L'arca olearia 29/01/2014

Il “capolavoro” dell'extra vergine d'oliva

Alla presentazione del libro di Tom Mueller alla Camera dei Deputati c'era tutto il mondo olivicolo-oleario che conta per discutere delle vignette del New York Times ma anche delle sorti del comparto e di come proteggerlo dalla contraffazione. “La lobby industriale mi vuole fermare” ha dichiarato Colomba Mongiello


L'uscita del New York Times e le vignette di Nicholas Blechman sono state giudicate nell'ordine “inopportune”, “ingenerose” e “troppo semplicistiche”. Traspariva obiettivamente molta preoccupazione, nelle parole di tutti i relatori, ma anche tra il numerosissimo pubblico intervenuto (raro vedere la sala stampa della Camera dei Deputati così affollata), durante la presentazione del libro di Tom Mueller “Extraverginità”.
La preoccupazione è che le vignette del New York Times, pur essendo dirette e rivolte ai producers (industriali e imbottigliatori) finiscano per danneggiare l'immagine anche del vero Made in Italy, fatto dai growers (frantoiani e olivicoltori).

“Ieri sera sono stato chiamato dal New York Times che mi ha chiesto se era necessaria una rettifica. Hanno sbagliato, lo hanno ammesso, ma se ci fosse stata la legge Mongiello negli Usa questo non sarebbe successo – ha affermato Tom Mueller - ma è indubitabile che vi sia un mondo parallelo del falso che danneggia il lavoro di chi opera nella qualità.”

La presentazione del libro “Extraverginità”, a più riprese definito un “capolavoro”, si è così rapidamente trasformata in una conferenza stampa sullo stato di salute del settore olivicolo-oleario.

La più combattiva, come sua abitudine, è stata l'on. Colomba Mongiello, promotrice della legge Salva Olio Italiano che ha denunciato che la “lobby degli industriali mi vuole fermare, fermando la mia legge.” “Nel settore dell'olio d'oliva – ha aggiunto - siamo riusciti a costruire un sistema di regole sull'etichettatura e ad introdurre sanzioni penali e finanziarie più severe decidendo di essere più rigorosi dell'Europa, più disciplinati dell'Europa, più accorti dell'Europa. Ecco perché in Europa non ci capiscono, non ci vogliono capire. Per una volta siamo noi, l'Italia, il modello da copiare per rendere più equo, trasparente, legale un mercato in cui hanno avuto troppo peso i Paesi che il cibo non lo producono e le aziende che hanno speculato sulla debolezza degli agricoltori, l'inefficacia delle norme, l'opacità delle filiere produttive.” Un tono di rammarico solo quando si affaccia il tema della commissione parlamentare anticontraffazione, istituita ma non ancora operativa. Un'occasione che la politica, nel suo complesso, non ha saputo ancora cogliere.

Ma la legge Mongiello, al di là delle diatribe, funziona? A rispondere a una domanda che scorreva di labbra in labbra nella sala ha pensato il colonnello Amedeo De Franceschi del Corpo Forestale dello Stato: “sono state di importanza straordinaria per le attività di contrasto alla contraffazione nel settore oleario le previsioni contenute nel capo IV della legge 9 del 14 gennaio 2013. In particolare per quanto attiene al rafforzamento degli istituti processuali e investigativi con l'estensione ai reati connessi agli artt 515, 516 e 517 quater dell'ausilio di intercettazioni o comunicazioni telefoniche, in quanto come è noto agli addetti ai lavori non esiste al momento nessuna analisi forense che sappia discriminare tra miscele legali e miscele illegali ovvero realizzate con olio lampante o deodorato. È stato inoltre il primo provvedimento che ha recepito sul territorio nazionale alcuni divieti previsti dalla normativa comunitaria  dal 2009  ad oggi ovvero da quando è stato introdotto l'obbligo dell'origine in etichetta, come ad esempio quelli contenuti nel capo II della legge relativi alle caratteristiche organolettiche degli oli in etichetta non previsti dalle norme comunitarie.”

A difendere a spada tratta la legge Mongiello anche Pietro Sandali direttore generale di Unaprol e Capo Area economica di Coldiretti che denuncia: “una legge approvata all’unanimità dal Parlamento che una minoranza di interessi sostenuti dalla cattiva rappresentanza del settore ha tentato di mettere in discussione dal primo giorno della sua approvazione.” Che le vignette del New York Times contengano un fondo di verità però traspare: “Unaprol ha svolto un'indagine, campionando extra vergine da scaffale in cinque grandi città. Il 50% degli oli era difettato e non poteva essere definito extra vergine d'oliva”. La presenza all’interno della stessa categoria dell’olio di tante tipologie di prodotti genera nel consumatore una confusione in cui, spesso, vince solo la logica del prezzo. Nelle fasce medio - basse la competizione si gioca fra aziende di grandi dimensioni, in alcuni casi di multinazionali che hanno acquistato marchi italiani. Nella stessa fascia di prezzo agiscono anche aziende di medie dimensioni che, a volte, detengono marchi storici e molto noti. Nello stesso contesto si inseriscono le private label che hanno una presenza significativa a scaffale e rappresentano per il consumatore una gamma garantita dal marchio dell’insegna.

di C. S.

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

Commenti 0