Italia 15/12/2012

Il caporalato domina la scena agricola

400mila persone sfruttate per il lavoro nei campi per 10-12 ore al giorno con un salario, ovviamente in nero, di 25-30 euro. Esplosione del fenomeno al Centro-Nord


Da nord a sud il caporalato e l'illegalità nel settore agricolo sono in continua espansione. La crisi ha aggravato ulteriormente le condizioni di migliaia di lavoratori impiegati nelle stagionalità di raccolta. L'osservatorio Placido Rizzotto ha promosso in questi mesi un'indagine sui territori, con l'obiettivo di fare una fotografia delle principali forme di illegalità e di sfruttamento nel settore agroalimentare. Attraverso testimonianze dirette e interviste agli operatori coinvolti, il primo rapporto Agromafie e Caporalato ha voluto anche raccontare come il caporalato è cambiato in questi anni, diventando un ambito di interesse per la criminalità organizzata. Agrumi, angurie, pomodori le principali colture coinvolte, ma numerose sono le segnalazioni relative all'export di qualità (come nel caso del settore vitivinicolo), alla macellazione clandestina e agli appalti sospetti relativi ai servizi.

La ricerca condotta dall'Osservatorio ha coinvolto 14 Regioni e 65 province con l'obiettivo di tracciare i flussi stagionali di manodopera e gli epicentri delle aree a rischio caporalato e sfruttamento lavorativo. Censiti oltre 80 epicentri di rischio, di cui 36 ad alto tasso di sfruttamento lavorativo, da nord a sud. Il caporalato è fortemente diffuso su tutto il territorio nazionale: oltre alle Regioni del Sud Italia (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), forte l'esplosione del fenomeno al Centro-Nord, in particolare: in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Lazio. Sempre di più il caporalato si associa ad altre forme di reato, come ad esempio: gravi sofisticazioni alimentari, truffa e inganno per salari non pagati, contratti di lavoro inevasi, sottrazione e furto dei documenti, gestione della tratta interna e esterna dei flussi di manodopera, riduzione in schiavitù e forme di sfruttamento lesive persino dei più elementari diritti umani. Se è vero, come ci dicono i dati Istat, che in agricoltura il sommerso occupazione nel caso dei lavoratori dipendenti è pari al 43%, non è difficile immaginare che sia proprio questo l'enorme serbatoio di riferimento per i caporali. Un esercito di circa 400.000 persone in tutta Italia, di cui circa 100.000 (prevalentemente stranieri) costretti a subire forme di ricatto lavorativo e a vivere in condizioni fatiscenti. Il caporalato in agricoltura, dunque, ha costo per le casse dello Stato in termini di evasione contributiva non inferiore a 420 Milioni di Euro l'anno. Per non parlare della quota di reddito (circa -50% della retribuzione prevista dai contratti nazionali e provinciali di settore) sottratta dai caporali ai lavoratori, che mediamente percepiscono un salario giornaliero che si attesta tra i 25 Euro e i 30 Euro, per una media di 10-12 ore di lavoro, tutto nell'illegalità comunque nel sommerso parziale. I caporali, però, impongono anche le proprie tasse giornaliere ai lavoratori: 5 euro per il trasporto, 3,5 euro per il panino e 1,5 euro per ogni bottiglia d'acqua consumata. Da Gennaio a Novembre del 2012 sono 435 sono le persone arrestate per: riduzione in schiavitù (Art. 600), tratta e commercio di schiavi (Art. 601), alienazione e acquisto di schiavi (Art. 602). Dall'entrata in vigore della norma che istituisce il reato di caporalato (art. 603bis del c.p. - introdotto dal D.L. 13 agosto 2011, n. 138) le persone denunciate o arrestate sono solo 42. La metà degli arresti al centro-nord.

di C. S.