Editoriali 10/03/2017

La ricerca accetta la sfida e l'olivicoltura italiana?

Un recupero intelligente del nostro patrimonio varietale olivicolo non può non prendere in considerazione i cambiamenti dei tempi, dei gusti e del clima. La fenotipizzazione del germoplasma olivicolo è un'importante sfida che ci attende, se vorremo coglierla, afferma Mauro Centritto, direttore del CNR IVALSA


Il declino italiano, in termini produttivi, è nei fatti, con la Spagna che ci ha superato abbondantemente e nuove olivicolture, da quella tunisina a quella turca, a insidiare il secondo gradino del podio.

La perdita del primato produttivo ci obbliga a metterci in discussione e forse anche a un cambio di prospettiva.

L'Italia olivicola non è più il centro del mondo ma un pezzo del Mediterraneo e quindi una porzione dell'identità mediterranea.

Credo occorra riflettere maggiormente sulla necessità di partire da un'identità mediterranea, nell'ottica di una dimensione e competizione internazionale, per poi arrivare a un'identità territoriale.

L'olio d'oliva è la bandiera del Mediterraneo, qui si produce l'80% e più dell'olio d'oliva mondiale. La culla del germoplasma olivicolo è qui. Non possiamo dimenticarlo.
Poi, certamente, possiamo essere orgogliosi del fatto che sulle 2629 varietà/ecopiti mondiali di olivi censiti dalla FAO, il 25% circa sia italiano, ma dobbiamo anche saperlo utilizzare pienamente.

La grandezza e il limite dell'olio d'oliva è la sua freschezza. Il vino e altre derrate agricole si possono conservare (nel caso del vino l'affinamento e la maturazione anzi fanno accrescere il valore aggiunto), L'olio no e questo ci obbliga a produrre tanto e bene tutti gli anni. Possibile? Una sfida difficile e non l'unica.

Dobbiamo comunque attrezzarci di fronte a un mondo che cambia. Cambiano i gusti, i trend e le mode ma anche il clima. Il Mediterraneo sarà l'area geografica che probabilmente più risentirà di questi cambiamenti, con l'innalzamento delle temperature ma soprattutto la diminuzione della piovosità.

In questo contesto occorre riprendere il nostro patrimonio vegetale olivicolo e rivalutarlo, rianalizzarlo per capire come rispondono le diverse varietà a climi diversi.

Questo processo scientifico si chiama fenotipizzazione.

Il CNR è il centro scientifico di riferimento per l'Italia in Europa per tale delicato e importante passaggio. Da tempo applichiamo tecniche, afferibili alla branca dell'agricoltura di precisione, per arrivare a capire come rispondere a cambiamenti globali ed epocali, adattando anche le tecniche agronomiche in maniera puntuale, precisa e sostenibile.
In questo momento, però, il nostro Paese ha bisogno di sinergie. Per questa ragione, vorrei che CNR e CREA collaborassero, utilizzando come base le ricchissime collezioni di germoplasma sia del CNR (presso l’Azienda Santa Paolina dell’IVALSA) sia del CREA (Centro di Ricerca per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia, Rende). Queste due collezioni hanno centinaia di genotipi di olivo in comune e quindi costituisco due siti unici al mondo per studi comparati di “common garden” in ambienti pedoclimatici contrastanti. Ciò potrà permettere di valutare l’interazione genotipo × ambiente × variabilità inter-annuale, valutando, secondo protocolli comuni, le caratteristiche agronomiche, produttive ed i tratti qualitativi dell’olio per ogni singolo genotipo. Questi studi consentirebbero di sviluppare e convalidare modelli fenologi (fioritura e fruttificazione), epidemiologici (malattie tradizionali e nuove emergenze) e di dinamica delle popolazioni (es. mosca dell'olivo) ed in definitiva di individuare i genotipi resilienti ai diversi scenari di cambiamento globale.

Questi due siti potrebbero costituire il nodo nazionale e a contempo mondiale di “phenotyping” dell’olivo.

Queste ricerche potrebbero far fare all'Italia un salto colturale e culturale notevole e, nell'ambito del concetto di identità mediterranea, recuperare anche una dimensione di italianità che, se il declino produttivo continuasse inesorabile, rischiamo di perdere.

La ricerca può fare moltissimo per dare nuove prospettive all'olivicoltura nazionale, in un mondo che cambia.

Non ci si può però aspettare miracoli dalla sola ricerca scientifica.

Noi offriamo conoscenza ma bisogna poi utilizzarla, altrimenti si fa il gioco della concorrenza.

di Mauro Centritto

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Commenti 1

MARIO DE ANGELIS
MARIO DE ANGELIS
13 marzo 2017 ore 16:57

Egr. Dr. Centritto, la Spagna ci ha superato abbondantemente in termini produttivi, ma la Spagna non pensa di chiudere l'Instituto de la Grasa di Siviglia. Invece l'Italia ha chiuso l'Istituto Sperimentale per la Elaiotecnica di Città Sant'Angelo (Pescara).
In quanto alle collezioni ricchissime di germoplasma, il citato Istituto possedeva un'azienda olivicola con oltre 100 varietà di olive italiane e non solo. Tale collezione è stata distrutta dalla "scienza col camice bianco" incaricata della direzione dell'azienda e le piante sicuramente finiranno in qualche caminetto!!!
Venite a vedere gli ex oliveti visitati, qualche decennio fa, da tecnici e studiosi dei Paesi del Mediterraneo.
Saluti.
Mario De Angelis