Italia 01/12/2016

Bassa la produzione mondiale di olio d'oliva

Le ultime stime parlano di una produzione a livello mondiale pari a 2.713 milioni di tonnellate di olio di oliva in generale a fronte di un consumo che supererà i 2.900 milioni di tonnellate cui si farà fronte con scorte rivenienti dalla scorsa annata


Il Coi, il Consiglio Oleicolo Internazionale rivede al ribasso le previsioni di produzione per la campagna 2016/2017 a livello mondiale. Le ultime stime parlano di una produzione a livello mondiale pari a 2.713 milioni di tonnellate di olio di oliva in generale a fronte di un consumo che supererà i 2.900 milioni di tonnellate cui si farà fronte con scorte rivenienti dalla scorsa annata. Sul piano dell’export gli Stati Uniti (38%), rappresentano il mercato più interessante dove orientare il proprio prodotto, seguiti dalla UE (14%), Giappone (7%), Brasile (6%), Canada (5%), Cina (4%), Australia (3%); Russia (2%) e altri paesi importatori (21).

Tra il 2016 ed il 2014 la superficie investita ad oliveto in tutto il mondo è aumentata del 10% passando da 10 milioni di ettari coltivati ad oltre 11 milioni di ettari nel 2014; con oltre 2,5 milioni di ettari irrigui e ben oltre 8 milioni di ettari non ancora irrigati. L’aumento delle superfici ad oliveto sono incoraggiate anche per scopi ambientali contro il riscaldamento climatico. La pianta dell’olivo infatti assorbe più CO2 di quanto gas effetto serra venga immesso nell’atmosfera durante il processo di produzione di un litro di olio extra vergine di oliva. Il rapporto certificato dal COI è di oltre 10 ad un 1 a favore dell’ambiente e della sostenibilità.

“Il sistema delle designazioni di origine dell’olio di oliva italiano rappresenta la prima portaerei della qualità certificata del prodotto italiano nel mondo”. Lo ha dichiarato il direttore generale di Unaprol, Pietro Sandali, in occasione della giornata mondiale dell’olivo indetta dal COI, il consiglio oleicolo internazionale, e organizzata in Italia dal consorzio olivicolo italiano.

Il nostro Paese con 44 designazioni di origine, di cui 42 DOP e due IGP riconosciute - l’Igp Toscano e la nuova Igp Sicilia – per circa 10 mila tonnellate di prodotto, detiene in Europa la maglia rosa delle certificazioni nel settore dell’olio. Dietro Il nostro Paese seguono con 29 designazioni di origine entrambe Grecia e Spagna. Il valore della produzione delle designazioni di origine italiane sfiora i 56 milioni di Euro con un export che supera i 40 milioni di Euro all’anno. “L’unica nota negativa di questo primato – afferma Sandali – è che il settore in termini percentuali non raggiunge il 3% anche se rappresenta il 6% del valore del mercato”.

C’è però un’inversione di tendenza che sta maturando nel settore delle designazioni di origine. L’attenzione si sta spostando dalla tradizionali DOP alle IGP. Dopo la Sicilia, già riconosciuta, sono in itinere altre procedure di riconoscimento da parte della UE. Si tratta degli oli IGP della Calabria, della Campania e della Puglia. “I vantaggi sarebbero maggiori per le imprese i cui oli extra vergine – afferma Sandali – sarebbero direttamente collegati al nome di una determinata regione; più esteso il bacino di approvvigionamento del prodotto; più comunità amministrate coinvolte; più ricchezza distribuita sul territorio, maggiore la superficie olivicola interessata che potrebbe fare leva sull’ambito riconoscimento comunitario”.

L’Italia in termini di biodiversità conserva una piattaforma produttiva tra le più ampie a livello mondiale. Il nostro sistema produttivo non è, però, in condizione di competere sui costi di produzione che sono mediamente più elevati di quelli osservati in Spagna o in Grecia oltre che nei Paesi del Sud del Mediterraneo. Tale biodiversità andrebbe valorizzata e sostenuta anche nei nuovi impianti dei quali questo Paese avrebbe assoluto bisogno per bilanciare la perdita di produttività ed aumentare la competitività del settore olivicolo nazionale. Lo ha dichiarato il prof. Maurizio Servili del Dipartimento di Scienze agrarie alimentari ed ambientali, dell’Università degli Studi di Perugia. Servili ha tenuto una lezione su “la qualità dell’olio extra vergine di oliva tra impronta genetica ed innovazioni tecnologiche” durante la giornata mondiale dell’olivo indetta dal COI ed organizzata a Roma da Unaprol.

“A livello mondiale – ha affermato Servili - gli oli extra vergine di oliva sono caratterizzati da un contenuto di acido oleico che ha un range di variabilità estremamente ampio tra il 47% e l’84%. In questo contesto gli oli Italiani e Greci evidenziano le mediane più alte in termini di percentuale in acido oleico mentre i valori più bassi si osservano per gli oli del sud del Mediterraneo.

A livello di qualità, la nuova tecnologia italiana ha permesso di evidenziare un significativo incremento dei composti volatili responsabili del fruttato, a discapito di una riduzione del contenuto in polifenoli che della resa all’estrazione dell’olio. Questi aspetti negativi però sono stati notevolmente ridotti lavorando a temperature prossime ai 30°C ed aumentando il tempo di gramolatura da 10 a 15 minuti. Un ulteriore passo in avanti effettuato dall’innovazione tecnologica nell’ultimo biennio è stato quello di utilizzare gli scambiatori di calore per il raffreddamento delle paste in post frangitura. Il rapido raffreddamento delle paste in post frangitura, fino ad una temperatura compresa tra 15°C e 17°C, seguito da un tradizionale riscaldamento delle paste in fase di gramolatura, ha permesso di migliorare il quadro aromatico degli oli e di potenziarne il contenuto fenolico. “Tali risultati – ha concluso Servili - sono stati ottenuti su impianti industriali operando su più di dieci tra le principali cultivar nazionali”.

di C. S.