Mondo Enoico 19/03/2011

Guardiamo all'export. No, educhiamo i consumatori italiani. Vino in subbuglio

Per Antinori la diminuzione dei consumi interni è un falso problema, visto il trend positivo delle esportazioni. Dall'estero l'accusa più velenosa: i produttori italiani si sono dimenticati di educare le nuove generazioni


Si accende il dibattito sul mercato vitivinicolo a proposito dei dati sulla riduzione della domanda interna di vino nella grande distribuzione (link esterno).

"Quello della crisi dei consumi interni di vino è un falso problema, preoccupiamoci piuttosto di vendere bene nel resto del mondo. Il vino di qualità e' il prodotto più globale in assoluto, non vedo perchè ci si debba focalizzare su una nicchia di 60 milioni di abitanti quando fuori c'è un mercato di 6 miliardi di persone da conquistare. Per una volta il nostro Paese dovrebbe pensare a crescere, non a conservare". Così il presidente dell'Istituto del vino italiano di qualità Grandi Marchi, Piero Antinori, è intervenuto nel recente dibattito sulla crisi dei consumi interni di vino. "Allarmarsi per un calo fisiologico dei consumi interni è come guardare la pagliuzza per non vedere la trave. Negli ultimi 10 anni gli Stati Uniti hanno visto raddoppiare i consumi interni, per non parlare dei Paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina), dove 3 miliardi di persone e centinaia di milioni di nuovi ricchi si 'occidentalizzano' attraverso i nostri status symbol, vino di qualità in primis. In Cina - che è già un mercato potenziale da un miliardo di bottiglie l'anno - ogni 100 litri di vino provenienti dall'estero solo 5 portano l'etichetta italiana. E ancora, a Hong Kong, hub principale per la distribuzione del vino in Asia, il vino italiano si colloca in settima posizione, con una quota di penetrazione del 2,3%, contro il 33% della Gran Bretagna - che distribuisce per lo più vino francese - o il 31% della Francia. Sono questi - ha aggiunto il presidente Antinori - i veri problemi del nostro vino, non tanto quelli legati ai consumi interni. I consumatori italiani sono senz'altro tra i piu' maturi e consapevoli al mondo: qui, negli anni, il vino si è trasformato da alimento a piacere, da abitudine a scelta culturale. Certo - ha concluso Antinori -non giovano le campagne sempre più aggressive contro il consumo di alcoolici. Campagne dove il vino è sul banco degli imputati e dove si rischia di fare di un'erba un fascio".

"Vi preoccupate tanto di come avvicinare i consumatori degli altri Paesi al vino, ma avete dimenticato che il cambio generazionale a casa richiede lo stesso sforzo". Per Veronika Crecelius, giornalista tedesca corrispondente in Italia della rivista Weinwirtschaft il mercato italiano è stato "semplicemente trascurato".

Meno diretti forse, ma sulla stessa linea di pensiero gli altri protagonisti della quarta serie di interviste a istituzioni di categoria, produttori, comunicatori, operatori della distribuzione, pubblicitari/esperti di costume realizzate da Vinitaly.

"Il vino italiano di qualita' gode di corsie preferenziali sui mercati esteri - dice Ricci Curbastro Presidente Federdoc -, ma il mercato italiano non va trascurato, perchè la crescita dell'export non compensa affatto le perdite dei consumi interni". Per questo, a fronte di una società che sta cambiando, servono programmi di comunicazione sulla corretta assunzione del vino e di promozione del legame con il territorio e le tradizioni culturali e culinarie.

"Occorre riscoprire l'attivita' di degustazione come propedeutica alla vendita - dice Antonio Capaldo, presidente della Feudi di San Gregorio -, come si fa in tantissimi mercati considerati a torto meno evoluti, perche' se il cliente non degusta non acquista"

Responsabilità anche, ma non solo, della frammentazione del sistema vitivinicolo italiano, rappresentato, secondo Marco Selmo, responsabile liquidi del gruppo Carrefour., da una "miriade di piccole aziende, che non riescono a dare un messaggio univoco che migliori l'immagine del vino agli occhi del consumatore"

“La ripresa del settore vitivinicolo italiano passa dall’export. Così Adriano Orsi - presidente del settore vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative commenta i dati Istat sull’export vino per l’anno 2010, che confermano una crescita rispetto al 2009 pari all’11,7% in valore (arrivando a sfiorare quota 3,9 miliardi di euro) ed al 10,7% in volume, per oltre 20 milioni di ettolitri esportati. “Risultati importanti - continua Orsi - frutto anche di una stretta collaborazione tra le cantine cooperative, le associazioni e le istituzioni che hanno lavorato insieme per la realizzazione di programmi di promozione sostenibili verso i Paesi Terzi, cofinanziati con i fondi messi a disposizione dall’Ocm vino”. Non è un caso, infatti, che a trainare la ripresa dell’export nel 2010 siano stati proprio quei mercati che tra il 2009 e il 2010 hanno beneficiato di oltre 90% dei progetti approvati dal Ministero delle Politiche Agricole a livello nazionale, come la Russia (+59,6%), il Canada (+28,6%), la Svizzera (+12,5%) e gli Usa (+11%).

di Ernesto Vania