L'arca olearia 24/04/2004

GRANDE DILEMMA: PERCHE’ I RISTORATORI INSISTONO NEL PRESENTARE LE AMPOLLE D’OLIO? QUANDO CAPIRANNO CHE OCCORRE INVECE COMPIERE UN SALTO DI QUALITA’?

Nostra inchiesta sull’ipotesi di istituire un “carrello degli extra vergini” con il supporto di una apposita “carta”. Dall’idea lanciata da Lamberto Baccioni, circa il ricorso alle bottiglie mignon, le dichiarazioni di alcuni addetti ai lavori


“La cultura dell’olio in una piccola bottiglia”. E’ con tale proposito che Lamberto Baccioni, manager presso Alfa Laval, ha esortato i lettori di “Teatro Naturale” ad acquisire un nuovo approccio con l’extra vergine, valorizzandolo in particolare nell’ambito della ristorazione. Proposito difficile, questo, quanto mai complicato, vista anche la disattenzione che il prodotto olio di oliva ha storicamente avuto presso i ristoratori, piuttosto restii a comprenderne il valore e l’importanza.

Noi, comunque, partendo dall’idea di Baccioni abbiamo voluto insistere attivandoci nel tentativo di scoprire intanto lo stato della realtà, ma, soprattutto, le prospettive future dell’olio nel canale ristorazione.

“Le anonime ampolline di scadente olio troneggiano nelle tavole dei più qualificati ristoranti e veramente pochi sono quelli che offrono in alternativa olio extravergine di oliva in una bottiglia con etichetta. Ma ancora meno sono i ristoratori che offrono una, seppur limitata, scelta fra differenti olii, da poterli abbinare alle differenti pietanze”, così denunciava a chiare lettere Lamberto Baccioni. Ma vediamo ora il riscontro della nostra inchiesta.

LA VOCE DELLA RISTORAZIONE: Giancarlo Bini
Siamo partiti dal mondo della ristorazione, ovviamente. Con Giancarlo Bini, patron a Suvereto del noto ristorante enoliteca dell’Ombrone.
Bini è un profondo conoscitore degli extra vergini di qualità. E’ uno che ha creduto fermamente nell’olio di oliva. Suo, probabilmente il primo “carrello degli oli” in assoluto. Un carrello corredato peraltro da una specifica “carta”, impostato quindi con tutti i criteri utili per favorire la conoscenza dei prodotti. Bini, inoltre, è anche autore di un libro, di quelli seri, scritti bene e con ricchi e preziosi contenuti. Si intitola L’olivo. L’albero degli Dei, pubblicato nel 1986 da SugarCo.

Lamberto Baccioni ha lanciato l’idea, su “Teatro Naturale”, di promuovere nell’ambito della ristorazione un apposito carrello degli oli attraverso la proposta di una serie di bottiglie mignon. Cosa ne pensi?
Sarebbe auspicabile tale proposito. Il problema può essere rappresentato semmai dal costo. Visto che una bottiglia piccola costa di più, in proporzione, rispetto a una bottiglia grande. Però c’è che la si può esitare più facilmente. Con tali bottigline è più semplice anche gestire l’olio, preservandolo maggiormente dai rischi ossidativi a cui va incontro. Se tutti lo facessero sarebbe una bella azione qualificante. Forse sarebbe il caso di pensare più a una bottiglia da 250 ml, piuttosto che a una da 100 ml. L’utilità di tale iniziativa è che comunque la bottiglietta l’avventore di un locale se la può poi portare a casa. Nel mio locale lo chiedono abbastanza spesso. L’idea è validissima.

Sì, ma c’è una sensibilità nell’accogliere tale idea da parte della ristorazione? E’ fattibile?
Quanto alla sensibilità, occorre riconoscere che si è ancora molto indietro. Tutti vogliono andare al risparmio, acquistando un prodotto che in etichetta risulti extra vergine, ma che poi può risultare una mistura tutta da verificare, soprattutto circa la provenienza del prodotto stesso. Mia moglie Lella sta facendo un corso rivolto ai ragazzi della scuola alberghiera di Piombino. Noi ce la mettiamo tutta per comunicare un sapere e una sensibilità intorno all’olio extra vergine di oliva. Speriamo.

Quanto dovrebbe costare la bottiglia mignon?
Quattro, cinque euro. Può essere un prezzo giusto. Il guadagno è nell’utilizzo più veloce della bottiglia. E’ un bel guadagno. Diversamente, con bottiglie più grandi a un certo punto si è costretti a ritirarla dal carrello.

Ma perché resistono sempre le ampolle nei ristoranti?
Questo non me lo so spiegare neppure io. E’ un fatto vergognoso. Qualcuno per giustificarsi obietta che in tal modo si vede il colore dell’olio; ma è una giustificazione poco credibile. C’è secondo me una diffusa ignoranza.

Quando hai esordito con il carrello degli oli? Sei stato un pioniere con tale scelta, ma anche un profeta inascoltato
Iniziai con cinque oli, mi pare nel 1973, o nel ’74. Scrisse della mia iniziativa Luciano Imbriani.

Il passaggio dal “carrello” alla “carta”…
E’ importante che il carrello sia corredato da una apposita “carta”, altrimenti non ci sarebbe comunicazione. Servirebbe a poco. Non verrebbe compreso. Il cliente vuole sapere, capire.

Quanti oli dovrebbero esserci in una “carta”?
Credo che sette, otto, massimo dieci, siano più che sufficienti per coprire tutta la gamma degli abbinamenti. Poi è sempre difficile scegliere. Ci sono tanti oli che piacciono. Non è facile dire di no.


LA VOCE DELLA PRODUZIONE: Alberto Galluffo
L’azienda agricola Fontanasalsa, con sede in Sicilia, in provincia di Trapani, si avvale di Alberto Galluffo quale responsabile produzione, e non solo; i suoi meriti sono notevoli, nella capacità di far cogliere la spinta propulsiva che anima l’azienda. A lui abbiamo chiesto un parere sul ricorso alle bottiglie mignon, dal momento che è da tempo ormai che queste vengono poste in vendita.

Visto che la ristorazione è piuttosto restia a sostituire le ampolle con delle bottiglie d’olio, l’idea delle bottiglie mignon può risultare una carta vincente? Voi già commercializzate le bottiglie da cento ml…
Sì, sono già in vendita da qualche anno. Presentiamo in cl 10 un olio monovarietale. Ma addirittura usciremo tra breve con un seconda bottiglietta da 10 cl. Proporremo infatti anche la nostra Dop “Valli Trapanesi”. Abbiamo avuto un successo non indifferente, per due ragioni: intanto l’idea di pensarla per il ristorante è fondamentale, io mi sono sempre battuto, ho tanto lavorato e sta andando bene; ma anche per i negozi specializzati si sta rivelando utile, in una città come Roma ne vendiamo tantissime.

E’ un’idea di successo dunque?
Secondo il mio parere sì. Ho sempre sostenuto l’idea della cl 10. E’ un ottima strada per il futuro.

Per la ristorazione diventa più semplice una tale soluzione…
Sì, ha una valenza positiva; ma i ristoratori vedono pure un aspetto negativo, ovvero, il fatto che con una cl 10 in vetro il prodotto ha un costo, il prezzo infatti aumenta un poco e sono perciò restii in certi casi. Però se partiamo dal presupposto di porre una cl 10 sul tavolo per utilizzarla in poco tempo, la convenienza c’è; quanto a praticità la soluzione delle bottiglie mignon è davvero impareggiabile.

Ma si tratta comunque di un costo comunque abbordabile…
Sì, certo. Facendo un paragone con i prezzi alti di certa ristorazione, l’incidenza dell’olio sull’insieme è davvero minima. I ristoratori dovrebbero un po’ pensarci su. Il cliente in ogni caso è ora più sensibile e prima o poi i ristoratori dovranno adeguarsi alle richieste del cliente.


LA VOCE DELLA COMUNICAZIONE: Letizia Balducci
Non potevamo certo trascurare chi si impegna nella complessa arte della comunicazione aziendale. Abbiamo scelto non a caso Letizia Balducci.
E’ stata lei che ha curato gli eventi della VII Campagna per la promozione del consumo dell’olio di oliva finanziata dalla Comunità europea. Le sue dichiarazioni sono dunque il frutto di un triennio di approcci con il mondo della produzione, del commercio, del consumo e delle Istituzioni.

L’idea delle bottigliette mignon come ti appare, fattibile?
All’estero tale iniziativa andrebbe a ruba, molto più che in Italia. Già in alcuni Paesi si fa ricordo alle bustine monodose, che trovo personalmente orrende. L’idea delle bottigliette mi sembra invece più convincente. Sarebbe molto commerciabile soprattutto in quei Paesi all’estero nei quali il consumo è piuttosto limitato.

Come ci si dovrebbe muovere per farlo percepire al ristoratore?
Non credo che siano pronti. L’idea invece di pianificare un “carrello degli oli” con tante bottigline sarebbe senz’altro una buona opportunità. Ma dovrebbe essere realizzata con stile. Occorre che il ristorante faccia tale operazione con l’intento di guidare i clienti all’approccio con le tante varietà di extra vergini. Ma occorre una preparazione adeguata. Non so tuttavia quanto i ristoratori possano convincersi a sostenere una tale iniziativa.


In conclusione
Cosa dire? E’ deludente il quadro della ristorazione italiana. Sembra che la disattenzione verso gli oli extra vergini di oliva vanifichi ogni sforzo. Qualcuno pensa che siano i produttori a voler spingere affinché entrino in un ristorante nel tentativo di estendere le proprie opportunità commerciali. Invece no, questo aspetto è ancora in secondo piano. I produttori cercano piuttosto di dare l’abc a una categoria che, salvo eccezioni, ancora non ha capito l’importanza dell’olio di oliva. Prima ancora di parlare di opportunità commerciali per i produttori, il mondo della ristorazione italiano dovrà ancora essere alfabetizzato intorno all’olio di oliva (ma non solo: e gli aceti, gli altri condimenti?).
Non ci fermiamo qui, andremo avanti, insisteremo, saremo il fiato sul collo dei ristoratori. Andremo avanti fino a quando non faremo loro capire l’evidenza: non si può non valorizzare l’olio di oliva di qualità, è un delitto non riconoscerne il valore. Ma perché le organizzazioni di categoria non istruiscono a dovere i propri aderenti? Forse sarebbe il caso di far chiudere tutti quei ristoranti che non siano all’altezza. Il mestiere del ristoratore merita maggiore rispetto verso la materia prima. All’avventore di un locale non si può presentare un olio in un'ampolla anonima, ossidato, se non addirittura rancido.

di T N