Mondo Enoico 01/10/2011

Il settore vitivinicolo italiano sempre più in chiaroscuro

Il settore vitivinicolo italiano sempre più in chiaroscuro

Vendemmia difficile e stime quantitative ancora in calo, così come le quotazioni dei vigneti in quasi tutt'Italia. Esistono le eccezioni, specie in Trentino Alto Adige


Scende per la prima volta sotto la soglia dei 41 milioni di ettolitri la produzione di vino italiana nel 2011, con un calo del 13% rispetto ai volumi dello scorso anno. Una riduzione produttiva riconducibile in parte a fattori meteorologici: l’eccessivo caldo e la siccità hanno provocato una resa di trasformazione più bassa della media in Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Sicilia, grandinate a macchia di leopardo hanno invece colpito alcune zone viticole della Lombardia e dell’Alto Adige.

Discorso a parte merita la Sicilia, che vede il suo potenziale produttivo ridursi quest’anno di un ulteriore 20% rispetto al 2010, in virtù del ricorso alle misure di estirpazione e alla vendemmia verde. “Non possiamo non ribadire a riguardo - commenta Adriano Orsi, Presidente del Settore Vitivinicolo di Fedagri Confcooperative – la nostra forte contrarietà ad una politica miope che continua a dare sostegno alla non produzione”.

“Il calo quantitativo della vendemmia di quest’anno è preoccupante – prosegue Orsi – rischia di esporre tutto il settore a fenomeni di contraffazione gia largamente diffuse per altri prodotti agroalimentari italiani e questo soprattutto in ambito internazionale, dove la domanda di vino italiano è in continua crescita”.

“Temiamo inoltre che le nostre aziende possano veder minata la loro competitività – prosegue Orsi – a causa dei maggiori costi che dovranno fronteggiare. Il minor prodotto conferito dai soci provocherà infatti una maggiore incidenza dei costi di produzione sul confezionato. Se a ciò aggiungiamo anche gli aumenti sui costi di forniture (acquisti di materiale per il confezionamento, macchinari, manutenzioni, trasporti, servizi) derivanti dall’incremento dell’IVA al 21% e che sono stimabili in circa 11 milioni di euro l’anno, è evidente come, nonostante le cantine cooperative producano vini di grande qualità, non riusciranno ad arrivare sul mercato con dei prodotti competitivi anche nel prezzo”.

La crisi si fa sentire anche sul valore di mercato dei vigneti italiani. Con diverse eccezioni, naturalmente, ma in genere il prezzo ad ettaro è diminuito di diversi punti percentuali negli ultimi tre anni. E quello che forse è il dato più preoccupante è la totale assenza di transazioni. Da un’indagine di Confagricoltura condotta tra i suoi associati in tutte le regioni italiane emergono in maniera evidente quotazioni e situazioni completamente diverse tra le zone più vocate e quelle che più faticosamente hanno cercato di affermarsi sul panorama enologico nazionale.

Così si passa tranquillamente dai 30-50 mila euro ad ettaro (con un calo del 50% rispetto al 2008) della Basilicata, dai 30 mila- 45 mila della Puglia e dai 50 mila euro delle Doc laziali (dove c’è stato un abbandono della produzione del 20%), ai 600-700 mila euro del Barolo, ai 400-500 della zona di Bogheri in Toscana, fino ai 400 mila euro della Franciacorta e ai 300-500 mila del Prosecco, che con le loro bollicine non conoscono la parola crisi. Per arrivare a 1 milione di euro per un ettaro del raro Cartizze (in tutto cento ettari nel comune di Valdobbiadene, in provincia di Treviso).

Situazione a macchia di leopardo in Sicilia, dove i vigneti quotano da 20 mila a 70 mila euro ad ettaro, con la zona dell’Etna in testa alla classifica, ultima ad essere stata valorizzata, ma in grande auge. Stessa cosa in Abruzzo dove la Docg più pregiata, Colline Teramane, arriva a quotazioni che sfiorano anche i 100 mila euro; tiene la zona di Loreto Prutino, mentre nel resto della regione ci sono prezzi molto bassi. Andamento altalenante per il Chianti toscano, le cui quotazioni sono scese fortemente negli ultimi tre anni e che ora oscillano tra 70 e i 130 mila euro ad ettaro.

Cinquanta, 70 mila euro per un ettaro del famoso Sagrantino in Umbria, che tiene il prezzo, pur con un leggero calo, 90-95 per un ettaro di Verdicchio nelle Marche (in crescita), 90 per il Rosso Conero, piccola nicchia di grande qualità sempre nella stessa regione.

E’ completamente fermo il mercato in Sardegna, dove il prezzo medio è 40.000 euro, con l’unica eccezione del Vermentino Doc, che spunta 50-60 mila euro. Così come quello della Calabria dove il Cirò quota 60-70 mila euro, il resto 40-50.

“Ma tutto sulla carta - dicono i produttori di Confagricoltura - tutti d’accordo, dal Nord al Sud della penisola, perché dove i prezzi scendono nessuno compra, e dove salgono nessuno vende. Un po’ quello che sta accadendo nel mercato immobiliare dove è vero che i prezzi sono diminuiti, ma se vuoi acquistare una casa a Piazza di Spagna a Roma o a via della Spiga a Milano, la devi pagare a peso d’oro.”

Così si sta diffondendo un nuovo fenomeno: la vendita del marchio, dove il prezzo di un’azienda non dipende più solamente dalle quotazioni del vigneto in quella zona, ma dalla sua storicità, dalla qualità dei vini, dalla cantina e così via. E’ quello che sta succedendo nel Brunello e nella zona dell’Amarone, dove i prezzi sono rispettivamente in media di 350-400 euro e 500 mila, ma dove le poche transazioni avvengono sulla base di parametri completamente diversi.

Tengono bene i prezzi dei vigneti del Soave, in Veneto (300 mila euro ad ettaro), del Friuli Venezia Giulia (70-80 mila euro nei terreni di pianura, 100-150 mila nel Collio), della zona del Morellino, nella Maremma toscana (150-200 mila), dell’Asti (70-100 mila), del Lambrusco (100 mila). Stabile anche la Campania con quotazioni tra i 50 e i 75 mila euro per le Docg della provincia di Avellino, 30 mila euro nel Beneventano e 20 mila nel resto del territorio.

Si vendono al metro, come la seta, i vigneti del Trentino e dell’Alto Adige dove la terra, e la vite, sono beni preziosi, tanto da costare nel primo caso 20-40 euro al metro quadro (50 nella zona delle famose bollicine), tra i 60 e i 90 nel secondo. Moltiplicando per 10.000 si fanno facilmente i conti ad ettaro!

di Ernesto Vania

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