Bio e Natura 07/10/2006

UNA STRADA PER IL FUTURO DELL’AGRICOLTURA ITALIANA: LE AGROENERGIE. PIU’ COSTOSE DEL PETROLIO MA RINNOVABILI E A MISURA DI AMBIENTE

L’agricoltura italiana può realmente diventare multifunzionale, offrendo cibo, servizi ed energia, tutto nel massimo rispetto dell’ambiente. “E’ un’occasione impedibile per il settore primario – ci dice Emiliano Niccolai – specie dopo che la riforma della Pac ha messo in ginocchio molte aziende”


L’agricoltura italiana sta vivendo un momento di grave difficoltà.
L’aumento dei costi e la riduzione dei contributi in un arco di tempo relativamente breve ha provocato uno shock che non è ancora stato riassorbito. Sempre più imprenditori faticano a realizzare utili accettabili, molte realtà devono usufruire sempre più massicciamente del credito per andare avanti.
L’agricoltura ha, oggi più che mai, necessità di indirizzi, di linee guida, di nuove strade. Non devono però essere percorsi di lungo periodo, studi che daranno risultati in anni, ma semmai in mesi.
Tra le varie opportunità che le imprese agricole hanno vi è la produzione di bioenergie: biodiesel, biomasse, bioetanolo, biogas…
Un strada relativamente nuova ma praticabile, anche se irta di difficoltà, oltre che da qualche diffidenza.

Nel corso del convegno “Agricoltura multifunzionale”, organizzato dalla Camera di Commercio di Pisa di concerto con gli Ordini dei Dottori Agronomi e Forestali di Livorno e Pisa, sono proprio stati affrontati i temi delle potenzialità delle bioenergie, in rapporto all’economicità macoreconomica, alla sostenibilità ambientale ma anche praticabilità di tale soluzione per le aziende agricole.

“Nessuno ha la pretesa di sostenere – afferma il Prof. Bonari della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – che l’agricoltura possa risolvere i problemi energetici nazionali. Passare dal 3%, attuale, a un 10%, futuribile, di energia prodotta da fonti rinnovabili non risolve la dipendenza italiana da fonti di materie prime (petrolio, metano…) estere ma potrebbe sicuramente contribuire a risollevare le sorti dell’agricoltura italiana.”

“Da un punto di vista prettamente economico il biodiesel – ci dice il Prof. Mazzoncini dell’Università di Pisa – non può competere, in termini di prezzo con il gasolio. A 1,3 euro circa vi è la soglia di indifferenza economica tra i due prodotti, ovvero il loro prezzo si equivale, considerando le attuali agevolazioni per il biodiesel. Mi rendo conto che, quindi, non si tratti di una comparazione, almeno in termini economici, perfettamente alla pari. E’ tuttavia necessario anche considerare la valenza ecologica dell’utilizzo dei biocarburanti, la riduzione dell’impatto ambientale e le sue conseguenze sulla salute umana ma anche sulla vivibilità degli agglomerati urbani.”

Effettivamente, è emerso nel corso dei lavori, un’attenta ed approfondita analisi sui benefici, anche economici, dovuti a una significativa riduzione delle emissioni inquinanti non è stata effettuata, pertanto, anche gli amministratori, a più livelli, comunitario, nazionale e regionale, non sanno valutare quanto i mancati introiti delle accise sui carburanti derivati dal petrolio possa essere ridotta o annullata da, per esempio, minori spese medico-sanitarie.
Salvaguardare certi principi, l’ecocompatibilità e la salvaguardia ambientale, può essere difficile quando occorre far quadrare bilanci e budget.

“Le agrobioenergie non sono la soluzione – afferma il Dott. Emiliano Niccolai, Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Livorno – ma una soluzione. Non è pensabile che ogni territorio agricolo italiano sia vocato per l’offerta di servizi (agriturismo, fattorie didattiche…) né che l’intera produzione nazionale di alimenti possa essere destinata a mercati di nicchia, ad alto valore aggiunto. I Dottori Agronomi e Forestali si stanno impegnando molto, negli ultimi anni, per favorire la conoscenza di queste colture alternative che, ora, con la riforma della Pac possono risultare economicamente convenienti. Aprire la strada a nuove soluzioni tecniche, a nuove idee per il comparto agricolo è sempre stata la naturale vocazione della nostra categoria. Storicamente siamo stati motori di innovazione dell’agricoltura italiana, oggi riaffermiamo perentoriamente questo ruolo, offrendo il nostro contributo per lo sviluppo delle filiere bioenergetiche in Italia.”

Oltre ai Dottori Agronomi e Forestali, anche neonate realtà imprenditoriali e associazioni si stanno muovendo per informare su queste nuove filiere, è il caso di Agrosocietà, di cui abbiamo interpellato un responsabile.

- E' lecito che una parte della PLV di un'impresa agricola derivi dalla vendita di energia?
In primo luogo sottolineiamo che secondo la normativa vigente produrre energia è a tutti gli effetti attività agricola. In poche parole una coltura come il mais può essere destinata all'alimentazione di un rumine bovino per la produzione di latte o all'alimentazione di un rumine artificiale per la produzione di energia, comunque in entrambi i casi il prodotto è agricolo, se viene rispettata la prevalenza di utilizzo di biomassa aziendale.
Riteniamo lecito, anzi auspicabile che molte aziende agricole possano differenziare la propria produzione aggiungendo il nuovo prodotto che i campi possono offrire alla collettività: l'energia.
- Quale impatto ambientale (reflui, scorie...) oltre che paesaggistico deve sopportare il territorio a causa dei vostri impianti?
Per quanto riguarda l'impatto ambientale degli impianti di biogas ci sentiamo di tranquillizzare tutti i vostri lettori, dal momento che da un punto di vista paesaggistico non sono altro che vasche di stoccaggio liquami coperte, con l'unica differenza che contengono un prodotto stabilizzato e inodore, molto più facile da gestire per lo smaltimento in campo.
Il dimensionamento dell'impianto deve poi essere studiato in base ad un piano di utilizzo agronomico, quindi non tutti possono scegliere impianti di grosse dimensioni, ma assistiamo a molti casi di piccoli e medi impianti o di grossi fatti da gruppi di imprenditori associati.
- Se il futuro dell'agricoltura italiana sta nelle agroenergie che ne sarà delle tradizioni agroalimentari rurali? Si perderà un patrimonio gastronomico e culturale così importante?
Le aziende continuano a mantenere forte la propria vocazione di produzione di beni per l'agroalimentare di qualità, hanno nella produzione di energia una differenziazione del reddito aziendale.
- Nel contesto di un'azienda agricola che produce agroenergie, qual'è il ruolo dell'Agronomo? Come cambia rispetto a quello di un'azienda più tradizionale?
Per tutto questo il ruolo dell'Agronomo è determinante sia all'interno che all'esterno delle aziende per la grande confusione che spesso circola su questa neonata filiera.

Nascono i distretti agroenergetici
“La Valle del Sacco rappresenta la sfida per il rilancio di tutta l’agricoltura. Qui verranno sperimentati i distretti agroalimentari e quelli agroenergetici e quindi l’agricoltura no food. Ecco perché un così consistente investimento”. Così l’assessore all’agricoltura della Regione Lazio, Daniela Valentini, ha commentato l’approvazione in Consiglio dell’articolato sulla Valle del Sacco. È stato stanziato infatti un Fondo unico di 9 milioni di euro in tre anni per il rilancio e la riconversione agricola di questa Valle.
“La prima sperimentazione partirà proprio dalla Valle del Sacco con un apposito progetto che, all’interno del nuovo Piano di Sviluppo Rurale, punta al rilancio e alla riconversione dell’agricoltura della zona attraverso l’utilizzo di energie alternative. Vogliamo che questo territorio – conclude l’assessore Valentini – diventi il simbolo della riqualificazione e del riscatto della nostra agricoltura; un riscatto che mostra il coraggio di saper guardare al futuro con l’avvio di produzioni energetiche che aiuteranno gli agricoltori e i consumatori a vivere meglio in un ambiente più pulito e rispettoso della salute di tutti”.

di Alberto Grimelli