Mondo 15/10/2011

Una Pac che non piace a nessuno

Una Pac che non piace a nessuno

Dopo la cautela iniziale cominciano le lacrime di coccodrillo per una politica agricola comunitaria che penalizza l'Italia, non solo per la perdita di quasi 300 milioni di euro


La Commissione europea ha presentato ufficialmente la nuova politica agricola comunitaria. La Pac non terrà più conto della produzione attuale o storica ma solo degli ettari.

Il Commissario europeo Ciolos ha dunque vinto il braccio di ferro con i vecchi stati membri dell'Unione che volevano invece il mantenimento del sistema di aiuti legato alla produzione.

L'unica concessione è stata che il processo innescato dalla riforma (da aiuti alla produzione a quella ad ettaro) sia graduale.

L'idea è quella di raggiungere un pagamento uniforme per ettaro entro il 2019. Per fare ciò, ci sarà una ridistribuzione di un terzo del divario tra il livello attuale dei pagamenti diretti di un paese e il 90% della media UE.

E' una novità, inoltre, l'introduzione di un regime semplificato per i piccoli agricoltori. Un sistema che partirà nel 2014 e che garantirà un pagamento fisso annuo definito dallo Stato membro entro un range compreso tra 500 e 1000 euro. Ciò comporta la presentazione della domanda un'unica volta e l'esclusione dagli obblighi del pagamento verde. Può esservi destinato il 10% massimo della dotazione nazionale.

Infine l'importo massimo che un'azienda può ricevere dai pagamenti di base è fissato a 300mila euro annui ed è prevista una degressività di tale tetto in virtù di percentuali definite in base all'entità della tranche di pagamento.

La Pac da sola rappresenta, nel quadro del bilancio comunitario, il 47 per cento delle uscite, per un totale di 58,2 miliardi. Il piano della Commissione riguarda il periodo 2014-2020.

L'Italia, che attualmente beneficia di aiuti cospicui (pari al 10% dei finanziamenti), dovrà rinunciare a 285 milioni nel 2019. Un taglio dei fondi che varia dal 4 al 7%, a seconda delle fonti.

Dopo la presentazione ufficiale, in Italia è cominciata la litania delle lamentele.

Dopo parole dolci delle settimane passate, con aperture di credito alla Commissione, ora è la volta delle aperte contestazioni. Un gioco delle parti politico che certamente non intimorisce Bruxelles, abituata a simili reazioni da parte del nostro Paese.

La contestazione del Ministro Romano, in effetti, è stata piuttosto fiacca.

“Devo rilevare - ha dichiarato Romano – che le proposte della Commissione appaiono complessivamente insoddisfacenti. Le nuove misure inserite nelle proposte, a partire dagli obblighi ecologici, comportano nuovi oneri per le imprese ed un grande carico burocratico, senza comportare reali benefici per l’ambiente. In generale tutto l’impianto è caratterizzato da una forte complessità burocratica e da una eccessiva rigidità, che mal si adatta alla grande diversità dei modelli produttivi presenti in Europa. Mancano inoltre - prosegue il Ministro - misure dirette ad accrescere la competitività delle imprese e strumenti idonei a fronteggiare l’instabilità dei mercati. Anche le disposizioni dirette a migliorare il funzionamento della filiera e la trasparenza delle informazioni destinate ai consumatori non soddisfano le aspettative.”

Naturalmente, sono esplose anche le critiche delle organizzazioni di categoria.

“La proposta così come è non va bene – ha dichiarato il Presidente Coldiretti Sergio Marini - e si prospetta ora una trattativa tutta in salita, ma è certo che siamo pronti a mettere in campo ogni azione utile per realizzare una riforma della Pac più equa e giusta”.

“E’ una proposta di budget che va assolutamente ridiscussa e rivista. L’agricoltura del nostro Paese – ha dichiarato il Presidente Cia Politi- pagherebbe un dazio insostenibile, con un taglio complessivo degli interventi di circa il 25 per cento. Infatti, il criterio di redistribuzione delle risorse ipotizzato è unicamente quello della superficie, che non riconosce il valore e la ricchezza dell’agricoltura italiana. Una vera assurdità che porrebbe seri problemi per gli agricoltori, costretti a operare in un quadro sempre più angusto e senza i sostegni necessari per stare su un mercato che si presenta difficile e carico di molte insidie”.

Confagricoltura ritiene che la proposta di riforma della Pac 2014-2020 sia in totale contraddizione con le esigenze di crescita produttiva e di mantenimento di scorte strategiche, indicate sia dalla Fao che dal G20 come strumenti indispensabili per gestire l’aumento tendenziale della domanda di cibo e la volatilità dei prezzi. 

“Esprimiamo forti perplessità in merito alle proposte approvate oggi dalla Commissione europea relative al futuro della Politica agricola dopo il 2013. L’impostazione è poco coraggiosa e non tiene sufficientemente in conto le priorità dell’approviggionamento alimentare, del rafforzamento del ruolo economico dell’agricoltore e della necessità di dare stabilità ai redditi”. Questo il commento delle organizzazioni della cooperazione agroalimentare italiana Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci-Agrital, unitamente alle omologhe francesi e spagnole, Coop de France e Cooperativas agroalimentarias, riunite a Bruxelles per seguire la presentazione della Proposta della Commissione europea sul futuro della Pac.

di R. T.

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Commenti 1

Donato Galeone
Donato Galeone
17 ottobre 2011 ore 15:59

A mio avviso, pur nella riduzione delle risorse PAC di oltre il 20% rispetto ad una ventina di anni fa per l'insieme dei 27 Paesi UE, proprio i criteri redistributivi delle risorse ridotte, se saranno unicamente destinate alle quanità di superficie/ettaro potrebbe premiare, certamente, la rendita fondiaria e non, invece, incentivare lo sviluppo dell'agricoltura e delle attività ad essa connesse, sia quelle dirette ma anche le indirette nella fruizione dei beni e servizi di pubblica utilità.
Sempre a mio avviso, tutti sappiamo che per competere è necessario "conoscere di più" e, innanzitutto, mirare allo sviluppo e al consolidamento della dimensione della "IMPRESA AGRICOLA" singola o preferibilmente aggragate per aree omogenee - non a parole - ma nella carratterizzazione diversificata della nostra ruralità agricola.
Con la superficie/ettaro riconosciuta e coltivata territorialmente la tipicità e qualità di prodotto agroalimentare dovrebbe essere sdeguatamente sostenuta dalle nostre istituzioni, almeno nella incentivazione dei costi pubblicitari in Europa e nel mondo.
In questa cornice duale sia l'aiuto all'ettaro coltivato per produrre in qualità di prodotto si contribuirebbe - non a parole - alla valorizzazione certa dell'agroalimentare italiano sia nel concorso a soddisfare la domanda di cbo mondiale che per competere, in trasparenza dei costi e dei di prezzi spuntabili, nel mercato globale.
Se il mio commento può essere condiviso è, certamente, non indifferente la perdita di 300 milioni di euro dal 2014-2020.
Non dimentichiamo, però, l'altro eventuale rischio possibile se non riuscieremo a spendere, nella corretta direzione visibile di sviluppo
agricolo, tutti gli aiuti assegnati dall'Unione Europea all'Italia con i PSR 2007-2013.
Altro che "lacrime di coccodrillo"!!! Qualsiasi altra proposta italiana di sostegno, a mio avviso, risulterebbe vanificata ancorché di scarsa considerazione se elaborata, solo per spendere, dai vertici istituzionali e, poi, risulterebbro più che inaccettabili oltre che impraticabili dal mondo agricolo italiano.
Ecco che riemerge, caro Direttore Caricato, la necessaria "democrazia in agricoltura" da Lei richiamata nei mesi scorsi che, a mio avviso, andrebbe riproposta fino a settembre 2012.
Ma le organizzazioni professionali agricole nazionali (Coldiretti,Cia,Confragricoltura e
Copagri)congiunte alle organizzazioni della cooperazione agroalimentare italiana e alle Comfederazioni Sindacali dei lavoratori agricoli (CGIL-CISL-UIL) dovrebbero "riproporre
unitariamente" al Governo un "condiviso modello di sviluppo agricolo italiano" per l'Unione Europea dimensionato in un mercato globale da implementare dal 2014-2020.
Un chiaro modello di sviluppo, datato dal Censimento 2010, condiviso e divulgato agli operatori dell'agricoltura italiana, con richiesta di proposte impegnative.
Non "lacrime di coccodrillo", quindi, ma certezze nell'operare e "spendere bene" innazitutto i residui fondi assegnati col PSR 2007-2023 ed avviare "subito" un confronto democratico aperto sui "contenuti e sul come" sviluppare le "agricolture" del nostro Paese, aiutando le SAU coltivabili e sostenendo, adeguatamente, la "competizione di mercato" nella dimensione globale incentivando le qualità tipiche dei prodotti agroalimentari italiani.
Mi scuso per il lungo commento.
Donato Galeone