L'arca olearia 01/11/2008

Raccolta meccanizzata delle olive, istruzioni per l'uso

Le influenze delle forme di allevamento e della potatura esercitano un ruolo determinante nel corso dell'olivagione. Gli esperti dela materia - Proietti, Famiani, Tombesi e Guelfi - presentano alcune utili indicazioni guida


Martedì 4 novembre, presso l’Azienda agraria Anna Elisa di Valentini e Proietti, in località Madonna delle Grazie nel Comune di Bevagna, in provincia di Perugia, si terrà la terza “Giornata nazionale sulla raccolta meccanizzata delle olive".
Abbiamo colto l'occasione al volo per avere quelle che possiamo definire le istruzioni per l'uso, i consigli più opportuni per non incorrere in errore. Da qui l'articolo di Proietti, Famiani, Tombesi e Guelfi. Buona lettura (TN)



Influenza delle forme di allevamento e della potatura sulla raccolta meccanizzata delle olive

Proietti P., Famiani F., Tombesi A. - Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Perugia

Guelfi P. - Agenzia Regionale Umbra per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura (Arusia)


La potatura nei primi anni di sviluppo dell’olivo (potatura di allevamento) deve consentire di far assumere rapidamente al giovane albero la forma voluta e successivamente (potatura di produzione) deve migliorare la quantità, la costanza e la qualità della produzione, allungare al massimo il periodo di maturità produttiva e favorire un buono stato sanitario dell’albero e delle olive.
Sia la potatura di allevamento sia quella di produzione devono, inoltre, mirare alla semplificazione ed agevolazione delle operazioni colturali al fine di ridurre i costi di produzione.



In olivicoltura la raccolta rappresenta l’operazione di gran lunga più onerosa dell’intero ciclo produttivo e, di conseguenza, un’evoluzione verso la meccanizzazione della stessa risulta un obiettivo prioritario per una sostenibilità economica della coltura che può raggiungersi solo puntando all’ottenimento di un prodotto di alta qualità e riducendo i costi di produzione. A tal fine l’impostazione di un’adeguata forma di allevamento e la successiva potatura di produzione assumono un ruolo determinante per ottimizzare l’impiego delle macchine per la raccolta.

Un importante vantaggio della meccanizzazione della raccolta, e della conseguente riduzione dell’impiego della manodopera, deriva anche dalla crescente difficoltà di reperimento della stessa a causa della faticosità e pericolosità dell’operazione. Non vanno, infine, sottovalutati i rischi che la raccolta manuale presenta in relazione alla qualità del prodotto a causa di periodi di raccolta che si protraggono troppo a lungo (e quindi più ampi del periodo ottimale di maturazione) e per la limitata quantità di olive raccolte giornalmente non sufficiente in genere a consentire una tempestiva lavorazione.


FORME DI ALLEVAMENTO
Una razionale forma di allevamento nell’olivo deve:

Ø rispettare il modo naturale di vegetare della specie (habitus vegetativo), al fine di contenere i tempi ed i costi della potatura e di non ritardare l’accrescimento e l’entrata in produzione dell’albero; più la forma si allontana dal naturale habitus vegetativo della specie, maggiore sarà la necessità di severi interventi di potatura, con conseguente riduzione dell’efficienza e delle potenzialità produttive dell’albero;

Ø esaltare l’intercettazione della luce con uno sviluppo ed una distribuzione dell’apparato fogliare in grado di sfruttare adeguatamente lo spazio disponibile, evitando l’ombreggiamento reciproco delle foglie nell’ambito della stessa chioma e fra chiome contigue;

Ø favorire l’arieggiamento della chioma e una buona penetrazione nella vegetazione degli eventuali trattamenti antiparassitari per favorire un ottimo stato sanitario dell’albero;

Ø mantenere un elevato rapporto tra foglie e legno;

Ø garantire un’impalcatura solida per sostenere il peso dei frutti e dell’eventuale neve senza rischi di rotture delle branche;

Ø facilitare l’esecuzione delle operazioni colturali, con particolare riferimento alla raccolta.

Le forme di allevamento
Le forme di allevamento di maggior interesse in olivicoltura sono: vaso (vaso libero, vaso policonico, vaso a cono rovescio, ecc.), globo, monocono e asse centrale.

Il vaso è largamente diffuso nell’olivicoltura e può realizzarsi con numerose varianti che riguardano principalmente l’inclinazione delle branche principali, la distribuzione della vegetazione intorno ad esse e l’altezza del tronco. Attualmente, al fine di limitare gli interventi di potatura e assecondare quanto più possibile il naturale modo di vegetare dell’albero, si privilegiano forme a vaso più libere, cioè geometricamente meno ricercate rispetto al passato.

Il vaso è costituito da un tronco, con un’altezza che può variare da 60 a 120 cm in funzione del sistema di raccolta: l’altezza, compatibilmente con la necessità di gestire il terreno al di sotto dell’albero, deve essere contenuta a 60-80 cm nel caso di raccolta agevolata con attrezzature pneumatiche o elettriche, mentre deve essere di 100-120 cm nel caso di raccolta meccanica con vibratori.

Dalla sommità del tronco si dipartono 3-4 branche principali, inclinate rispetto alla verticale di 35-45°, in dipendenza del sistema di raccolta adottato (rispetto alla verticale, ca. 40-45° con raccolta agevolata e 35-40° con vibratotori da tronco) e di una buona penetrazione della luce nella chioma, tenendo comunque conto che, per garantire un’adeguata solidità, le branche non dovrebbero essere inclinate più di 45°; sempre al fine di garantire una adeguata resistenza meccanica, le branche principali dovrebbero avere un punto di inserzione sul tronco distanziato dagli altri di 5-10 cm.

Per un ottimale sfruttamento dello spazio, le branche dovrebbero formare fra loro un angolo di 120° (o 90° nel caso si vogliano formare quattro branche principali). Sulle branche principali lateralmente e inferiormente si inseriscono le branche secondarie, che hanno una lunghezza decrescente dalla base verso l’apice e che portano le branchette fruttifere (2-3 anni di età). Sulla parte interna le branche primarie portano solo deboli branchette, così ogni branca assume una forma a semicono. La chioma presenta spazi vuoti (finestrature) tra le branche principali (chioma piena in basso e discontinua in alto) ed è pressoché vuota internamente.

Riassumendo, per aumentare l’efficienza dei vibratori da tronco per la raccolta il vaso deve avere:

Ø tronco lineare, regolare e con altezza di 100-120 cm;

Ø branche principali lineari e con stretto angolo di inserzione con la verticale (35-40°);

Ø branche secondarie numerose, inserite lateralmente alle principali, brevi e senza brusche variazioni della direzione (“colli d’oca”);

Ø limitata presenza di ramificazioni lunghe, elastiche e pendule alla base della chioma (pendaglie), abbondanti in alcune varietà, poiché vengono scarsamente sollecitate dal vibratore;

Ø cime ben rivestite di rami fruttiferi.

La forma a vaso, grazie alla ripartizione della vegetazione su più assi vegetativi, consente di esplorare un elevato volume di spazio, assecondando il forte sviluppo che hanno le varietà a vigore medio/elevato in ambienti favorevoli e permettendo di intercettare un’elevata quantità di luce con una buona uniformità di illuminazione in tutta la chioma. Queste condizioni facilitano il mantenimento dell’equilibrio fra attività vegetativa e riproduttiva.

Se si mantiene la chioma bassa ed espansa (angolo di inserzione delle branche principali di ca. 40-45° rispetto alla verticale e tronco alto 60-80 cm), è facilmente attuabile la raccolta con agevolatrici; questo tipo di raccolta è semplificata anche per la presenza di finestrature, fra una branca principale e quelle contigue, che consentono la facile esplorazione di tutta la chioma.

Il vaso, adottando i criteri di impostazione prima descritti, si adatta bene alla raccolta meccanica con vibratori del tronco fino a quando la chioma non supera un volume di 30-50 m3, dopodichè devono essere scosse le singole branche principali.
Un limite connesso alla forma di allevamento a vaso è la difficile meccanizzazione della potatura. Tuttavia, sono in corso sperimentazioni per trovare soluzioni che consentano di meccanizzare almeno in parte questa operazione.

La forma a globo è una forma molto utilizzata in ambienti caldi e a forte insolazione, dove ridotti sono i problemi di ombreggiamento, mentre elevati sono i rischi di ustioni sulla struttura legnosa, per cui la chioma sferoidale deve ombreggiare lo scheletro dell’albero.

Il globo differisce dal vaso perché branche secondarie sono presenti anche nella parte interna della chioma. Le branche principali, inoltre, generalmente sono più numerose (4-5) e assurgenti rispetto al vaso. Il tronco ha un’altezza da 60 a 120 cm, in funzione delle stesse considerazioni fatte per il vaso, e l’altezza complessiva dell’albero dovrebbe essere contenuta sotto i 4,5-5 m da terra. È necessario evitare l’infoltimento eccessivo della chioma, che favorirebbe attacchi parassitari. La fruttificazione si concentra nella zona periferica della chioma e per una profondità dipendente dallo sfoltimento che si esegue.

La forma a globo richiede limitati interventi di potatura ed è confacente all’habitus globoso di molte cultivar. Determina, però, un severo ombreggiamento delle parti interne della chioma che, di conseguenza, tendono a defogliarsi e a deperire. Inoltre, rende difficile la penetrazione nella chioma dei trattamenti antiparassitari e presenta qualche inconveniente per la raccolta con agevolatrici, a causa della difficoltà dell’inserimento degli organi raccoglitori nella chioma, e con vibratori del tronco per una ridotta sollecitazione che la chioma subisce a causa della sua elevata densità.

La forma a monocono presenta la vegetazione distribuita su un unico asse verticale (fusto) sul quale si inseriscono, con angolo molto aperto, le branche primarie aventi una lunghezza decrescente dalla base all’apice del fusto. La chioma deve quindi assumere una forma conica. La lunghezza delle branche principali basali non dovrebbe superare i 2,5 m per un’efficiente trasmissione della vibrazione nel caso di raccolta meccanica con vibratore del tronco.

Le branche principali dovrebbero essere disposte a spirale sul fusto e quelle sovrapposte fra loro dovrebbero essere distanziate di almeno 1 m per non esaltare l’ombreggiamento reciproco. Il fusto deve essere privo di branche per un’altezza di circa un 1 m al fine di poter agganciare il vibratore del tronco; l’altezza complessiva del fusto non dovrebbe superare i 4-5 m. Per limitare l’ombreggiamento e per non ridurre l’efficienza dei vibratori del tronco, è necessario evitare l’eccessivo allungamento delle branche principali e mantenere una forma conica della chioma. Per evitare che la cima del fusto si sviluppi eccessivamente in altezza e che le branche primarie si allunghino troppo, con il passare degli anni sono necessarie potature progressivamente più energiche.

Il monocono consente la parziale meccanizzazione della potatura.
Va considerato però che l’ottenimento del monocono è difficoltoso con varietà a portamento pendulo, in cui non si verifica il regolare allungamento del fusto poiché le branche più basse tendono a prendere il sopravvento, e con varietà molto assurgenti o molto vigorose a causa della necessità di sostituire frequentemente la cima, indebolita dai rami laterali assurgenti e della notevole emissione di succhioni. Inoltre, con l’aumentare della dimensione della chioma, si verifica un progressivo incremento dell’ombreggiamento nelle porzioni interne, che così deperiscono progressivamente, mentre l’albero tende a formare la nuova vegetazione nelle parti periferiche meglio illuminate. Di conseguenza, per evitare che la cima del fusto si sviluppi eccessivamente in altezza e che le branche primarie si allunghino troppo, cosa che causerebbe un eccessivo ombreggiamento e minore efficienza dei vibratori del tronco, necessitano potature progressivamente più energiche che stimolano un’eccessiva attività vegetativa a scapito di quella produttiva.

L’assenza di finestrature nella chioma rende più laboriosa l’esplorazione della chioma per la raccolta con agevolatrici. Spesso insorgono anche problemi di visibilità del fusto nell’agganciare il vibratore del tronco a causa della vegetazione ricadente inserita sulle lunghe branche basali; questa vegetazione, inoltre, quando si utilizza un telaio intercettatore ad ombrello, poggiando su di esso, subisce una scarsa vibrazione.

La forma ad asse centrale è utilizzata per impianti superintensivi, progettati per attuare la raccolta meccanica in continuo con macchine scavallatrici (vendemmiatrici opportunamente modificate) e per meccanizzare la maggior parte delle operazioni di potatura.
Questa forma è realizzabile solo con varietà a bassa vigoria e portamento compatto. Con varietà di media o elevata vigoria, sono necessari pesanti interventi di potatura e ciò comporta l’accentuarsi dell’attività vegetativa a scapito di quella produttiva.

L’asse centrale è costituita da un fusto sul quale si inseriscono liberamente branche laterali di eguale lunghezza. L’insieme degli alberi forma una parete di vegetazione (distanze di impianto intorno a 1,5 x 4 m) le cui dimensioni non devono superare 2,5 m in altezza e 1,5-2 m in spessore per consentire la raccolta con la macchina scavallatrice. Il tutore di ogni pianta è collegato a uno o più fili metallici sottesi lungo la fila da pali di testata e rompitratta. Il fusto deve essere libero da branche per un’altezza di 50-70 cm da terra per consentire la gestione del terreno ed il passaggio degli organi intercettatori della macchina scavallatrice per la raccolta.

La forma ad asse centrale induce una crescita piuttosto veloce, una precoce entrata in produzione (2°-3° anno) ed il rapido raggiungimento della piena produzione che risulta piuttosto elevata (da 80 a 120 q/ha/anno). Il principale vantaggio è la possibilità di attuare la raccolta meccanica in continuo (3-4 ore/ha) e la parziale meccanizzazione della potatura. Tuttavia non vanno trascurati i problemi connessi a questa forma. In effetti, essa non è idonea alla maggior parte delle varietà di olivo a causa della loro vigoria; finora solo le cultivar Arbequina, Arbosana e Koroneiki hanno mostrato un buon adattamento a questa forma. Comporta alti costi di impianto (1600-1800 piante/ha) e breve durata economica dell’oliveto (ipotizzata in ca. 15 anni), spesso induce un eccessivo ombreggiamento che determina la progressiva diminuzione della produzione, può essere attuata solo su estese superfici per la necessità di ammortizzare l’elevato costo della macchina scavallatrice, favorisce gli attacchi parassitari (rogna, margaronia, ecc.) che impongono numerosi trattamenti sanitari. Sperimentazioni sono in corso anche in Italia per valutare la risposta di diverse cultivar nei diversi ambienti per valutare le potenzialità di questa forma.



POTATURA DI PRODUZIONE
In un olivo adulto non più potato, i succhioni prendono il sopravvento sulle altre parti della chioma e la vegetazione si sposta nella porzione superiore dell’albero, che gode della migliore illuminazione, mentre nella parte sottostante le branche si spogliano progressivamente di vegetazione per effetto dell’ombreggiamento e di attacchi parassitari favoriti dall’ombreggiamento stesso e dallo scarso arieggiamento.

Nei primi anni l’albero può formare anche una notevole quantità di frutti, superiore alle sue capacità nutrizionali, per cui si ha un’elevata cascola e i frutti giunti a maturazione sono piccoli e con ridotto contenuto in olio. La forte concorrenza esercitata dall’elevato carico di frutti deprime lo sviluppo vegetativo innescando una forte alternanza di produzione, più accentuata in condizioni pedoclimatiche difficili. Dopo alcuni anni, diventa più difficoltosa la raccolta sia agevolata con attrezzature pneumatiche o elettriche (a causa dell’infoltimento della chioma) sia con vibratori del tronco (per la riduzione della trasmissione della vibrazione).

Il turno di potatura annuale può consentire di contrastare l’alternanza di produzione, garantisce un buon arieggiamento della chioma ed una tempestiva eliminazione delle parti attaccate da parassiti e aumenta la longevità dell’albero (poiché comporta tagli più piccoli), ma implica costi molto elevati e spesso induce l’olivicoltore ad asportare un’eccessiva quantità di vegetazione rispetto alla potenzialità produttiva dell’albero. Gli interventi annuali possono predisporre la chioma ad un’efficace azione delle agevolatrici per la raccolta e dei vibratori del tronco.

La potatura biennale è più energica di quella annuale; nell’anno di non potatura si può eseguire un sommario intervento per eliminare i succhioni e le parti malate. In genere, il turno biennale comporta minori costi di quello annuale, ma anche tagli più grossi e a volte maggiore alternanza. I risultati sono migliori in condizioni ambientali e colturali favorevoli dove l’olivo vegeta bene anche nell’anno in cui non è potato; in queste condizioni il turno biennale non causa diminuzioni della produzione né problemi per la raccolta meccanica e può quindi costituire il miglior compromesso fra risultato tecnico e costi. Per ridurre l’alternanza di produzione dell’oliveto si può potare la metà degli alberi un anno e l’altra metà l’anno seguente e così via.

Il turno poliennale (ogni tre o più anni) comporta una potatura molto energica ed accentua gli inconvenienti descritti per il turno biennale e in più induce un precoce invecchiamento dell’albero. È sconsigliabile in condizioni ambientali non ottimali e con varietà a portamento assurgente e sensibili al cicloconio (Spilocaea oleaginea). L’eccessiva densità della chioma rende difficoltoso l’impiego delle agevolatrici per la raccolta.

Con la potatura di produzione, nel caso che la raccolta sia effettuata con un vibratore del tronco, occorre mantenere branche secondarie numerose, piuttosto corte e senza brusche variazioni di direzione (“colli d’oca”) e, soprattutto se il vibratore è abbinato ad un telaio intercettatore ad ombrello rovescio, ridurre le pendaglie nelle porzioni basali della chioma consentendo nel contempo un maggiore sviluppo in altezza delle piante, per evitare una diminuzione del volume fruttificante della chioma. Viceversa, nel caso che la raccolta sia effettuata con attrezzature agevolatrici è importante contenere lo sviluppo in altezza delle piante sotto 4-4,5 m e, per avere un buon volume di vegetazione fruttificante, favorire la formazione di una chioma più espansa, permettendo un maggior allungamento delle branche secondarie.



Considerata l’importanza della meccanizzazione della raccolta, emerge la necessità di fornire agli olivicoltori opportunità concrete per conoscere, vedere in azione e testare le diverse tipologie di macchine ed attrezzi presenti sul mercato, al fine di stimolare l’introduzione degli stessi nelle aziende olivicole e fornire gli elementi necessari per una scelta razionale in funzione delle specifiche esigenze di ciascuna azienda.

A questo scopo l'Arusia (Agenzia Regionale Umbra per lo Sviluppo e l'Innovazione in Agricoltura), il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia e le Testate giornalistiche Terra e Vita e Olivo & Olio de Il Sole 24 Ore, con il patrocinio del Comune di Bevagna, dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio, della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana, dell’Alfa Laval, del Gruppo Pieralisi e di Agriumbria, organizzano la “III GIORNATA NAZIONALE SULLA RACCOLTA MECCANIZZATA DELLE OLIVE” che si terrà martedì 4 novembre 2008 in Umbria presso l’Azienda agraria Anna Elisa di Valentini e Proietti, in località Madonna delle Grazie nel Comune di Bevagna (PG).

Durante la manifestazione verranno messe a confronto le diverse tipologie di macchine per la raccolta delle olive (vibratori del tronco, ombrelli intercettatori, macchine agevolatrici della raccolta) attualmente disponibili sul mercato; le Ditte produttrici ed il personale delle Istituzioni organizzatrici saranno a disposizione per rispondere ai quesiti degli olivicoltori.

In particolare, sarà possibile esaminare i punti di forza e gli eventuali punti di debolezza delle diverse tipologie di macchine, nonché le condizioni di impiego ed i prezzi delle stesse, in modo da portare un contributo concreto alla soluzione dei problemi della raccolta a livello aziendale, sotto il profilo tecnico, economico ed organizzativo.



Per ulteriori informazioni sulla manifestazione www.arusia.umbria.it/news - olivo@agr.unipg.it – tel. 075 5856285: link esterno



GLI AUTORI

Proietti P., Famiani F., Tombesi A. - Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Perugia

Guelfi P. - Agenzia Regionale Umbra per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura (ARUSIA)

di A. Tombesi, P. Guelfi, Primo Proietti, F. Famiani