Mondo Enoico 26/01/2016

Recuperare il valore dei legni italiani per l'affinamento dei nostri grandi vini

La produzione di vasi vinari, abbinata all’impiego di mezzi e procedure innovativi nella tipicizzazione del vino, cosi come altri prodotti di pregio come aceto, vin santo, grappa, può oggi dare un impulso anche alle attività locali proprie dell’utilizzazione boschiva e della trasformazione del legno


E' stato presentato all’Accademia dei Georgofili il volume “Il Vino nel Legno” (a cura di Raffaello Giannini, Firenze University Press) in cui vengono illustrati i risultati del PROgetto di VAlorizzazione della produzione legnosa dei boschi del ChiantI (PROVACI), svolto dalla Fondazione per il Clima e la Sostenibilità con il contributo finanziario dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. L’incontro è stato organizzato con la collaborazione di ASET (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana).

I boschi hanno fornito e forniscono prodotti e servigi essenziali per la sopravvivenza della popolazione umana che possono identificarsi in valori di uso diretto ed indiretto. Se da una parte è interesse valorizzare il settore naturalistico ed ambientale ovvero quello turistico, altrettanto incisiva deve essere l’azione di valorizzazione della produzione legnosa sia nei confronti del ruolo che questa può svolgere ancor oggi quale fonte energetica, sia in relazione a differenti filiere foresta-legno finalizzate.

La scelta del territorio del Chianti Classico è stata determinata dal fatto che in tale area, più che altrove, la presenza del bosco si associa e si compenetra alla coltura della vite conferendo al paesaggio quel particolarissimo fascino che è motivo di evidenza, di valore economico, di fattore traente e di supporto ad altre attività produttive.

In particolare, partendo dall’uso, nel passato e nel presente, delle principali fonti di approvvigionamento della materia prima legno per la produzione dei vasi vinari, è ragionevole e doveroso prospettare situazioni innovative per il futuro. Difatti nel passato la diffusione a livello aziendale dei boschi di castagno sulle pendici dei Monti del Chianti (per la presenza di un substrato roccioso di macigno arenaceo), aveva favorito l’impiego del legno di questa specie nella costruzione di tini, botti, carati, barili, diventando tradizione diffusa legata alla vinificazione, che prevedeva l’utilizzo dei polloni per doghe per vasi di volumi contenuti e quella delle matricine per doghe per botti e tini che tra l’altro, in questo caso, venivano realizzate per segagione e non con piegatura.

La produzione di vasi vinari, abbinata all’impiego di mezzi e procedure innovativi nella tipicizzazione del vino, cosi come altri prodotti di pregio come aceto, vin santo, grappa, può oggi dare un impulso anche alle attività locali proprie dell’utilizzazione boschiva e della trasformazione del legno, esaltando il carattere artigianale nonché favorendo l’autoconsumo dei prodotti all’interno delle comunità e la promozione dell’impiego a “chilometro-zero” per uno sviluppo di politiche ambientali virtuose.

Di grande interesse i risultati raggiunti, che sono esposti nel libro. Fra i più significativi, la quantificazione della produzione dei boschi di Castagno e Roverella, pari a circa 2 milioni di tonnellate, corrispondente a circa 100.000 tonnellate annue. Nel caso del Castagno, la massa disponibile nei cedui destinabile ad assortimenti per vasi vinari, per turni di utilizzazione di 20-30 anni, è risultata pari a 120 m3/ha/anno, quantità che è da considerarsi significativa e che consentirebbe di aumentare il valore complessivo di tutto il soprassuolo. Il progetto si è concluso con la realizzazione di alcuni Carati da 250 litri, costruiti in legno di castagno certificabile per provenienza aziendale locale. Risulta evidente l’interesse di proseguire l’attività sui vari aspetti sopra indicati e che abbia come obiettivo la valutazione dell’impiego di uno specifico vaso vinario, il CARATO del Chianti, nell’affinamento ed invecchiamento del vino.

di C. S.