Mondo Enoico 16/06/2012

I cambiamenti climatici sono un'opportunità per la viticoltura italiana

I cambiamenti climatici sono un'opportunità per la viticoltura italiana

L'enologo deve confrontarsi con le bizzarrie climatiche degli ultimi anni. Riccardo Cotarella spiega le difficoltà e le sfide di un momento storico in cui si deve “rivisitare e rivedere i protocolli di lavoro”, conducendo “a riconsiderare ciò che fino a ieri sembrava scontato”


Un lungo ed articolato intervento quello di Riccardo Cotarella, italianissimo e pluripremiato enologo di fama internazionale, al 67 congresso nazionale di Assoenologi.

Un intervento che ha colpito soprattutto per una frase, sicuramente provocatoria e molto sibillina, che ha destato l'attenzione: “è inutile girare intorno alla questione. Il Merlot in Italia è a rischio estinzione.”

Il Merlot rappresenta un vitigno molto importante, specie per la viticoltura del centro nord. Viene ancora considerato un “miglioratore” in virtù della sua capacità di offrire rotondità ma anche struttura a un vino.

Perchè sarebbe a rischio estinzione?

“Sono i vigneti a maturazione più precoce a soffrire maggiormente di questi cambiamenti climatici. Il clima è una delle componenti più importanti dei territori viticoli; la maturità, la scelta delle varietà, lo stress idrico e lo sviluppo delle malattie sono tutti fattori influenzati dalle condizioni microclimatiche locali. Il riscaldamento climatico globale ha e avrà un impatto crescente sul vigneto italiano.”

Quanto dobbiamo preoccuparci per la nostra viticoltura nazionale?

Non bisogna cadere nel pessimismo. Il clima sta divenendo sempre più tropicale. Non necessariamente è tutto un male. Vi sono vitigni ed aree che ne hanno avuto grandi benefici. Penso a Falanghina, Greco, Trebbiano. Si trattava di vitigni che, tradizionalmente, faticavano a maturare. Oggi riescono a dare vini di notevole qualità, minerali, molto apprezzabili. Lo stesso vale per alcuni terroir come l'Etna o il Chianti. Certo vi sono anche le criticità. Vitigni precoci, come lo Chardonnay creeranno maggiori problematiche a viticoltori ed enologi.”

Come cambia il lavoro dell'enologo in ragione delle bizzarrie climatiche di questi anni?

“Spesso accade che nelle ultime settimane che precedono la raccolta, talvolta tra colleghi ci si trovi a discutere su che tipo di uve ci troveremo di fronte, proprio in virtù delle condizioni climatiche. L’enologo deve prima di tutto comprendere gli effetti che il fenomeno può avere sull’uva ed essere pronto a prendere le contromisure del caso. Inevitabilmente egli deve rivisitare e rivedere i protocolli di lavoro, in funzione di un cambiamento radicale di uno degli elementi più importanti e allo stesso tempo non gestibile né tantomeno prevedibile in tempo utile: il clima. L’effetto di tutto questo potrebbe condurci a riconsiderare ciò che fino a ieri sembrava scontato, e spingerci a un capovolgimento delle valutazioni degli elementi che determinano la qualità; non più zone calde e aride ma anche fresche e ventilate; non più terreni eccessivamente sciolti e permeabili bensì ricchi di buone percentuali di argilla, che costituisce una riserva idrica per le estati siccitose. Per non parlare delle esposizioni, privilegiando quelle di tipo nord o nord-est quando solo qualche decennio fa erano destinate alla produzione di uve di media-bassa qualità. Ma è soprattutto nelle pratiche di gestione della vegetazione e del frutto della vite che l’enologo deve e può trovare le giuste soluzioni, non solo a impedire fenomeni negativi dovuti al cambiamento climatico ma addirittura trarne da questo le opportunità per innalzare la qualità finale delle uve e quindi dei vini. Da esperienze pluriennali e da ricerche, per lo più effettuate in quei paesi che più soffrono il caldo, si è appurato che quelle stesse pratiche che tanto hanno contribuito al rinascimento del vino italiano negli anni ‘80, dovranno necessariamente essere riviste totalmente, o quantomeno non esasperate, in virtù e in relazione a fattori naturali (in primis il clima), sui quali l'uomo non può interferire.”

Il profilo dei vini italiani è destinato dunque a cambiare? Se sì, con quali rischi sul mercato?

“Il vino italiano sta già cambiando. Ho menzionato alcuni bianchi del centro sud ma si potrebbero fare altri esempi. Tutto è il fermento. In Germania ormai si producono eccellenti vini quando, fino a pochi anni fa, si otteneva scarsa qualità. E' in cantiere un progetto per piantare vigneti a sud di Londra. Il mondo cambia e noi con lui. Non dobbiamo spaventarci. Sono sicuro che il mercato apprezzerà i vini italiani anche in futuro. L'Italia, rispetto ad altri paesi, ha un grande vantaggio. E' lungo e stretto, con caratteristiche orografiche che cambiano nel giro di pochi chilometri. Questo permetterà di sperimentare, in questo periodo di mutamenti di scenario, molteplici soluzioni. Non potrà essere altri che l’enologo, colui in grado di comprendere i cambiamenti in termini di performance della vite e attuare le pratiche necessarie a contenere gli effetti negativi. In futuro, l’enologo dovrà essere coinvolto sempre di più, anche per quanto riguarda gli impianti del vigneto. Si dovranno infatti riconsiderare alcuni principi, in termini di posizione, sistema di allevamento, portainnesti e gestione del vigneto che in passato trovavano una logica applicazione e che oggi,visto il mutare del clima,risultano superati se non anacronistici.”

di Alberto Grimelli

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