L'arca olearia 05/06/2010

Una proposta spiazzante: perché non cambiare i vertici di FederDop?

Non per spirito polemico, ma per nobili ragioni. Il mondo dell’olio ha bisogno di aria nuova, le scelte non devono piovere come sempre dall’alto. Ci vuole una candidatura che parta dalla società civile, si farebbe il bene delle denominazioni di origine. Ecco il presidente ideale




Queste mie considerazioni non hanno l’obiettivo di destabilizzare FederDop, non sia mai, ma esprimono una sana provocazione che andrebbe raccolta con spensieratezza d’animo, così da essere opportunamente meditata.

Finora alla guida di simili strutture interconsortili sono state collocate figure imposte dall’alto, e infatti si notano anche i risultati: la scarsa forza espressiva degli oli a denominazione di origine protetta non è il frutto del caso, ma la conseguenza di un’assenza di politiche di indirizzo.
Non è un rilievo critico fine a se stesso, questo, ma una constatazione.

Il fatto che FederDop sia una presenza impalpabile ci fa seriamente riflettere, visto che in teoria dovrebbe essere un faro per tutti i consorzi di tutela che ne fanno parte, ma resta solo un faro senza luce.

Il fatto che venerdi 11 giugno ci sarà un incontro a Roma, in coincidenza con un altro convegno sull’olio organizzato da Assitol, particolarmente atteso quest’ultimo perché a cadenza annuale, fa sorgere qualche dubbio. Solo dubbi, per carità.
Fatto sta che l’Italia sembra non essere proprio in grado di “fare sistema”, anche per questi piccoli particolari.

Bazzecole? Assitol presenta i dati del monitoraggio dei mercati; FederDop, dal canto suo, nella medesima data propone un convegno sull’attualità e le prospettive delle Dop. C’è l’imbarazzo della scelta, giusto per dare l’opportunità a giornalisti e curiosi di dimostrare la propria capacità di adattamento, al punto da essere presenti in due luoghi distinti, alla stessa ora dello stesso giorno.
La bilocazione, o dono dell’ubiquità, sarà dunque l’obiettivo del futuro, tranne che non si semplifichi la realtà costringendo i vari attori della filiera a coordinarsi meglio, ma sarebbe un sogno troppo grande.
La realtà risponde ad altre logiche, di conseguenza tale sovrapposizione può significare che:

a) manca un dialogo, per cui le parti tra loro non si sono sentite e, inevitabilmente, si sono accavallati gli appuntamenti;

b) esiste un finto dialogo, le parti si sono sentite tra loro, ma una delle due parti ha organizzato in contrapposizione un evento analogo nella medesima giornata, alla stessa ora, nello stessa città, a Roma.

c) Forse anche la casualità gioca a sfavore del comparto olio di oliva, soluzione, questa, fin troppo comoda in verità, giacché, di solito, quando si organizza qualcosa si verifica sempre che non ci siano in ballo eventi coincidenti tra loro.

Potrebbero esserci altre ipotesi, ma, sorvoliamo volentieri, non ha grande importanza tutto ciò, anche perché tale circostanza non cambia certo la storia e pertanto non ha senso farne una questione di prima necessità. L’occasione tuttavia è buona per mettere in luce le molte anomalie del nostro sistema.
Da parte mia, ho voluto intanto indagare, mosso dalla curiosità, e ora so per certo che uno dei due incontri è stato organizzato e pensato in largo anticipo, il che è senza dubbio un buon motivo per riflettere sul perché i due eventi alla fine si sovrappongano.

Avete mai sentito pronunciare l’espressione “fare sistema”? E' sulla bocca di tanti, ma poi, nei fatti, i risultati sconfessano sempre i buoni propositi.

Stop!. Ora torniamo alla nostra provocazione. Ma sappiamo bene che nulla potrà cambiare in questo Paese. Non c’è spazio d'altronde per decisioni sganciate dalla politica o dalle organizzazioni di categoria (alcune organizzazioni di categoria, è il caso di precisare), però è bene anche lasciare spazio al sogno, ai desideri.
Sarebbe per esempio auspicabile un cambiamento nella scelta delle presidenze. E' il caso appunto di FederDop, una realtà anchilosata, di corto respiro, che a tutt’oggi non si è mai resa protagonista di scelte decisive per il comparto, non lasciando segni tangibili nel tessuto operativo.
Eppure, per contro, le produzioni olearie a denominazioni di origine protetta avrebbero bisogno di una svolta, anche perché fino ad oggi, a parte le più celebrate aree che restano sempre leader di mercato, si è assistito a un immobilismo davvero impressionante, disarmante, choccante.

C’è autonomia? Autonomia? Ne dubito fortemente. Come può – e lo dico senza spirito di polemica, ma solo quale riflessione ad alta voce – una realtà come FederDop avere la propria sede in via Rocca di Papa, dove ha casa l’Unaprol?
Accipicchia! Non potrebbe FederDop trovare ubicazione presso strutture terze, magari istituzionali – presso il Ministero delle Politiche agricole, per esempio, o presso qualche altra struttura più neutrale?
Non si comprende il motivo di una simile commistione?

L’Unaprol-Consorzio olivicolo italiano è una risorsa importante per il Paese, non c’è dubbio, ma non può essere la sola e unica espressione. Meglio un Paese plurale. Questa casa degli italiani a nome Unaprol raccoglie di tutto: Aifo, Pandolea e chissà cos’altro; certo, poi ciascuno è padrone delle proprie scelte, libero di affidarsi a chi ritiene più opportuno, ma aspirare a un’autonomia io credo sia, oltre che dignitoso, fondamentale.
Con ciò, evidentemente, non significa far venir meno il dialogo tra le parti. Il confronto tra i vari attori della filiera deve essere sempre considerato un valore al quale non si può in nessun caso rinunciare.

Ma FederDop è una federazione di consorzi autonoma, dal respiro proprio? Guardando dal di fuori non sembra. Occorre fare attenzione, anche perché altrimenti, senza un'autonomia, diventerebbe una sovrastruttura senza vita, senza respiro, come d’altra parte un po' dimostra di essere: un peso morto.
Già, un peso morto. Ma che cosa fa d'altra parte FederDop? Qualcuno provi a spiegarmelo.

Un futuro diverso. Ecco: prefigurare un futuro diverso. Ecco perché io sono per il cambiamento dello stato della realtà attuale.
Sarebbe opportuno che delle figure terze presentino i propri candidati ideali, persone che attraverso il loro operato dimostrino di possedere capacità certe, spalle solide, progettualità significative.
I candidati a ricoprire simili cariche devono essere proposti dal basso, non continuare a essere imposti dall’alto.
Occorrono persone slegate dai condizionamenti della politica, questo pesantissimo macigno che fa arretrare l’Italia, che fa gridare di dolore tante persone di buona volontà.
Occorrono persone slegate dalle solite organizzazioni di categoria – possiamo dirlo senza tentennamenti: l’Unaprol, per esempio, con l’ombra obliqua di Coldiretti.
Pensiamo dunque ad altro, pensiamo a un futuro diverso. Crediamoci, insistiamo.

Io a ben pensarci avrei già un candidato ideale da suggerire. Penso ad esempio a Francesco Bruzzo, ex presidente del Consorzio di tutela della Dop Riviera Ligure, che ha da pochi giorni concluso il suo mandato. Non ha senso che il presidente della FederDop sia, per statuto, il presidente in carica di un Consorzio di tutela. Meglio una figura libera, che possa concentrarsi espressamente su un incarico specifico.
Il presidente prescelto deve esserlo di un’unica realtà, allo stesso modo il vicepresidente. I consorzi di tutela avranno i loro presidenti e vicepresidenti, la Federazione, quale ente al di sopra delle parti, avrà di conseguenza i propri.
E' la soluzione migliore, diversamente avremo solo strutture senza respiro, inefficaci e senza alcuna tensione propositiva.
Io ho pensato a Bruzzo, ma si possono individuare anche altre figure, altre persone, per carità, ma che siano comunque proposte da quella che si definisce la società civile, da coloro che insomma hanno a che fare più o meno direttamente con il comparto, ma che siano libere da appartenenze. Perché la palla al piede per l’Italia è proprio data dall’appartenenza, dalla casacca; e invece sarebbe il caso di affidare il compito di individuare le persone giuste a agli intellettuali agricoli, ovviamente non a quelli organici ai partiti o alle organizzazioni di categoria. Solo questo, credetemi, può salvare l’Italia e l’olivicoltura.
Esistono fior di intellettuali, scrittori e giornalisti agricoli, accademici e ricercatori: siano dunque loro a parlare, loro a proporre nomi.

La libertà e l’indipendenza sono un valore indiscutibile. Ora, faccio un esempio: se un qualsiasi ministro della Repubblica italiana decidesse di imporre un proprio uomo, in quanto fidato amico, non apporterebbe certo alcun vantaggio alla buona causa con tale scelta, ma gioverebbe solo all'amico che ha privilegiato. Le logiche delle appartenenze sono dunque da escludere a priori, anche se fatte a fin di bene. L'autonomia e l'indipendenza prima di tutto.
Ecco, è alla libertà e all'indipendenza che io alludo, a scanso di equivoci.

Io non conosco Silvano Ferri, non ho avuto modo di conoscere la storia personale dell’attuale presidente FederDop. Non so come sia nata la sua candidatura e non è questo il punto, ciò che emerge è comunque l’assenza, la mancanza di risultati concreti da parte della federazione; e ciò non è un bene per il comparto, e nemmeno per le denominazioni di origine che invece dovrebbero diventare l’elemento trainante degli oli extra vergini di oliva italiani. Per questo, e solo per questo, sarebbe un bene che si sciogliesse l’attuale gruppo, ricominciando daccapo, con una nuova rinata compagine, più propositiva e autonoma, e anche con una sede fisica differente.
Sarà possibile? Dubito.

I risultati. Occorrono risultati certi, segni tangibili. Ecco ciò che occorre.
Mi spiace tantissimo, e chiedo scusa all’ex presidente del Consorzio di tutela della Dop Riviera Ligure Francesco Bruzzo, se in questa mia nota lo espongo a una candidatura a presidente di FederDop. Non è gentile farlo a insaputa dell'interessato, ma questo pensiero mi è venuto spontaneo riflettendo nei giorni scorsi su quanto Francesco Bruzzo ha saputo realizzare nel frattempo, avendo avuto peraltro modo io stesso di valutare il suo operato da vicino: il “patto di filiera”, modulato e adeguato di volta in volta in relazione all’andamento della campagna olivicola; la vigilanza sugli oli presenti sullo scaffale, per accertarne la qualità e l’autenticità; il “patto per l’olio” stipulato con il mondo della ristorazione; la campagna del 100% ligure attraverso la brillante idea dello slogan “Assaggia la Liguria”, e molte altre inziative ancora, sempre determinanti, tra corsi di formazione e attività gestionali, tutte valide quanto necessarie nel confermare il successo nelle varie attività di promozione e di tutela, con l’importante obiettivo, meritoriamente raggiunto, di una giusta remunerazione dei produttori, anche in tempi difficili come quelli attuali.
Ecco, i risultati: sono tutti segnali importanti e decisivi, questi appena elencati. Insomma, come al solito l’esperienza conta, come d'altra parte conta pure la professionalità sperimentata e verificata sul campo.

La necessità di un cambiamento. Ci sarà la volontà di cambiare? Non lo so, non ne sono tanto sicuro. Certo è che occorre un segnale di discontinuità, rispetto al passato. C’è bisogno di aria nuova, di professionalità condivise.
La mia nota resta soltanto una provocazione, e non so se Bruzzo condivida tra l'altro tale sua inattesa candidatura.
Per lui, appena leggerà Teatro Naturale la sorpresa sarà disorientante. Me ne scuso ancora, ma occorre pur smuovere le acque stagne, non vi pare?
Una sorpresa altrettanto spiazzante lo sarà senz'altro per l’attuale gruppo dirigente di FederDop, che resterà ovviamente basito, ma, credetemi, non si può proseguire con la solita solfa. La volontà di cambiamento è nell’aria ed è avvertita come un'esigenza forte: va solo indirizzata e coordinata.
Il futuro dell’olivicoltura italiana non può attendere oltre.
Le Dop devono ripartire con maggiore efficacia, cercando di trasferire anche al Sud una spinta propulsiva che al momento non si è ancora manifestata.
E' pura utopia, secondo voi?

di Luigi Caricato