa per una persona normale. Come mai?” (...)

No, Elvira non è normale. Infatti:
Per la tesi mi disse: - “E come si vestirà? Perché da Lei ci si può aspettare di tutto, anche che arrivi con un vestitino a fiorellini alla provenzale”.

In una lettera lo studioso scrive peraltro alla sua allieva, con un certo disappunto:
Ma che i miei colleghi di Magistero non si siano accorti dell’Elvira e non l’abbiano acciuffata subito è cosa che mi umilia e mi mortifica.

Nelle pagine di questo libretto si trova la freschezza di un dialogo fra anime alte e nobili. C’è persino un tocco di sensualità lieve e mai forzata, comunque limpida e ariosa. C’è il legame tra un uomo e una dona che sembra quello tra un padre e una figlia, ma anche quello che si instaura tra un saggio fratello maggiore, paziente, premuroso, e una sorella giovane e bella, dirompente: irrequieta soprattutto. Cara Signorina, oppure cara Elvira, cara amica. Franceschini si rivolge alla sua corrispondente con modi affettuosi e garbati, sinceri e appassionati.

Non mancano le raccomandazioni protettive: “faccia voto di ubbidire a me, se non vuole farlo ad altri”; “Lei è un gomitolo d’arte e di sensibilità. Si sopporti così com’è, e sia serena”; “Sia serena e paziente: sono due grandissime virtù”; “Non si rompa la testa con le interpretazioni di se stessa”; e via a seguire.

Il legame è profondo, franco: “Non badi a critiche – scrive Franceschini - , e neppure ad eventuali probabili disagi: badi a mangiare (burro e marmellata: poi, il resto...), a dormire almeno 9 ore, ad andare per i boschi a conversare con i sette nani (assai più importanti degli uomini...).



L’uomo Franceschini è una figura magnifica, solida: nato nel 1906, si schierò contro i nazifascisti e organizzò una rete per l’espatrio in Svizzera di ebrei, prigionieri e perseguitati politici. Tra questi il comunista Marchesi, suo professore in università. Lui, cattolico, non conobbe distinzioni: tutti gli uonmini sono uguali. Ebbe in seguito incarichi accademici importanti e fu peraltro rettore della Cattolica di Milano dal 1965 al 1968. Fu difensore strenuo della legalità e per questo chiamò per primo in Italia la polizia all’interno di un ateneo. Ma fu anche capace di riconoscere l’elemento di novità presente nel movimento studentesco. Nel luglio 1968 fu costretto a dare le dimissioni da rettore. La sua colpa? Aver pensato a una riforma che tenesse in considerazione le istanze studentesche. Insignificanti i suoi colleghi, incapaci di cogliere la giustezza dei suoi propositi. Non tutti sono capaci di guardare più in là del proprio naso. La testa di alcuni è dura come il cocco, e impermeabile. Elvira Battaini ha avuto in tutto ciò il merito di aver fatto emergere – attraverso la sua ineguagliabile levità – il lato meno ufficiale, quello più segretamente intimo, di un uomo, di un grande uomo e intellettuale, che è stato cattolico serio, non di quelli corazzati da una corteccia di ferale ipocrisia come è accaduto e accade di trovarne spesso in giro.

di Luigi Caricato