L'arca olearia 26/08/2015

Xylella fastidiosa è il vero e unico problema degli olivi del Salento?

Xylella fastidiosa è il vero e unico problema degli olivi del Salento?

Le analogie tra Xylella fastidiosa e la flavescenza dorata della vite. L'esperienza in viticoltura ci può insegnare che un eccesso di trattamenti chimici non sortisce l'effetto sperato. Nel Salento contro Philaenus spumarius, la cicalina che porta il batterio di olivo in olivo, si può intervenire con sostanze repellenti


Emergenze sanitarie causate dall’importazione accidentale di insetti non sono certo una novità per l’agricoltura italiana. Dal Nord America lo Scaphoideus titanus, vettore di un fitoplasma pericoloso per le viti,ha creato e continua a creare problemi ai viticoltori del nord italia. E’ un parente strettissimo, delle cicaline che trasmettono Xylella fastidiosa agli ulivi e lo si sta combattendo dagli anni 50.

Il problema degli ulivi del Salento presenta moltissime analogie con la Flavescenza dorata della vite ma è stato ingigantito da pratiche agricole errate o assenti. Per cercare possibili soluzioni, che non prevedano l’abbattimento selvaggio o la sterilizzazione della vita intorno e sugli ulivi,è utile ripercorrere brevemente le esperienze già fatte e le possibilità alternative di prevenzione e trattamento.

La pericolosa ampelopatia causata dallo Scaphoideus titanus,durante gli anni 60, si è estesa rapidamente in tutte le principali regioni vinicole della Francia centro meridionale e in Corsica. In Italia,verso la fine degli anni 60 è stata riscontrata nell’Oltrepò pavese. Il sintomo più evidente(anche qui notare il parallelismo con l’ulivo)è a carico della produzione e dell’integrità dell’intera pianta con il disseccamento dei grappoli e tralci colpiti. Un fitoplasma per la vite un batterio per l’ulivo attaccano il sistema vascolare della pianta. Per la vite è il sistema floematico ad essere interessato ,nel caso dell’ulivo è il sistema xilematico non più in grado di trasportare acqua e sali minerali dalle radici agli organi aerei della pianta. Per la vite l’unico vettore fin’ora certo è l’Emittero Scaphoideus titanus (fam.cicadellidi) che compie l’intero ciclo vitale su piante del genere vitis. A tutt’oggi la f.d. è ancora numericamente rilevante e solo i viticultori che usano le buone pratiche agricole ottengono risultati positivi. La solo lotta chimica non basta,infatti la cicalina responsabile della falvescenza dorata è ancora ben presente.

Per l’ulivo uno dei vettori maggiormente incriminati per la trasmissione di Xylella fastidiosa risulta essere un Rincote cicadellide genere Philaenus specie spumarius. L’inutilità degli interventi ordinati dall’Europa risiede nel fatto che la pianta non può autonomamente trasmettere l’infezione ad un’altra pianta se non con la “complicità”dell’insetto vettore che ,dopo aver punto una pianta infetta potrebbe,pungendo una pianta sana ,trasmettere l’infezione. Per questo motivo l’attenzione degli esperti si deve focalizzare soprattutto nel rendere difficile l’avvicinamento della cicalina agli ulivi (poi vedremo come). Molti si chiedono da dove e come è arrivata la malattia. Tralasciando l’ipotesi del dolo passerò ad analizzare la possibile genesi dell’”epidemia”.

Una pianta è sana quando svolge le sue funzioni fisiologiche (divisione cellulare,differenziamento, sviluppo, assorbimento dell’acqua e delle sostanze nutrienti, trasporto, fotosintesi,metabolismo, riproduzione, svernamento ecc..) esprimendo al massimo il suo potenziale genetico. Qualsiasi squilibrio causato dalla continua irritazione da parte di un patogeno che interferisca con il normale funzionamento della pianta determinerà una riduzione o perdita della produzione. La pianta affetta subirà un cambiamento di aspetto (sintomi) e/o una diminuzione del prodotto rispetto alla pianta sana.

L’inoculo di batteri o fitoplasmi, da parte di insetti vettori, provoca l’ occlusione dei vasi xilematici o floematici della pianta infettata. Quando una pianta di ulivo è infettata, il batterio si moltiplica nello xilema formando delle masse batteriche che si ricoprono di esopolisaccaridi e lipopolisaccaridi che impediscono la circolazione della linfa verso i tessuti della pianta. Gli effetti sulle piante riguardano il disseccamento e la perdita di produttività. Si potrebbe paragonare il sistema di vasi della pianta all’intestino dei mammiferi. Il sistema intestinale degli animali, se presenta una normale flora batterica, è in grado di combattere i batteri possibili cause di malattia,se invece la flora utile è insufficiente o debilitata per vari motivi (errata alimentazione ,inquinanti,metalli pesanti,fattori infiammatori),l’ingresso e la colonizzazione dei batteri patogeni è facilitato. Una pianta trascurata,senza buone pratiche agricole,indebolita da trattamenti chimici, sarà facile preda di infezioni che potrebbero portare anche alla morte della pianta stessa. Solo recuperando la salubrità dei terreni e l’indispensabile biodiversità, le nostre piante potranno avere la forza di reagire alle avversità e limitare gli eventuali danni a perdite accettabili di produttività.
Guardando un prato, incolto da anni, è interessante notare che in nessun caso le piante presentano danni vistosi;ad una osservazione più attenta qualche foglia appare attaccata da funghi o rosicchiata da qualche larva ma tutto viene ricondotto ad un danno estremamente limitato; la natura ci sta suggerendo cosa dobbiamo fare per avere piante sane e un ambiente più pulito.

Moltissime piante contengono infatti, in varie parti della loro struttura,sostanze come polifenoli e xantoni in grado di scoraggiare eventuali infestazioni da insetti e infezioni da virus,batteri e funghi;possono secernere sostanze anche capaci di evitare la predazione da parte di erbivori. Solo in qualche caso sono state valutate e poi utilizzate le potenzialità delle sostanze naturali attraverso lo studio della Farmacognosia. Ci siamo però più volentieri affidati ai colossi della chimica che puntualmente ci hanno fornito pesticidi e diserbanti pronti a soddisfare le nostre esigenze. Questo modello agricolo ed economico folle, produce enormi quantità di cibo scadente per una piccola parte di Mondo, e non da nulla a buona parte dell’Umanità, forse però, le cose stanno per cambiare.

Purtroppo il lento avvelenamento da pesticidi, della terra e dell’acqua,si è inevitabilmente trasmesso alle piante con conseguente indebolimento delle difese immunitarie. Le piante vivono in stretto contatto con numerosi microrganismi che popolano sia la superficie delle radici e delle foglie sia i loro sistema vascolare (xilema e floema). Questi microrganismi svolgono molteplici funzioni:metabolizzano le sostanze presenti nel suolo e permettono alla pianta di assimilarle,processano alcuni metalli come il ferro permettendo il suo ingresso nella pianta,amplificano l’espansione dell’apparato radicale,modificano le vie metaboliche della pianta cambiando le qualità organolettiche dei frutti,favoriscono poi l’espressione di alcuni geni inducendo resistenza ad alcune fitopatologie; in sintesi,sono indispensabili per la vita delle piante.

La diminuzione della popolazione microbica delle piante le espone a stress sia di tipo abiotico che biotico e permette,come già ricordato in precedenza, ad alcune patologie di manifestarsi. La dinamica dello sviluppo di Xylella fastidiosa fa ipotizzare che, oltre al batterio trasmesso dal vettore ,un importante cofattore sia la diminuzione della biodiversità microbica degli endofiti della pianta,cioè di quei batteri che vivono all’interno dei vasi,impedendo l’espansione e la conseguente manifestazione dei danni apportati dai batteri nocivi introdotti da insetti vettori. Tutto ciò è la conseguenza di assenza di buone pratiche agricole e interventi con pesticidi ed erbicidi che non hanno tenuto in considerazione gli effetti collaterali; per difendere le colture da alcuni microrganismi patogeni e da insetti fitofagi abbiamo distrutto tutti i microrganismi utili presenti nelle piante,provocando un indebolimento della biodiversità e della popolazione microbica utile.

E’ comunque prevedibile che in futuro l’introduzione di nuovi pesticidi incontrerà sempre maggiore difficoltà. Gli insetti riescono infatti a sviluppare sofisticati sistemi di resistenza ai differenti principi attivi. Il tentare di utilizzare,a questo punto,insetticidi diversi in successione provocherebbe problemi multipli,rendendo il monitoraggio tossicologico ed ambientale più difficile.

Le piante,proprio perché immobili,evolvono strategie per combattere insetti e avversità. Hanno infatti strutture di difesa passiva e sintetizzano numerose sostanze,accumulandole in tessuti particolari a scopo difensivo. Tali sostanze possono impedire,respingere,intossicare o interferire con la vita,lo sviluppo o la riproduzione di fitofagi e di erbivori vertebrati. Le sostanze biologicamente attive,prodotte dalle piante,riducono o prevengono l’attacco di fitofagi rendendo alcuni tessuti vegetali sgradevoli al palato o addirittura velenosi. Esistono anche sostanze di origine patogena,gli elicitori,che provocano reazioni di difesa nelle piante come avviene con la produzione di fitoalessine antimicrobiche. Gli elicitori,in combinazione con ferite di natura meccanica,determinano anche il rilascio di sostanze,sia localmente che in maniera sistemica,che servono da segnale di richiamo per per i predatori e i parassitoidi dei fitofagi. Dovremmo sfruttare sempre più queste straordinarie particolarità del mondo vegetale per aiutare quelle piante da reddito indebolite da pratiche intensive sempre più spinte e da mancanza di buone pratiche agricole.

A tutt’oggi più di 50 famiglie appartenenti al regno vegetale sono state studiate per la possibilità di estrarne sostanze con attività repellente nei confronti di insetti fitofagi. Studi approfonditi sono stati condotti soprattutto su piante della famiglia delle Meliaceae,Asteracee,Labiateae e Leguminose e numerose altre piante attendono di essere studiate ed utilizzate. Molte sono le classi di composti che agiscono come deterrenti per gli insetti,ma le caratteristiche più promettenti sono state riscontrate nei terpenoidi,alcaloidi,ed in alcuni composti fototossici.

Valutazione del ciclo biologico del Philaenus spumarius. Le femmine della cicalina depongono le uova con l’ovodepositore, durante l’estate, nelle fessure della corteccia degli alberi. Le uova svernano schiudendosi la primavera successiva. Lo sviluppo del Philaenus è di tipo “eterometabolo” , gli insetti che sgusciano sono simili all’insetto adulto e le mute lo avvicinano sempre più alla livrea finale. Dalle uova escono le neanidi che ,portandosi su piante erbacee nelle vicinanze degli ulivi, completano il loro ciclo di sviluppo protette da una secrezione intestinale, resa spumosa da bolle d’aria che particolari trachee immettono nelle secrezioni. Completato lo sviluppo, raggiungono la pianta d’ulivo per potersi cibare e,con l’accoppiamento, iniziare un nuovo ciclo vitale. Il cibo della cicalina è rappresentato dalla linfa che scorre nei vasi xilematici della pianta. Se la pianta non è stata in precedenza infettata da una cicalina portatrice di xylella fasidiosa, le conseguenze saranno molto limitate e la pianta reagirà alle punture in modo fisiologico,diversamente la cicalina assumerà con la linfa anche il batterio diventando di fatto un potenziale vettore di malattia che trasmetterà pungendo nuove piante. La modalità di trasmissione è di tipo persistente propagativa vale a dire che una volta acquisito il batterio da parte del vettore,esso circola e si moltiplica all’interno del corpo dell’insetto fino a raggiungerne le ghiandole salivari :per far ciò devono passare almeno 3-4 settimane(periodo di latenza). Una volta raggiunte le ghiandole salivari la cicalina è in grado di trasmettre X.f. ad ulivi sani e conserva tale infettività per tutta la vita. Nel caso di forme giovanili,l’infettività non viene persa con le mute.

Tecniche di intervento applicate agli stadi di sviluppo più vulnerabili del vettore Solo la perfetta conoscenza del ciclo vitale dell’insetto vettore e di tutto quello che è stato fatto in situazioni analoghe può veramente dare un valore aggiunto allo studio di provvedimenti terapeutici,di prevenzione primaria e secondaria. Osservando infatti le tecniche adottate dai viticoltori nei confronti del vettore della “Flavescenza dorata”,veicolata dalla cicalina Scaphoideus titanus, che ripeto ha grandissime analogie con “Xylella f” veicolata da Philaenus spumarius sia in termini di ciclo biologico,di modalità di trasmissione della malattia che di caratteristiche tassonomiche(stesso ordine “Rincoti” stesso sottordine”Omotteri”), si può notare come i vari interventi siano mirati a colpire gli stadi più vulnerabili del ciclo biologico dell’insetto. Il cosiddetto “metodo francese”, risalente agli anni ’70, prevedeva 4 trattamenti suddivisi in :ovocida- primaverile sulle neanidi- estivo sugli adulti- fine estate sulle femmine in ovodeposizione. Il trattamento attuale,utilizzato anche in Italia,prevede solo due interventi: primaverile sulle neanidi- estivo sugli adulti. Leggendo l’abbondante letteratura inerente la lotta allo Scaphoideus titanus ,cosa ci può suggerire l’esperienza dei viticoltori del nord Italia e quali insegnamenti possiamo trarre per evitare di incorrere,anche per gli ulivi salentini, in errate valutazioni, parole e promesse improduttive ed interventi tanto demolitivi quanto inutili? Per prima cosa appare evidente che un eccesso di trattamenti chimici non sortisce l’effetto sperato anzi,in molti casi,le piante ne vengono ulteriormente indebolite,anche per questo motivo gli interventi con pesticidi,nel caso delle viti sono stati,negli anni,ridotti da quattro a due. L’utilizzo di estratti naturali “antifeedant” potrebbe invece mettere in seria difficoltà il ciclo vitale del Philaenus spumarius che,proprio perché cicalina dotata di una discreta mobilità,riesce spesso allo stadio adulto a sfuggire dai trattamenti chimici,diversamente la sostanza repellente costituirebbe un sicuro scudo di protezione da utilizzare nella corretta fase di sviluppo del fitofago, nel nostro caso, soprattutto quando le neanidi,completato lo sviluppo,si spostano sulle piante di ulivo per pungerne i rami, iniziare un nuovo ciclo vitale e procedere poi con l’ovodeposizione. La ricerca, per orientare la difesa delle piante in modo naturale,dovrà necessariamente prendere in seria considerazione anche le straordinarie capacità di auto guarigione delle piante, a condizione che si rispetti il territorio e l’ecosistema agricolo.

Le tecnologie che ci permetteranno di conoscere sempre meglio la fisiopatologia vegetale, dovranno anche consentire l’ identificazione di nuove strategie in grado di ricondurre l’approccio terapeutico ad una naturalità quale vera soluzione ai problemi per le patologie vegetali e per l’attacco degli insetti fitofagi. Anche lo studio dell’etologia degli insetti fitofagi dovrà, sempre più, essere bagaglio culturale per coniugare tecniche e corrette tempistiche di prevenzione . Ove non si riesca a scongiurare un attacco o una patologia,il ricorso a sostanze normalmente utilizzate da alcune piante per l’autoguarigione e/o come “antifeedant” rappresenterà, negli anni a venire,la vera sfida per una soluzione sostenibile delle patologie vegetali. Porre al primo posto il benessere dell’uomo e dell’ecosistema dovrà essere obbiettivo strategico per assicurare alle generazioni future il godimento dei frutti dell’enorme patrimonio agricolo italiano. Le facili scorciatoie offerte dai pesticidi ed erbicidi,figlie di un approccio rozzo e devastante,dovranno necessariamente cedere il passo alla vera ricerca, attraverso lo studio della fisiologia e patologia vegetale,dell’entomologia agraria e dei fini rapporti tra tutti gli abitanti degli ecosistemi. Concludo ricordando che non è più possibile pensare di trattare una coltura svincolando l’intervento dall’ecosistema di appartenenza, come oggi avviene con i trattamenti chimici. Per capire un albero è necessario infatti studiare sia la foresta di cui esso fa parte sia le cellule e i tessuti che fanno parte dell’albero. Fino quando l’agricoltura verrà trattata come estranea all’ambiente in cui è inserita,i problemi ad essa connessi non troveranno mai una soluzione.

Bibliografia

 J.M.Franz – A.Krieg . Un esempio di ecologia applicata La lotta biologica- ed agricole
 Dixon R.A. (2001)Natural products and plant disease resistance. Nature, 411:843-847
 Degenhardt J.,Kollner T.G.,Gershenzon J. (2009) Monoterpene and sesquiterpene synthases and the origin of terpene skeletal diversity in plants. Phitochem,70:1621-1637
 Hartman T.(2007) From waste products to ecochemicals .fifty years research of plant secondary metabolism. Phytochem., 68: 2831-2846
 Neilson E.H., Goodger J.Q.D.,Woodrow I.E.,Moller B.L. (2013)Plant chemical defense: at what cost? Trends Plant Sc., 18(5) :250:258
 Winkel B.S.J. (2004).Metabolic channeling in plants. Ann.Rev.Plant Biol.,55: 85-107

di Remo Carlo Egardi

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Commenti 20

Giorgio Greco
Giorgio Greco
26 dicembre 2015 ore 09:03

Ad oggi, la situazione reale, incontestabile e sotto gli occhi di tutti è che “la peste degli ulivi” ha attraversato tutta la provincia di Lecce ed è entrata in quella di Brindisi. L’insetto vettore continua, indisturbato, a mettere le ali e a diffondere la malattia da albero in albero. Nel frattempo gli uomini, a tutti i livelli, invece di unirsi per cercare di mettere un freno alla sua avanzata, si dividono.
Ed allora accade che, questo strano paese, nel contesto di un’emergenza ambientale molto seria, si fa trovare, in genere, indifferente, abbaia alla luna ed e pronto ad essere contro quei pochi che cercano di fare qualcosa di concreto, pronto all’inutile e sterile protesta, pronto a sostenere le più svariate teorie del complotto, in nome di uno smisurato amore per la natura, a difesa della bellezza del paesaggio, di fatto ipocrita. In questi giorni, addirittura, esulta nelle stanze del P.M. per una vittoria di Pirro, visto i tantissimi alberi fantasmi in distese incolte ridotti ad un vero e proprio cimitero dal Disseccamento Rapido, tra Gallipoli e Lecce. Tali innumerevoli attori e atteggiamenti altro non ottengono che l’effetto contrario, tradotto in un’ulteriore aggravamento della malattia degli ulivi, a vista d’occhio; la situazione evolve tragicamente verso un punto di non ritorno.
Mi sarebbe piaciuto vedere, in altri tempi, qualche cosiddetto “amante della natura” imbracciare il decespugliatore e dichiarare guerra alla xylella, collaborando, nelle minime buone pratiche agricole, con il Commissario Straordinario.
Il Dott. Giuseppe Silletti, lasciato troppo solo nell’azione concreta, non so quante volte ci ha supplicato che questa emergenza andava affrontata con il coinvolgimento di tutti e non so quante volte ha ripetuto: “praticare più arature oggi significa meno insetticidi domani”. Pochi hanno ascoltato e collaborato, molti hanno fatto le orecchie da mercante, tanti hanno saputo solo contestare.
Questo il risultato ottenuto finora: la Xylella va avanti, il Commissario si ferma e gli uomini di buona volontà vengono soffocati.
Concordo con il Dott. Verderamo sul fatto che ricerca debba essere la parola d’ordine, una ricerca condivisa. Il Dott. Egardi, qui, ne porta un esempio assai interessante facendo riferimento a sostanze repellenti che potrebbero essere utilizzate affinchè la pianta possa difendersi in maniera naturale, senza danni all’ambiente. A tal proposito, ho letto qualcosa su ciò che è accaduto con la malattia delle strisce del mais causata dal virus MSV trasmesso da alcune cicaline. E’ stata scoperta una sostanza repellente, il cis-Jasmone, capace di allontare le cicaline dal mais, evitando l’uso massiccio di insetticidi che uccidono non solo gli insetti dannosi ma anche quelli utili.

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
23 novembre 2015 ore 12:56

Per la ricerca completamente d'accordo,rimane però il fatto che quello richiesto dall'Europa è la negazione stessa della ricerca. Non sono d'accordo nel definire l'eradicazione selvaggia anche di piante sane l'unico provvedimento da adottare per fermare l'attività degli insetti vettori della malattia. Se chi ha ordinato un simile provvedimento avesse studiato meglio le basi dell'entomologia agraria forse avrebbe proposto altri provvedimenti. Pericoloso affermare che solo chi è istituzionalmete investito è degno di avere credito; spesso intuizioni geniali e soluzioni dei problemi ci arrivano da chi non avremmo mai interpellato per la soluzione degli stessi. Mi piacerebbe sapere, per esempio, se qualcuno si è mai preso la briga di andare a dare una occhiata agli ulivi del Sig. Greco che,in un mare di infezione è riuscito, con le buone pratiche agricole , a limitare i danni dando nuovo vigore alle sue piante.

Gabriele Verderamo
Gabriele Verderamo
21 novembre 2015 ore 17:58

Io ho visto per la prima volta, nell'ottobre del 2013, gli effetti della xylella fastidiosa sugli oliveti del gallipolino. Ne fui spaventato.
Oggi ho ritrovato il territorio sin da Copertino per finire a Leuca, sintomatico e certamente, nel prossimo futuro, esso sarà devastato.
Ricerca, ricerca e ricerca. Questa dev'essere la parola d'ordine.
Ma anche comunicazione da parte di chi la fa.
Nei miei lunghi monitoraggi ho parlato con tanti coltivatori spaventati ma disponibili alla lotta ed anche al sacrificio di pochi alberi per salvarne tanti.
Invece si da spazio alle fiaccolate, alle occupazioni dei binari, alle parole di gente che ha visto l'infezione solo sul web e che, sicuramente, non paga con i suoi soldi i danni che ne derivano.
Forse i piani Silletti, che peraltro devono seguire ciò che l'Europa ordina, non sono i migliori ma, ad oggi, sono gli unici.
Ma si può parlare di acqua ionizzata, di fitofarmaci mai usati o similaria?
Si può lasciar parlare i cantanti o presunti antagonisti?
Sono antagonisti di chi cerca, purtroppo in silenzio, di trovare una strada risolutiva.

Giorgio Greco
Giorgio Greco
18 settembre 2015 ore 15:27

In provincia di Lecce ci sono terreni agricoli incolti, privi di alberi da anni. E’ su quei terreni, Dott. Egardi, che occorre iniziare a piantare le migliaia di varietà di ulivo esistenti al mondo e assenti, finora, nel Salento, affinchè gli scienziati sperimentino sul campo, in piena zona rossa, se fra di esse esiste qualcuna molto resistente o addirittura immune al ceppo CoDiRO. La Scienza dovrebbe intervenire presso le Istituzioni affinchè vengano aperte, urgentemente, le porte a tale sperimentazione, visto l’ottimo risultato ottenuto in Europa con la viticoltura che si salvò grazie all’innesto della vite europea su piede americano meno sensibile alla fillossera.

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
18 settembre 2015 ore 09:07

Le piante vivono in stretto contatto con numerosi microrganismi che popolano sia la superficie delle radici e delle foglie sia i loro sistema vascolare (xilema e floema). Questi microrganismi svolgono molteplici funzioni:metabolizzano le sostanze presenti nel suolo e permettono alla pianta di assimilarle,processano alcuni metalli come il ferro permettendo il suo ingresso nella pianta,amplificano l’espansione dell’apparato radicale,modificano le vie metaboliche della pianta cambiando le qualità organolettiche dei frutti,favoriscono poi l’espressione di alcuni geni inducendo resistenza ad alcune fitopatologie; in sintesi,sono indispensabili per la vita delle piante.
E' possibile perciò che all'interno del sistema vascolare delle viti interessate, endofiti utili, come la nostra flora batterica intestinale, svolgano una vera e propria azione di difesa immunologica. Le resistenze riguardano anche la totale o parziale insensibilità delle piante all'attacco di insetti. Per esempio, dopo l’introduzione della filossera nella seconda metà del secolo scorso,la viticoltura in Europa si salvò grazie all’innesto della vite europea su piede americano meno sensibile all'insetto.

Giorgio Greco
Giorgio Greco
17 settembre 2015 ore 17:26

A proposito di analogie tra Xylella fastidiosa e la flavescenza dorata della vite ben descritte in questo articolo, è di questi giorni un’importante notizia:
la vite era nell’elenco delle specie ospiti del ceppo CoDiRO sottoposte a regolamentazione. Ma a conclusione dei test di patogenicità di Xylella fastidiosa per il genere Vitis, il risultato definitivo è stato che il ceppo rinvenuto a Lecce e denominato CoDiRO non contamina la vite. Quindi, le misure fitosanitarie applicate alle piante di vite contro Xylella fastidiosa possono essere abolite.
http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/21721-il-ceppo-salentino-di-xylella-attacca-gli-olivi-ma-non-la-vite.htm
A questo punto una domanda sorge spontanea: il rincote cicadellide genere Philaenus specie spumarius, portatore di xylella fastidiosa nel Salento, punge anche la pianta della vite per cibarsi? Se SI, come mai questa pianta non si ammala pur avendo anch’essa un sistema vascolare di trasporto dei fluidi? Lo Xilema trasporta la linfa grezza dalle radici alle foglie dell’olivo, il floema trasporta i prodotti della fotosintesi dalle foglie agli organi della vite. Visto che fino all’esito dei test c’era grande allarme perchè si pensava che anche la vite si potesse ammalare, non sarebbe opportuno, a questo punto, capire cosa c’è nella pianta della vite che non permette il proliferare del temuto batterio?

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
15 settembre 2015 ore 09:56

Il capitolo "malattia fungina"è ,a mio avviso, decisamente più complesso e da affrontare con conoscenze approfondite di fitopatologia. Irrinunciabile però la stimolazione del sistema immunitario delle piante e l'uso sistematico delle "buone pratiche agricole". Ove non si riesca a scongiurare un attacco o una patologia,il ricorso a sostanze normalmente utilizzate da alcune piante per l’autoguarigione e/o come “antifeedant” rappresenterà, negli anni a venire,la vera sfida per una soluzione sostenibile delle patologie vegetali. Porre al primo posto il benessere dell’uomo e dell’ecosistema dovrà essere obbiettivo strategico per assicurare alle generazioni future il godimento dei frutti dell’enorme patrimonio agricolo italiano. Le facili scorciatoie offerte dai pesticidi ed erbicidi,figlie di un approccio rozzo e devastante,dovranno necessariamente cedere il passo alla vera ricerca, attraverso lo studio della fisiologia e patologia vegetale,dell’entomologia agraria e dei fini rapporti tra tutti gli abitanti degli ecosistemi. Concludo ricordando che non è più possibile pensare di trattare una coltura svincolando l’intervento dall’ecosistema di appartenenza, come oggi avviene con i trattamenti chimici. Per capire un albero è necessario infatti studiare sia l'ambiente, di cui esso fa parte, sia le cellule e i tessuti che fanno parte dell’albero. Fino quando l’agricoltura verrà trattata come estranea all’ambiente in cui è inserita,i problemi ad essa connessi non troveranno mai una soluzione. Lo scenario del "dolo" che poi lei illustra è decisamente inquietante e certamente difficile da curare. Buona giornata.

remo bolognino
remo bolognino
15 settembre 2015 ore 09:12

Sono assolutamente d'accordo con il suo articolo e la prospettiva delineata, tuttavia è UTILE FOCALIZZARSI ANCHE SULLA CURA DEI FUNGHI del genere Phaeoacremonium che certamente stanno provocando disseccamenti, a prova di questo,oltre a questa publicazione http://link.springer.com/article/10.1007%2Fs10658-014-0573-8#page-1 c'è anche la prova empirica che alcuni alberi seccano,ma non risulta abbiano xylella. La questione è ripresa anche da teatro naturale http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/20959-i-funghi-da-soli-non-possono-causare-il-disseccamento-rapido-dell-olivo-e-solo-xylella-fastidiosa.htm Tuttavia all'olivicoltore non interessa minimamente il contenimento del batterio xylella fastidiosa che non sappiamo se sia patogeno e che forse è addirittura endemico e asintomatico http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/18094-altro-che-xylella-fastidiosa-e-solo-un-mistificatorio-attacco-contro-gli-ulivi-salentini.htm, ma la cura dell'albero. Le assicuro che qui in Salento le autorità non hanno sprecato nemmeno un rigo per dirci come si curano questi funghi. MAGARI POTRESTE OFFRIRCI VOI UN ARTICOLO A RIGUARDO a prescindere dal batterio. In effetti gli alberi sembrano rispondere bene al trattamento contro i funghi (poltiglia bordolese, solfato di ferro, zolfo,disinfezione dei tagli delle potature ecc) Infine voglio ricordare come gli unici alberi completamente secchi,ma che pur rigettano,sono quelli che si offrono ai media situati nella zona di Gallipoli. Da indiscrezioni pare che il terreno sia desertico (sostanza organica < di 0,9) e che sia inzuppato di metalli pesanti e altro) Infine c'è il fenomeno dei contadini che utilizzano il diserbante round up sulle foglie di olivo per simulare i disseccamenti e sperare in un risarcimento. Insomma qui tutto sembra meno che un'epidemia insormontabile. (anche in Grecia e in puglia ci sono tali disseccamenti fra l'altro) Potreste aiutarci a uscire fuori da questa mistificazione mediatica agro-mafiosa e terroristica da cui siamo afflitti? Basterebbe anche non avvallare l'ideologia xylellista senza alcuna prova scientifica come fatto nel suo articolo in buona fede e dalle autorità italiane e pugliesi in primis. Un saluto, Remo.

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
14 settembre 2015 ore 21:47

Grazie per l'abbondante e interessante documentazione. Il messaggio che però volevo passasse, e che ha colto la dr.sa Clodoveo con una sintetica e pertinente risposta, riguardava soprattutto la necessità di un cambiamento di mentalità nel gestire emergenze e routine agricole e l'urgenza di approfondire gli studi di fisiologia vegetale per cercare di sfruttare le incredibili potenzialità di difesa offerte dalle sostanze prodotte dal metabolismo secondario dei vegetali (il titolo dell'articolo mi sembra chiaro) . Potenzialità utilizzabili anche per la lotta alla mosca. Lo ha colto anche il Sig. Greco che ha spiegato con estrema competenza l'importanza di utilizzare le cosiddette "buone pratiche agricole",irrinunciabili per un uliveto sano. Purtroppo però,come lei afferma, siamo ancora al punto di dovere attendere ancora i test di patogenicità e,mentre gli ulivi soffrono,l'unica cosa importante,lungo questo corteo di commenti, sembra essere quella di voler dimostrare a tutti i costi di essere i primi della classe.

remo bolognino
remo bolognino
14 settembre 2015 ore 12:18

Gentile dottor Remo, le sfugge che la sputacchina non infetta gli ulivi (http://www.researchgate.net/publication/264428948_Infectivity_and_Transmission_of_Xylella_fastidiosa_by_Philaenus_spumarius_%28Hemiptera_Aphrophoridae%29_in_Apulia_Italy) che si attendono ancora i test di patogenicità per xylella e che l'unica cosa provata è la patogenicità di alcuni funghi. (http://link.springer.com/article/10.1007%2Fs10658-014-0573-8#page-1)

qui bibliografia su xylella... giudichi lei anche l'attendibilità delle riviste (http://centrostudiagronomi.blogspot.it/2014/07/bibliografia-su-xylella-fastidiosa-e-dro.html)

Questo è una sintesi su ciò che sta realmente accadendo nell'affaire Xylella ed ulivi. È un manuale mediatico molto utile per dare risposte immediate nelle varie discussioni Facebook e blog vari, in cui vi troverete a discutere. Basta utilizzarlo come commento con un copia e incolla. Così non perderete ulteriore tempo nel rincorrere i vari provocatori. In questo manuale, che non vuole essere esaustivo, ci sono molte risposte.

*
Dossier del Popolo degli Ulivi. Scarica gratis il dossier con la cronistoria e analisi degli incredibili decreti legge e determine regionali sulla questione (http://ilpopolodegliulivi.altervista.org/d…/dossier-xylella/ )
*
Rapporto agromafie. Lo strano caso xylella. (https://www.google.it/url… )
*
Ulivi abbattuti non erano malati di xylella (https://www.google.it/url… )
*
La sputacchina non infetta gli ulivi (https://www.google.it/url… )
*
Inchiesta Xylella Report
http://xylellareport.it/
*
Dirigente Ufficio Fitosanitario Regionale registra il colloquio con la Procura ( http://www.tagpress.it/…/registra-laudizione-in-procura-ind… )
*
Le posizioni dell'Isde sull'uso di pesticidi ed insetticidi ( http://www.bioecogeo.com/…/xylella-ancora-una-volta-la-poli… )
*
Cronistoria fino agli inizi di giugno (http://ilpopolodegliulivi.altervista.org/cronistoria-xylel…/ )
*
Procura di Lecce non può indagare sullo IAM (https://www.google.it/url… )
*
Ombre sulla xylella : sequestrati computer professori ( https://www.google.it/url… )
*
La Forestale al Ministero per acquisire documenti (https://www.google.it/url… )
*
Tar blocca il piano ( https://www.google.it/url… )
*
Consiglio di Stato conferma stop , ma solo per i ricorrenti ( https://www.google.it/url… )
*
Rimedi naturali e tradizionali efficaci nella cura dell'ulivo.
Spazi Popolari.

( https://www.google.it/url… )
*
Le reticenze delle autorità nel sciogliere i dubbi sollevati non fanno altro che alimentare altri sospetti, basati anche su valutazioni tecniche. Ipotesi biotech

( http://lastella.altervista.org/la-tesi-choc-ce-il-biotech-…/)
*
L'allarme degli esperti : è l'uso dei diserbanti chimici a provocare l'essiccamento
1) ( http://www.salviamoilpaesaggio.it/…/lallarme-degli-esperti…/ )

2) ( http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/…/l-esperto-ecco-le…/ )
*
Emergenza Xylella 1 : malato soltanto l'1,8% degli Ulivi.
( http://mobile.avvenire.it/…/P…/xylella-malato-1-8-ulivi.aspx)

Relazione del Ministero (leggi i dati di pag.33 - https://www.google.it/url…)
*
Emergenza Xylella 2 : numeri misteriosi (http://mobile.avvenire.it/…/Emergenza-xylella-numeri-mister…)

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
11 settembre 2015 ore 17:31

completamente d'accordo Sig. Greco!

Giorgio Greco
Giorgio Greco
11 settembre 2015 ore 15:46

“Fu il colera comunque a far aprire gli occhi su una serie problemi che preesistevano all'epidemia ma che fino ad allora erano come rimossi dalla coscienza collettiva: quartieri degradati, in città come in provincia, condizioni igieniche da terzo mondo, un mare inquinatissimo e un sistema fognario vecchio di secoli inadeguato alle esigenze imposte da una crescita urbanistica spaventosa e incontrollata.”

FONTE:

Enzo La Penna
ANSA.IT Campania


Allo stesso modo la malattia degli ulivi dovrà aprire gli occhi sull’abbandono ed uso di mezzi chimici di anni e anni, affinchè la terra venga riportata al proprio equilibrio naturale.

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
11 settembre 2015 ore 09:34

Se si prendesse la briga di leggere con più attenzione scoprirebbe che non c'è nessuna confusione ma solo un parellelismo tra il vettore della Flavescenza dorata e quello della Xylella . Ma forse dall'alto della sua esperienza il ricercare qualcosa di diverso da quello che i soliti "geni" propongono per tentare di risolver un problema, risulta difficile da capire e l'unica arma a disposizione rimane una sterile ed inutile contestazione che non trova ,ad una attenta lettura ,nessun riscontro in ciò che ho esposto. Visto che Lei con enfasi dichiara che il Philaenus non è una cicalina,mi permetto di "rinfrescare" le sue nozioni di base: Il termine “cicaline” si riferisce a minuti Rhynchota appartenenti al sottordine Homoptera,sezione Auchenorrhyncha. Quest’ultimo raggruppamento, a sua volta suddiviso nei due infraordini dei Fulgoromorpha e dei Cicadomorpha, è costituito in totale da 17 famiglie (Mazzoni et al.2005)
Delle famiglie riportate soltanto una, non raccoglie nei propri
membri la denominazione di cicaline, quella dei Cicadidi alla quale appartengono le comuni “cicale”, solitamente di dimensioni maggiori rispetto alle cicaline. Tra queste la famiglia dei Cicadellidi risulta essere di gran lunga la famiglia più vasta. Si tratta di specie
fitomize, vale a dire dotate di un caratteristico apparato boccale di tipo pungentesucchiante costituito dal labbro inferiore o rostro, che contiene, a riposo, 4 stiletti boccali,due mandibolari e due mascellari. L’unione degli stiletti mascellari dà luogo alla formazione di due canali, di cui uno dorsale per l’ingestione alimentare e l’altro ventrale
per l’iniezione della saliva. L’attività delle cicaline può procurare danni di varia natura e gravità a piante d’interesse agrario; in alcune circostanze, può abilitare alcune specie a
veicolare pericolosi agenti fitopatogeni quali virus, batteri, spiroplasmi e fitoplasmi.
Quest’ultima categoria, quella cioé dei vettori, nel caso della vite, è rappresentato dal cicadellide deltocefalino Scaphoideus titanus Ball, vettore del fitoplasma agente causale della Flavescenza dorata della vite (Alma & Conti, 2002), e il cixiide Hyalesthes obsoletus
Signoret, vettore dell’agente causale di un’altra importante malattia fitoplasmatica, il legno nero della vite (Alma et al., 2002).
La specializzazione trofica delle cicaline è varia e può interessare il floema, lo xilema o il mesofillo fogliare. Le specie che si nutrono pungendo tra singole cellule del tessuto fogliare si dicono mesofillomize e tra queste un esempio è la Z. rhamni.
Le alterazioni indotte da tali specie sono puntiformi e circoscritte a piccoli settori della foglia nei quali le cellule vengono svuotate dei loro contenuti. In questo caso occorrono popolazioni consistenti per determinare un apprezzabile danno e, comunque, cosa ancora
più importante, non è a oggi dimostrata alcuna possibilità di trasmissione dei fitoplasmi. La stessa cosa non avviene per le specie xilemomize e floemomize, che con le punture sulle nervature determinano disseccamento e accartocciamento delle foglie, e conseguenti danni rilevanti.
Inoltre, questa tipologia di nutrizione rende possibile l’acquisizione e/o l’introduzione d’agenti fitopatogeni dal/nel sistema vascolare delle piante. Gli xilemomizi sono meno diffusi dei floemizi, così come minori sono le entità patogene per questa via trasmissibili e riconducibili essenzialmente ai batteri xilematici. Un esempio è dato dal Philaenus
spumarius L., vettore di Xylella fastidiosa, agente causale di una temibile malattia della vite nota come ” malattia di Pierce” in America.
Esistono altre cause di danno alle piante da parte delle cicaline. Esse riguardano le ferite di ovideposizione ad opera di specie dotate di armature genitali particolarmente robuste come nel caso della Cicadella viridis (Linneaus) e la produzione abbondante di cera e di
melata che imbrattano i frutti determinando problemi principalmente di natura estetica,come nel caso della Metcalfa pruinosa (Say) (Flatidae). Sperando di aver dato un contributo concreto al suo aggiornamento e nel ringraziarla comunque per l'inaspettata attenzione che mi ha voluto riservare Le auguro una buona giornata

Francesco Porcelli
Francesco Porcelli
11 settembre 2015 ore 06:48

Caro Remo, grazie per la risposta con la quale mi hai onorato, dato che non è tua abitudine darne. In quanto a chi “crede di avere in tasca la soluzione dei problemi” comprendo che la tua unica scelta sia il ricorso a tecniche di comunicazione che ti consentano di evitare di discutere i punti deboli già indicati nella tua proposizione. L’agricoltura “libera da facili scorciatoie e da inutili "esperti"” è proprio quello di cui non abbiamo bisogno ed è quella che ha causato i danni che vediamo. Infatti, i suggerimenti razionali delle persone con una provata esperienza sugli argomento NON sono stati seguiti proprio perché tanti con tanto cuore ma poca testa si sono messi a scrivere quel (poco) tanto che passava loro per la testa. La passione non controlla i vettori e non conferisce le conoscenze di base e di dettaglio necessarie a dare quelle indicazioni utili ed efficaci al controllo delle patologie o dei vettori, la curiosità e l’umiltà non servono a nulla contro un infezione. Immagina la risposta del pubblico se qualcuno avesse proposto di curare il colera italiano del 1973 con “la curiosità e l’umilta…” In quanto alla foto del vettore, noto che il pezzo è a tua firma e non c’è altra indicazione di autore. Se poi “altri” aggiungono loro “inserti” nei tuoi pezzi… confondono il Philaenus spumarius con lo Scafoideo e il batterio Xylella con il Fitoplasma della Flavescenza… descrivono una biologia del Fileno (che NON è una cicalina!) di assoluta fantasia e la incollano nei tuoi pezzi… mi spiace!

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
10 settembre 2015 ore 19:40

Non è mia abitudine rispondere a repliche di chi crede di avere in tasca la soluzione dei problemi. Faccio una eccezione per precisare che non ho mai progettato "piani di controllo" ma ho espresso ipotesi di lavoro per una agricoltura finalmente libera da facili scorciatoie e da inutili "esperti". Se i risultati, di chi pensa di avere approfondite conoscenze sul tema, sono quelli che vediamo, preferisco essere un osservatore confuso e con conoscenze ancora da ampliare . I miei interlocutori resteranno comunque gli agricoltori dotati di passione, dai quali sarà possibile imparare molto, e gli esperti con due doti fondamentali:curiosità e umiltà. ( La foto dell'insetto vettore non l'ho inserita io)

Francesco Porcelli
Francesco Porcelli
09 settembre 2015 ore 12:38

Naturalmente, resto adisposizione per condividere le mie esperienze e conoscenze.
Ciao.

Francesco Porcelli
Francesco Porcelli
09 settembre 2015 ore 12:37

Caro Remo, leggo con interesse il tuo contributo all'importante argomento. Purtroppo, trovo molti passaggi dello scritto confusi e molte informazioni non coerenti con i fenomeni e le conoscenze sperimentalmente provate. Ti suggerisco, almeno, di inserire foto del Philaenus, di descriverne correttamente la biologia e di astenerti dal progettare piani di controllo che, date le relative conoscenze che esprimi, possono solo creare grave confuzione deviando l'opinione di chi ci legge dalla realtà dei fatti.

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
03 settembre 2015 ore 22:05

Ringrazio Maria Lisa Clodoveo per l'apprezzamento. La tecnica push-pull è molto interessante e andrebbe studiata anche per le patologie indotte e gli attacchi dei fitofagi degli oliveti.

Giorgio Greco
Giorgio Greco
27 agosto 2015 ore 14:53

“ Una pianta trascurata,senza buone pratiche agricole,indebolita da trattamenti chimici, sarà facile preda di infezioni che potrebbero portare anche alla morte della pianta stessa. Solo recuperando la salubrità dei terreni e l’indispensabile biodiversità, le nostre piante potranno avere la forza di reagire alle avversità e limitare gli eventuali danni a perdite accettabili di produttività. “

E’ ciò che effettivamente sto facendo nel mio oliveto con le più semplici tra le Buone Pratiche Agricole. Purtroppo, per svariati motivi, tra abbandono ed uso di mezzi chimici da anni ed anni, la maggioranza dei proprietari di alberi di ulivo nel Salento, oggi, non fa altrettanto e quindi capisce, Dott. Remo Carlo Egardi, in quale realtà mi trovo ad operare.
Questo batterio si è rivelato essere micidiale, ma l’ignorante e spesso cronica indifferenza di molti, risulta più allarmante della stessa Xylella; i nostri padri si stanno rivoltando nella tomba a vedere cosa sta accadendo nei campi che in quei tempi coltivavano con tanta cura.
http://www.teatronaturale.it/pensieri-e-parole/la-voce-dei-lettori/20906-gli-olivi-nella-zona-rossa-aggiornamenti-su-xylella-fastidiosa.htm

Giorgio Greco

maria lisa clodoveo
maria lisa clodoveo
27 agosto 2015 ore 11:40

Interessantissimo articolo. Mi ha fatto pensare ad un documentario sul l'agricoltura sostenibile in Kenya. Un esempio di lotta alla piralide del mais.
Mbita, Lago Victoria: qui Zeyaur Khan ha messo a punto una tecnologia chiamata push-pull (respingi e attira). Questa tecnologia abbina il potere repellente del desmodio (una pianta medicinale che aiuta anche a eliminare l'erba striga, che infesta i raccolti) alla capacità dell'erba elefante di eliminare la piralide, un insetto che si nutre di sorgo e mais. Il desmodio viene piantato tra i filari di mais ed esercita un effetto repellente verso l'insetto adulto che viene attirato dal l'erba elefante. L'erba elefante, che uccide le larve, è piantata invece attorno al perimetro del campo. Questa doppia azione dà il nome alla tecnologia.